Sono stato a cena da Iyo Omakase (praticamente un 10 in pagella)

Sono stato a cena da Iyo Omakase (praticamente un 10 in pagella)

di Denis Mazzucato

Sono stato da Iyo Omakase a Milano.

Iyo Omakase non è un ristorante, è un viaggio in Giappone che si svolge in una stanza di meno di trenta metri quadri all’interno del ristorante (stellato) Aalto, a due passi dal bosco verticale.
Non ci sono tavoli da Iyo Omakase, solo un bancone. Da una parte i viaggiatori (6 in tutto) e dall’altra il sushi master con il suo aiutante. Alle spalle dei commensali, due invisibili cameriere in kimono e una sommelier che compaiono dal nulla sempre al momento giusto per riempire un bicchiere, raccogliere un tovagliolo o sistemare il bancone per il piatto successivo. Poi spariscono in una nuvola di fumo.

Iyo Omakase è un banco sushi in stile Edomae, dall’antico nome della baia di Tokyo, che si fonda su due princìpi: piatti preparati al momento e ingredienti freschissimi.
La formula è il classico “menù fisso”, ma i giapponesi hanno un nome bellissimo e romantico per dirlo: omakase, letteralmente “mi fido di te”.

Masashi Suzuki

Masashi Suzuki e il suo aiutante dietro al bancone danzano in sincronia perfetta. Non hanno quasi mai bisogno di parole tra loro. Basta uno sguardo o un cenno con un dito. Tutto è fluido, organizzato e pulitissimo. Non esiste goccia o briciola che resti sul banco o su un vassoio per più di tre secondi senza che qualcuno la faccia sparire.

Sentiamo la voce di Masashi solo quando ci presenta la serata e poi le portate.
Un sorriso, le mani giunte, dice “Siori!”, ci spiega cosa stiamo per gustare, e poi si reimmerge nel suo mondo.

La sua bacchetta magica è un coltello (ne ha uno solo), lungo trenta centimetri, con cui sfiletta, taglia e incide. Probabilmente ci ucciderebbe anche Godzilla.

Iniziamo con il sakizuke (amuse bouche): una zuppa di miso con gamberi “per scaldare lo stomaco”. Un ottimo inizio, la definizione di umami.

Lo zensai (antipasto) è abalone, daikon, spinaci e zucchine. Sarebbe buonissimo già così, ma a fianco, in una conchiglia, c’è una cremina di fegato di abalone incredibile. È stato l’unico momento della serata nel quale avrei voluto un pezzo di pane per far scarpetta.

sashimi

Con il sashimi il primo grande “wow!”.

Pagro adagiato su un brodo concentrato e leggermente gelatinoso (freddo), con fogliolina di lime e una scaglia di umeboshi. In bocca esplode. Consistenza scioglievole dell’abalone, punta acida quasi frizzante della prugna, sapori precisi, si sente tutto e tutto è al posto giusto.

Ci guardiamo come avessimo visto la luna per la prima volta.

Ho imparato una cosa che non sapevo del sashimi: non sta scritto da nessuna parte che debba essere completamente crudo.

Il pagro è leggermente scottato sulla brace mentre la cernia (il secondo sashimi) è passata qualche attimo in brodo caldo di miso.
10

Dopo l’owan (ciotola giapponese) ossia brodo di grongo e gnocco di radice di loto, di cui ricordo soprattutto lo gnocco, arriva un’altra bomba: carbonaro nero d’Alaska con edamame.

Il carbonaro (è un merluzzo) è scottato sulla brace con solo qualche scaglia di sale maldon. La pelle, grassa e tostata, è la chiave del piatto. Consistenza di nuovo incredibile.

Il piatto è servito in abbinamento ad un sake Tengumai Yamahai che come da tradizione va bevuto durante la masticazione.

Inutile, non riesco a innamorarmi del sake, per quanto ci provi. Bevuto da solo, ammetto che ha una finezza e una struttura che avevo trovato raramente in passato, ma il confronto con lo Chablis del bicchiere a fianco per quanto mi riguarda era e resterà sempre impari.

La prima parte della cena è finita e dopo una pulizia veloce del bancone arriva la selezione di nigiri. È la parte che mi incuriosisce di più perché l’unica dalla quale so all’incirca cosa aspettarmi.

2

I nigiri (da mangiare con le mani e possibilmente tutti in un boccone) vengono preparati uno per uno sotto i nostri occhi con una sicurezza e una precisione di movimenti pazzesca. Il rapporto pesce/riso è largamente a favore del primo, con il risultato che ne mangiamo 9 ma ne avremmo potuti mangiare almeno altrettanti, non per fame ma per gola.
Il primo nigiri è sorprendente: adagiata sulla pallina di riso una spessa fetta di melanzana grigliata, e sopra, vongole. Ho fatto ridere Masashi, che era proprio di fronte a me, quando ho chiesto se potessi averne altri 12 uguali.
Poi seppia e caviale (la consistenza!) e mazzancolla prima di quello che forse è stato il boccone più incredibile della cena: temaki di ventresca e tonno rosso. Il tonno è il più rosso che abbia mai visto, l’alga non è quella cosa vagamente gommosa a cui sono abituato ma una cialda croccante e gustosa. L’insieme me lo ricorderò a lungo. Silenzio in sala.

I nigiri successivi (tutti di livello altissimo) sono stati triglia, scampo e gambero rosso di Mazara del Vallo, capasanta toro (applausi anche qui) e anguilla grigliata.

Avrei preferito che la cena terminasse con il buon tè matcha arrivato dopo i nigiri ma è arrivato il dolce, e con esso una conferma, questa volta un po’ triste: non so se ai giapponesi dei dolci interessi poco, o se i miei gusti siano troppo distanti dai loro per quanto riguarda i dessert, ma il gelato di riso con marmellata di fagioli rossi (sigh!) e cacomela è stato un po’ come prendere un gol al novantesimo.
Fortunatamente stavamo vincendo 14 a 0, quindi bene così, ma dipendesse da me il dolce lo toglierei dal menù.

Finita la cena compaiono sul bancone una decina di bottiglie (molte magnum) con etichette tutte rigorosamente in giapponese e di cui quindi non si capiva assolutamente nulla.
Masashi ce le descrive una per una chiedendo quale preferiamo.
Diventiamo amici e assaggio quasi tutto.
Interessanti due distillati di orzo (uno di orzo nero) vagamente simili al whisky ma di struttura e bevibilità più immediate (solo 25% abv) e quello che Masashi stesso definisce “un po’ il nostro limoncello”: un liquore anch’esso poco alcolico, a base di succo di yuzu (la scorza non viene utilizzata). Piacevole.

Una piccola parentesi sul vino. La carta non è ampissima ma è ben strutturata. Un po’ più di Francia rispetto all’Italia e ricarichi che mi sono sembrati a occhio un po’ sopra la media. Esiste anche un percorso di sake in abbinamento alla cena che probabilmente sarebbe interessante, almeno a livello didattico. Noi abbiamo bevuto un semplice Chablis di Albert Pic (denominazione con la quale cascare sempre in piedi) ma se devo essere sincero il vino era l’ultimo dei miei pensieri. Avrei potuto tranquillamente bere acqua. A volte il vino serve a pulire la bocca e poco più, ché l’attenzione è tutta altrove. E va bene così.

Qualche info “logistica”.
Se volete festeggiare il vostro compleanno da Iyo Omakase come me, partite per tempo. Abbiamo prenotato a novembre e il primo posto libero di sabato sera era il 4 febbraio.
Qui trovate il calendario e le istruzioni.
Arrivarci è semplicissimo, è a pochi passi da Gioia quindi ci si arriva comodamente sia in metropolitana che in treno.
I prezzi, per nulla popolari, sono di 185 euro a persona, più altri 85 per il percorso vini o sake in abbinamento (che noi non abbiamo fatto), ma va considerato che eravamo 6 commensali e avevamo dedicate a noi 5 persone in tutto.

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Denis Mazzucato

Monferrino DOC, informatico da troppo tempo, sommelier da troppo poco, musicista per sempre. Passato da Mina, Battisti e Pink Floyd a Fiano, Grignolino e Chablis, cerco un modo per far convivere le due cose. Mi piacciono le canzoni che mi fanno piangere e i vini che mi fanno ridere.

14 Commenti

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JP voile

circa 1 anno fa - Link

Curiosità ...., carta dei vini tutta sui bianchi?

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Denis Mazzucato

circa 1 anno fa - Link

No, c'è tutto, sebbene con nessun piatto avrei abbinato un rosso.

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Johnny

circa 1 anno fa - Link

Dove andremo a finire. Prezzi folli, carta oscena. Spero sia un post sponsorizzato (ma non lo è, ci sarebbe scritto).

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Alessandro Morichetti

circa 1 anno fa - Link

Posto fighissimo che mi attizza da morire e la carta non l'ho manco aperta perché in quel posto farei il pairing suggerito. Comunque grazie del commento, un'altra allusione così e vai in moderazione eterna ;-)

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Johnny

circa 1 anno fa - Link

Me ne farei una ragione, d'altra parte i commenti poco entusiastici sono spesso altrettanto poco graditi. L'allusione sarebbe tale se non ci fosse la mia chiara, evidente, cristallina precisazione tra parentesi, senza alcun risolino o puntini di sospensione. I dettagli logistici ed il link in descrizione, uniti ai toni entusiastici, sono più affini al marketing che alla critica enogastronomica. Così ti aggrada o trovi che un appunto stilistico sia altrettanto allusivo? Ho avuto il grandissimo piacere di gustare la cucina di Masashi Sukuzi in una facciamo trentina di occasioni. Mano superba e suprema, che mal si concilia a mio gusto e parere con una proposta così confezionata , contesto nel quale tra l'altro le mancanze della carta non risultano più da buffetto sulla guancia ma sono poco perdonabili.

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Alessandro Morichetti

circa 1 anno fa - Link

I toni entusiastici sono quelli scelti dall'autore dopo l'esperienza, che si è pagato e che ha raccontato fornendo dettagli utili a chi volesse fruire dell'esperienza. Ed essendo proprio in prima persona interessato li ho trovati decisamente utili. Saluti.

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Esseri.umami

circa 1 anno fa - Link

Merita moltissimo anche IYO Experience in via Piero della Francesca. Capitato li per festeggiare un compleanno ho deciso di ritornare perchè il percorso degustazione era stato estasiante. Umami a palate, piatti curati, elegante ma non eccessivamente formale. Carta vini in alcuni casi con ricarichi eccessivi ma qualche chicca si trova. Consigliato comunque piú per il cibo che per il vino. Proverò anche Omakase

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Nelle Nuvole

circa 1 anno fa - Link

A casa loro è spesso così: un bancone con qualche sgabello. A scialare un paio di striminziti tavoli. One man show che prepara e serve in 30 mq. Il conto è inversamente proporzionale allo spazio. Ma ne vale la pena, la penissima.

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Vorrei sapere da Johnny quali sono i critici eno-gastronomici italiani che non usano toni entusiastici e glorificanti. Lui dice di conoscere e apprezzare il cuoco giapponese ma non gli piace la modalità in cui svolge le sue abilità in questa nuova dimensione(anche spaziale di 30 M² :-) Ho apprezzato, invece, lo stile di questo cuoco giapponese ben descritto nell'articolo. Poche parole. E lascia parlare il gesto. Al servizio dei clienti che assistono a una specie di rito, essenziale, asciutto ma suggestivo. Ci andrei prima di tutto per questo motivo, per l'atmosfera che Denis Mazzucato ha saputo descrivere. __ Concordo con Johnny sul prezzo. Ma, attenzione, i prezzi folli ormai sono anche nel supermercato di quartiere. E vorrei che indicasse un ristorante di Milano su quel livello dove non si praticano prezzi folli. A tal proposito aggiungo. Il pagro lo si impara a conoscere quando in pescheria ti rifilano il pagro spacciandolo per dentice(il cui prezzo è molto più alto). Con questi prezzi sarebbe stato più coerente offrire ai clienti dentice. Questa cucina, infine, ti fa riscoprire i fondamentali della preparazione culinaria e della degustazione: la freschezza e la consistenza. E il rispetto per la materia prima, spesso stravolta nella cucina degli stellati che vogliono prima di tutto stupire.

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Alessandro Morichetti

circa 1 anno fa - Link

Poche cose sono fastidiose come chi disquisisce di "prezzi folli": avete in mano i conti di un ristorante? Siete commercialisti o esperti di marketing? Con 5 persone che girano intorno alle sei sedute il concetto di prezzo folle proprio non esiste.

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Mi spiego meglio. Prezzi folli lo aveva usato Johnny. Denis Mazzucato ha parlato di prezzi "per nulla popolari". Ho semplicemente detto che in generale a Milano nei ristoranti di una certa tipologia i prezzi sono "folli" nel senso metaforico di "alti". Per quanto riguarda specificamente il ristorante in discussione sinceramente avevo riflettuto sul fatto che ci sono soltanto 6 posti e del personale che si dedica esclusivamente per diverse ore a pochi clienti. In questo senso mentalmente avevo valutato in modo più equilibrato il prezzo "per nulla popolare" o alto. Nella replica a Johnny non l'ho detto esplicitamente ma ho anche detto che ci andrei volentieri. Sul fatto che bisogna essere degli ESPERTI (Commercialisti ecc...) per esprimere un'opinione sui PREZZI di cibo e bevande che si possono acquistare in un ristorante o in un negozio non condivido.

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Alessandro Morichetti

circa 1 anno fa - Link

Infatti era una boutade, non serve essere commercialisti o marketer ma avere un po' chiaro il quadro della situazione quello sì.
Personalmente il prezzo è persin basso visto il rapporto lavoratori/fruitori e anzi penso sia possibile solo perché l'Omakase è inserito all'interno di una struttura ristorativa più ampia. Detto questo, spero proprio di poterci andare presto.

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Andrea Celant

circa 1 anno fa - Link

I prezzi non sarebbero folli se le 5 persone che ti girano attorno fossero pagate il giusto, ma sarà così? In tanti stellati ci sono giovani che lavorano e con la scusa dello "stage" non vengono pagati: detto questo nessuno ti costringe a entrare e pagare quanto ti puoi permettere... però per la maggioranza di noi cittadini, bisogna accettarlo, quei prezzi sono folli

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laccendiamo?

circa 1 anno fa - Link

Con la cucina giapponese, il vino ci sta come il cavolo a merenda.

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