Scomode alternative al classico tappo di sughero (questo è un titolo fazioso)

di Antonio Tomacelli

Ricordo la mia prima volta come fosse oggi. Né le bestemmie peggiori né i più oscuri riti voodoo servirono per abbattere quel muro di silicone che mi separava da un Primitivo promettente. Motivo per cui, appena ho visto la pubblicità che in Francia benedice il  tappo di sughero come unica chiusura degna del vino, segretamente ho approvato. La campagna, promossa dai produttori di tappi in sughero, costerà in totale 20 milioni di euro e dovrebbe convincere un mercato che in realtà è già bello convinto di suo. L’ottanta per cento dei francesi, per dire, sviene alla sola visione di un tappo a vite e ha violente crisi esistenziali davanti a una chiusura in silicone.

Il claim dela campagna? “Sempre imitato, mai eguagliato” a corredo di strane paperelle e tappi che neanche il vinavil vorrebbe. A che serve una tale spesa se la maggioranza dei consumatori non sopporta imitazioni? I produttori di sughero e tappi si sentono vittime degli ecologisti, che li accusano di devastare foreste e sugheraie. Niente di più falso, rispondono loro, piantiamo ogni anno più alberi di quanti ne utilizziamo e poi per produrre il sughero non sempre bisogna tagliarli. Insomma, carbon footprint regolarissima e tanta voglia di recuperare quote di mercato, visto che nel nuovo mondo sono belli attivi, specie con i tappi a vite. Che, devo dire, neanche a me dispiace abbinato a certi bianchi beverini da cozza cruda.

Ma il silicone no, quello mi provoca frustrazioni peggiori del tappo di trucioli ricicciati che si sbriciola durante l’apertura. Ehi! Senza volerlo vi ho dato la mia personale classifica delle “peggiori chiusure per le bottiglie di vino di tutti i tempi”. Adesso tocca a voi: qual è il vostro incubo peggiore?