Sassicaia 2015 in cima alla Top 100 di Wine Spectator. Ecco i primi 10 vini spiegati bene

Sassicaia 2015 in cima alla Top 100 di Wine Spectator. Ecco i primi 10 vini spiegati bene

di Salvatore Agusta

Si è concluso da poco il countdown che ha svelato la top 10 dei vini migliori per il 2018, stilata dal popolare magazine Wine Spectator. Riepiloghiamo qui di seguito le 10 posizioni e vediamo quali sono i risultati che ci interessano più da vicino.

10. Bedrock
The Bedrock Heritage Sonoma Valley 2016 — 95 punti.
Lo definirei come un vero e proprio mega mix, che comprende ben 27 varietà, con almeno un 50% di zinfandel.
Il resto è un blend dove primeggiano carignan, mourvèdre, syrah e alicante bouschet. Lieviti autoctoni e macerazione prolungata per un vino che sinceramente percorre una linea tendenzialmente sottile (dipende dalle annate) tra robustezza e duttilità. Personalmente lo consiglierei, anche perché ha un costo tutto sommato moderato ($45). L’ho provato diverse volte e non mi ha mai deluso o stufato.

9. Tenuta delle Terre Nere
Etna, San Lorenzo 2016 — 95 punti.
Primo tra gli italiani, da una intuizione vincente di Marco de Grazia, che nel 2000 decise di investire e puntare sul territorio etneo, San Lorenzo è forse il più elegante tra i vari cru che la scuderia delle Terre Nere possa offrire. Il vino conquista i giudici per la sua iperbolica complessità. Elementi vulcanici, sentori di frutti di bosco scuri, mineralità di sottofondo. Si tratta di un vino molto elegante di medio corpo che rappresenta degnamente la Sicilia e tutto il Mediterraneo.

8. Le Vieux Donjon
Châteauneuf-du-Pape 2016 — 95 punti.
Originariamente si trattava di un progetto di Lucien Michel, oggi invece sono i suoi figli a portare avanti le operazioni. Le Vieux Donjon è una delle aree in assoluto più vocate per la produzione di questo storico blend. Le varietà coinvolte sono grenache al 70%, syrah al 10%, mourvèdre al 10% e, per finire, cinsault al 5%. Il vino, diversamente dalle versioni più comuni di questa appellation, mostra una certa nota botanica che coinvolge sia sentori di foglia di alloro essiccata sia note di ginepro.  Riscuote successo anche in virtù di una signorilità che lascia presagire un potenziale d’invecchiamento illimitato.

7. Colene Clemens
Pinot Noir Chehalem Mountains Dopp Creek 2015 — 95 punti.
Conosco abbastanza bene questo vino, è uno di quei pinot noir che di solito acquisto, sapete perché? Per via del suo prezzo contenuto, solo 26 dollari. Le vigne sono collocate in un altopiano estremamente ventilato e roccioso. L’annata in questione si è caratterizzata per un maggior tepore rispetto alle precedenti e il risultato ha portato ad un vino caldo ed avvolgente con liete note di vaniglia derivanti dal passaggio in botte di rovere d’Alliers di cui circa un terzo di primo passaggio. È possibile percepire sottili accenni di scorza d’arancia e il classico bouquet di frutti rossi maturi e succosi. Attenzione amanti del pinot noir, si tratta pur sempre di un vino proveniente dalla Willamette Valley; produce intensità e complessità a discapito dell’eleganza. Ma credetemi, vale la pena provarlo.

6. Aubert
Chardonnay Carneros Larry Hyde & Sons 2016 — 96 punti.
Altro vino che ho avuto la fortuna di provare non tanto tempo fa. Iniziamo col dire che si tratta del primo ed ultimo bianco della lista ed è uno chardonnay californiano. Magari alcuni di voi staranno pensando “si tratta del solito chardonnay super barricato proveniente da climi in cui si dovrebbe piantar fiori piuttosto che viti” e in tutta sincerità sì, è proprio pieno, ricco, intenso e complesso. Ma se facciamo un passo in avanti, tralasciando i pregiudizi che molti hanno verso i bianchi californiani, il vino è decisamente sublime nel suo genere. Combina sia le note tostate sia quelle fruttate, con leggeri sentori tropicali e lievi note di paglia e fieno. Non è per nulla pesante e regala un finale molto avvolgente. Per me è un gran vino.

5. Moët & Chandon
Brut Champagne Dom Pérignon Legacy Edition 2008 — 96 punti.
Prima ed unica bollicina presente nella top 10, non poteva che esser Dom Pérignon con la Legacy Edition del 2008. Su questa casa di Champagne sappiamo quasi tutto, ma se dovessi svelare una piccola curiosità direi che l’annata 2009 è stata messa in commercio prima di questa. La decisione risiede nei diversi punti di acidità tra le due annate, capaci di garantire diversi tenori di complessità e longevità. La versione 2008 non solo dimostra tanta eleganza ma una profonda complessità di note di brioche tostata e crema pasticcera. Ne abbiamo parlato con dovizia di particolari e video  qui su Intravino con il nostro Andrea Gori qualche settimana fa.

4. La Rioja Alta Rioja
Rioja 890 Gran Reserva Selección Especial 2005 — 95 punti.
La Spagna conquista la posizione numero 4 con uno dei suoi più solidi vini. 95% tempranillo e per il resto un uvaggio di mazuelo e graciano. Il vino invecchia per 5 anni in quercia americana. Corposo, con imponenti sentori terziari, tra cui cuoio e sottobosco.  Lo descrivono forte ma aggraziato.

A questo punto non ci resta che andare a sbirciare il podio.
Fin qui, tra i 7 vini analizzati, registriamo una predominanza territoriale americana con ben 3 piazzamenti.

3. Castello di Volpaia
Chianti Classico Riserva 2015 — 96 punti. La Toscana conquista il podio con una cantina che sinceramente in America è veramente molto conosciuta. Secondo Bruce Sanderson, questa versione (che ha un valore di circa 35 dollari sullo scaffale), possiede delle peculiarità che le hanno fatto ottenere il terzo posto. Ciò che a parere della critica ha colpito straordinariamente sono le note di frutti rossi maturi e i sentori di timo, ferro e cuoio che hanno arricchito il sorso di complessità. Mi pare strano che non venga fatto alcun cenno alle note leggermente tostate che è possibile percepire, giacché il vino viene invecchiato per parecchi mesi in botte, di cui il 20% barrique francese.

2. Château Canon-La Gaffelière
St.-Emilion 2015 — 96 punti.
Altro vino di cui ho sentito parlare da vicino, visto che viene importato e distribuito dall’azienda per cui lavoro. Si tratta di un progetto appartenente alla famiglia Von Neipperg, che si occupa di vini di qualità anche in altre zone del mondo, come ad esempio in Bulgaria con la cantina Bessa Valley, dove ha luogo un progetto chiamato Enira. Canon-La gaffelière si trova su dei terreni siti giusto sotto l’altopiano di St.-Emilion, composti principalmente da argilla e calcare. Il blend è costituito principalemente da merlot (55%), cabernet franc (38%) e cabernet sauvignon per la restante parte. Siamo in una zona dove è veramente difficile portare avanti le tecniche biologiche eppure il conte Stephan Von Neipperg è un fervido sostenitore di queste pratiche, che pian piano sta imponendo ovunque lui possegga dei vigneti. Più di due terzi del legno usato per l’invecchiamento è di secondo passaggio, proprio per garantire freschezza ed equilibrio. Si ritiene che questa annata abbia raggiunto i livelli del 2010 e abbia grandissimi margini per superarla in splendore e grandezza.

1. Tenuta San Guido
Bolgheri-Sassicaia Sassicaia 2015 — 97 punti. Top Score!
Credo che ogni commento sia superfluo. Sono molto contento che si tratti di un vino italiano. Personalmente, se dovessi sbilanciarmi sui migliori vini italiani, non sono sicuro di menzionare Sassicaia come il migliore in assoluto ma di certo lo terrei nella mia top 3 a pari punti con gli altri. In ogni caso, questo blend (85% cabernet sauvignon e 15% cabernet franc) ha sancito il successo planetario della famiglia Incisa della Rocchetta e del celebre e stimato enologo Giacomo Tachis. La loro passione, dedizione e, soprattutto, le loro capacità tecniche hanno ispirato tantissimi produttori in giro per il mondo. Se vi dovessi raccontare la ragione per cui gli americani vanno letteralmente pazzi per questo vino, direi semplicemente che si tratta di una concreta e vivida incarnazione del più eccelso, nobile ed elevato ideale di vino che costoro contemplano.

Per chi di voi fosse interessato a dare uno sguardo più da vicino alla classifica, ecco qui il link diretto.

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Salvatore Agusta

Giramondo, Francia, Lituania e poi Argentina per finire oggi a New York. Laureato in legge, sono una sorta di “avvocato per hobby”, rappresento uno studio di diritto internazionale negli Stati Uniti. Poi, quello che prima era il vero hobby, è diventato un lavoro. Inizio come export manager più di 7 anni fa a Palermo con un’azienda vitivinicola, Marchesi de Gregorio; frequento corsi ONAV, Accademia del Vino di Milano e l’International Wine Center di New York dove passo il terzo livello del WSET. Ho coperto per un po’ più di un anno la figura di Italian Wine Specialist presso Acker Merrall & Condit. Attualmente ricopro la posizione di Wine Consultant presso Metrowine, una azienda francese in quel di New York. Avevano bisogno di un italiano ed io passavo giusto di là. Comunque sono astemio.

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