Rewind | I dieci Top Trend enoici del decennio passato

di Antonio Tomacelli

Guardarsi alle spalle è certamente più comodo che consumarsi gli occhi sulla palla di cristallo, ma identificare i 10 Top Trend del decennio passato non è poi così facile. Qualcosa rischia sempre di rimanere fuori, ma direi che la rivista The drink business ci ha preso alla grande. Dal fenomeno Cina all’eterno dibattito sui tappi di sughero più o meno i grossi trend ci sono tutti. Ed è l’ultima volta che uso la parola “trend”. Poi vi autorizzo a spararmi.

10. Il pinot
Il vitigno francese conquista la decima piazza e i terroir di mezzo mondo. Dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti, passando per il pinot grigio italiano, non c’è azienda vinicola che non abbia almeno tentato la vinificazione del capriccioso pinot. Come mai tutta questa libidine? Semplice: avere il borgognone in catalogo fa un figo pazzesco, complice il film Sideways che nel 2004 ne decretò la definitiva superiorità sul cugino Merlot. Due parole sulla variante in grigio: dal Veneto partono per l’America decine di milioni di bottiglie ogni anno, non male per un vitigno alloctono.

9. La guerra all’alcol
Salgono i consumi di vino (e superalcolici) e scoppia la guerra contro l’alcol ma in questa lotta senza quartiere un solo dato è certo: né quelli a favore, né quelli contro — le associazioni o i politici che le sorreggono — dimostrano un minimo di lucidità e ad essere sconfitti sono per primi i produttori.

8. Sughero si, sughero no
La classica chiusura delle bottiglie sta diventando merce sempre più rara ma le alternative tardano ad affermarsi sui mercati mondiali. Il tappo in silicone non ha sfondato e quello a vite fa storcere il naso ai puristi. Nel mezzo c’è l’industria dei tappi in truciolato, birondellato o agglomerato che non sa più come sbattersi per offrire alternative valide al caro, vecchio monopezzo in sughero.

7. I vini “culto”
Lentamente ma inesorabilmente i grandi vini stanno sostituendo Beyoncè sulle riviste patinate. Ad ogni nuovo record stabilito nelle aste, partono gridolini di eccitato stupore tra chi certe cose non le berrà mai. La prima donna assoluta è Lafite, contesa sui mercati asiatici a suon di dollari ma non sfigurano i soliti Romanée Conti o Chateau Petrus.

6. L’ecologia
Proviamo a elencare tutti le opzioni verdi: c’è il vino biologico, quello ecosostenibile, il vino “naturale”, il biodinamico, quello che utilizza la lotta integrata e decine di altre declinazioni di una sola parola: buono, pulito e giusto. Mmhh, non si era detto “una parola”?

5. Più Premium per tutti
È un fenomeno che ha riguardato principalmente il mercato dei super-alcolici. Spiego in due righe: sono un produttore di vodka ma i miei clienti, dopo anni passati a chiedere “il solito”, non si accontentano più. Vogliono qualcosa di diverso e sono disponibili a pagarne la differenza. Via allora alle grappe “barricate”, alle selezioni di rum introvabili o alle tequile invecchiate cent’anni. Fenomeni da baraccone? Non sempre, qualcosa da salvare c’è.

4. Bollicine
Prosecco, what else? Nel 2010 ha superato lo Champagne in volume sui mercati Usa e Uk ma il fenomeno “sparkling” sta sbancando in tutto il mondo. Dal cotechino al salmone affumicato non c’è piatto che non si pieghi ai voleri di sua maestà Bollicina: conoscete una escort migliore?

3. La riscossa dei Rosè
In mezzo ai rosè ci sono nato e ancora ci vivo ma su The Drink Business neanche una parola per la regione che da 60 anni lo produce senza soste: la Puglia. Personalmente sono affezionato alla versione prodotta col nero di Troia ma avercene un paio di casse in negroamaro. Spendo due parole per l’unico grande Primitivo Rosè, quello di Filippo Cassano, alias Cantina Polvanera: godurioso.

2. La Cina
Non c’è partita: 300.000.000 di nuovi ricchi farebbero tremare i polsi a chiunque, figuriamoci al mondo del vino. C’è di più: mezzo secolo di comunismo ha cancellato dalla memoria dei cinesi l’idea stessa del lusso e, ora che ne hanno finalmente la possibilità, ci vedono come dei maestri nell’arte raffinata del savoir vivre. Cosa volete di più?

1. Internet
Chettelodicoaffà…

Cosa manca a questa classifica per essere davvero perfetta?

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

7 Commenti

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suslov

circa 12 anni fa - Link

direi che manca il pippone sulla contrapposizione global-terroir aka autoctono-internazionale anche nella sua variazione barricche-si-barricche-no uno strimpellamento di maroni ...

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Armando Castagno

circa 12 anni fa - Link

Ci sono forum qui in Italia che queste discussioni le hanno - come dire? - incubate. Cosa manca, infatti? Semplice: la contrapposizione tra SOGGETTIVITA' e OGGETTIVITA' del giudizio, nonché la diatriba VOTO NUMERICO SI' - VOTO NUMERICO NO.

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Pietro

circa 12 anni fa - Link

L'esasperazione dell'abbinamento cibo-vino, con tanto di foto di ogni piatto e calice, guai se sul bianco freddo manca la condensa visibile sul bicchiere o se il piatto artistico non è ritratto con una spesso forzata ridottissima profondità di campo.

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Nelle Nuvole

circa 12 anni fa - Link

L'articolo oggetto del post di Tomax è illuminante e andrebbe letto da chiunque voglia mettere il naso fuori casa Italia, nonostante abbia il grave difetto di non citare Rosè pugliesi. Quanto a casa nostra, per me due sono le tendenze (sono fautrice del No-Trend Use and Abuse) del passato prossimo e che si svilupperanno ancora nel futuro prossimo LA CADUTA DEGLI DEI combinata con il FAI DA TE (per coerenza sono anche fautrice del No-Do It By Yourself Use and Abuse): chi dettava legge su cosa bere, cosa comprare, cosa farsi piacere, è in caduta libera. Ora ognuno fa per sé, giudica sul suo blog, segue il blog che gli pare, compra a capocchia seguendo le dritte di quello che gli sta più simpatico o che scrive più figo. LA GENERAZIONE "V" , ovvero V come VENDETTA/VINO: quella fra "i nemmeno trentenni" e gli "appena quarantenni". Privi delle inclinazioni eno-tecnologiche dei loro genitori riguardo a rivoluzionari metodi di vinificazione-invecchiamento-promozione, forniti di energia e passione, si rivolgono ai nonni per riprendere in mano costumanze tradizionali adattandole ad oggi. Da tenere d'occhio.

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suslov

circa 12 anni fa - Link

giusto, giusto aka robert-parker-non-conta-piu'-come una volta o per una versione denoiartri sostituire con cernilli inizio 2000 (prima dello scoppio della bolla) - bevo solo vini sopra i 95 punti - bevo solo cabernet sauvignon - bevo solo se in barrique now (ben dopo lo scoppio non solo della bolla) - se piace a robert parker non lo guardo neanche - bevo solo vini di viticoltori della loira che piantano vigne che stanno per scomparire con le loro compagne che danzano alla luna piena vestite di fiori di campo - al suono della parola barrique emettono suoni gutturali e affilano la scimitarra

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Rossano Ferrazzano

circa 12 anni fa - Link

"Poi vi autorizzo a spararmi." Ti accontento subitissimo! 10. Il fenomeno commerciale e culturale del Pinot Grigio una variante di quello che tocca il Pinot Noir? Sono perplesso. 9. Salgono i consumi di vino? I dati di qualsiasi paese che non sia uno dei pochi in via di vertiginoso sviluppo (i soliti BRICS) dicono esattamente il contrario. Non parliamo dei dati pro-capite. 8. Il successo delle chiusure alternative è stato talmente grande che sono almeno quattro anni (conto dal 2008 quando mi capitò di fare un'intervista a Carlos Santos direttore di Amorim Italia) che le disponibilità di sughero sono ritornate ad eccedere la domanda. L'industria "nel mezzo" dei tappi in "truciolato, birondellato o agglomerato è esattamente la stessa del monopezzo, che si è inventato queste soluzioni proprio per trovare collocazione alla materia prima in esubero. 7. Lafite è già in pieno "sboom" persino ad Hong Kong, sono almeno sei mesi. Un po' perché una parte era bolla speculativa e le bolle scoppiano per definizione, un po' per l'invasione dei falsi, un po' perché nemmeno i ricchi cinesi sono così indenni dalla crisi e così scemi come ce li immaginiamo. 6. "buono pulito giusto" è solo la terna coniata da Slow Food per indicare i propri orientamenti critici all'atto di valutare e raccontare il vino. Non rappresenta direttamente i vini "bio-qualcosa", comprendendo anche molta produzione convenzionale ben condotta, e una parte non insignificante del variegato movimento bio-qualcosista non vi si riconosce affatto. 5. A me risulta che sia in piena fase "no-logo" piuttosto, che nel vino in particolare significa "piccolo logo è bello". Il boom dei prodotti "premium" fu inequivocabilmente figlio del decennio precedente, gli anni '90. 4. Non ho niente da obiettare, se non rifugiandomi in calcio d'angolo per osservare che se su Intravino manca un riferimento grossolanamente erotico il server rischia di venire risucchiato a velocità warp in un altroquando editoriale - sia mai, ed è subito escort... :-D 3. "Aspettando la grande esplosione dei rosati". Se Beckett si fosse mai deciso a scrivere qualcosa sul mondo del vino, avrebbe potuto certamente scrivere una cosa tipo questa, risparmiandosi la fatica e riciclando il suo titolo più famoso. Se ne dovesse fare un format televisivo, si dovrebbe chiamare subito la Sciarelli. Insomma, il boom del rosato è un tormentone del mondo del vino parlato, uno di quelli di cui si parla perché suona bene, ma di fatto... quanti rosati si sono bevuti nelle tantissime degustazioni imbastite in ogni dove negli ultimi dieci anni in Italia? Insomma, probabilmente si vende molto rosato nella fascia fra i 2 e i 4 euro a bottiglia al consumatore. Se vogliamo chiamarlo vino... 2. Troppo spesso ci si dimentica del fatto che oggi la Cina vale il mercato di un medio stato europeo. I numeri dei famosi trecento milioni di nuovi ricchi che fanno fare sogni bagnati a chiunque non sappia bene dove vendere il proprio vino in Europa andrebbero riportati alla concretezza e alla realtà dei diversi mercati. Certo, se ti chiami de Rothschild e dintorni la Cina ti ha già risolto i problemi dei prossimi venti o trenta anni. Ma il mondo del vino nel suo insieme fra poco si accorgerà che fuori dal mondo dei vini da migliaia di euro, la Cina che sognano sta in realtà cominciando a produrlo, il vino. La Cina sarà davvero il bengodi omnibus che sembra da lontano, superficialmente? 1. Internet, appunto. The drinks business dice qualcosa. Poi Intravino rilancia ma a conti fatti sembra più il gioco del telefono senza fili che un virtuoso intrecciarsi di diverse intelligenze libere di contaminazione reciproca in tempo reale. O no?

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