Quanto è bono il Gamay buono

Quanto è bono il Gamay buono

di Antonello Buttara

Niente ci sono cascato di nuovo. Vi ricordate l’articolo sulle degustazioni alla cieca quelle belle. Ebbene, il sommelier, il tatuatore l’oncologo, il ristoratore e il ministeriale si sono incontrati nuovamente per un confronto istruttivo dai toni pacati.  Il campo di battaglia è la pizzeria Farinè nel quartiere San Lorenzo di Roma. Questa volta abbiamo apportato una piccola modifica al copione e si è deciso di puntare i riflettori su un unico attore protagonista, Il Gamay.

Lo so non ha senso organizzare una degustazione alla cieca in questo modo, ma nonostante tutto le bottiglie sono state portate coperte, le capsule rimosse in anticipo e nella chat segreta è stato messo il veto di portare Gamay del Trasimeno perché in realtà parliamo di Grenache giusto per sfatare qualsiasi dubbio. Nessuno dei partecipanti è voluto uscire dalla propria “Comfort zone”, tutti i vini bevuti scavalcavano i confini nazionali e per fortuna fidandoci delle nostre sensazione anche la sequenza degli assaggi è stata azzeccata.

Hey Gamin !! 2018 Francois Saint- Lo – il vino del sommelier
Versato nel calice si presenta con un colore rosso scarico quasi trasparente. Al naso si percepisco subito dei sentori stallatici e in bocca un leggerissima effervescenza. Bisogna incrociare le dita e aspettare qualche minuto per capire l’evoluzione del liquido nel bicchiere. Siamo fortunati perché il vino a contatto con l’aria riesce a trovare una sua personale compostezza. Sentori di fragoline di bosco, smalto, dei richiami vegetali e terragni. In bocca il tannino risulta un po’ ruvido e verde, l’acidità è sferzante e seppur non privo di alcune sbavature la beva è facile e disincantata, ha la dote di attrarre più che di respingere. Non riesco a comprendere fino in fondo se voglio fidarmi di lui e assaggiarne un altro po’ sta di fatto che perso fra i miei pensieri la bottiglia è già terminata.  Il giovane Francois Saint-Lo vinifica questo Gamay nei pressi del villaggio di Gruyere di Berrie in Loira insieme a una comunità di amici fidati. Frutto di un una piccolissima parcella di 0,3 ettari viene prodotto a seguito di macerazione carbonica a grappoli interi non diraspati e affina per qualche mese in vecchissime botti di rovere usate.

La Cuvèe du chat 2017 – Jean Claude Chanudet e Marie Lapierre – il vino del ristoratore
Piccola parcella di 2,5 ettari a Brouilly nel Beaujolais piantata nel 1945 e una volta appartenuta al mitico Jules Chauvet. Interpretazione schietta e autentica del Gamay. Rispetto al vino precedente il colore vira su tonalità più scure, al naso emergono dei profumi di ciclamino, ciliegie mature e pepe nero. Sorso saporito contraddistinto da un tannino appena sussurrato. Qualche anno di bottiglia ha giovato a un liquido che si presenta in forma smagliante e gratifica i commensali. Chanudet e Marcel Lapierre erano amici d’infanzia, questa Cuvèe è un omaggio all’amico scomparso e il gatto disegnato sull’etichetta non è altro che quel burlone di Jean Claude.

Brouilly 2017 – Alex Foillard – il vino del ministeriale
Cresciuto a pane e Gamay, Alex Foillard è il figlio di Jean e Agnes Foillard, fa parte della nuova generazione di giovani vignaioli che ha deciso di percorrere la propria strada senza rinnegare gli insegnamenti e la filosofia produttiva dei propri genitori. Alex possiede 2 ettari divisi tra Brouilly e Cote de Brouilly e la 2017 che abbiamo assaggiato è la sua seconda vendemmia in solitaria. Inchiostro scuro nel bicchiere emana sentori di lamponi maturi, alloro e grafite. In bocca la componente alcolica è importante, probabilmente dovuta all’annata calda, il tannino è virile e presente però questo Brouilly ha la dote di essere un vino trasformista, va aspettato e riesce a mutare forma nel bicchiere evolvendosi e acquistando profondità col passare dei minuti. Il ragazzo ha probabilmente talento e sicuramente ha interiorizzato gli insegnamenti del padre. Personaggio interessante da tenere d’occhio.

Lulu 2018 La Boheme Patrick Bouju – il vino del tatuatore
Patrick Bouju è un ex ingegnere che ha mollato la vecchia professione per dedicarsi anima e corpo al vino. Siamo nelle piccola regione dell’Auvergne nei pressi del villaggio di Glaine – Montaigut, qui Patrick possiede alcune vecchie parcelle coltivate con vitigni locali e alcune etichette sono prodotte acquistando uve da altri vignaioli sparsi per la Francia.  Il Gamay d’ Auvergne differisce da quello del  Beaujolais per la buccia più sottile e le dimensioni piccole. Lulu si presenta con una veste rosso scura, profuma di melograno, ribes nero, cassis e si percepiscono delle lievi note ematiche. La progressione del sorso è il suo vero punto di forza perché riesce a coniugare la bevibilità tipica del vitigno con una complessità fuori dal comune esercitando sorso dopo sorso un fascino magnetico. Un vino che riesce a mettere d’accordo tutti i presenti stimolando una conversazione sul “Quando” aprire una bottiglia, uno degli argomenti più spinosi per gli amanti del liquido di Bacco. Lulu è frutto di una macerazione semi carbonica in anfora e successivo affinamento in vecchie botti usate per circa un anno.

Cuvèe Corcellette 2016 – Jean Foillard – il vino dell’oncologo
Jean Foillard è una leggenda vivente, membro della famosa “Banda dei quattro” composta da Marcel Lapierre, Guy Breton e Jean Paul Thevenet è stato fra i primi agli inizi degli anni ottanta a intraprendere un lavoro di emancipazione del vino dal modo di vinificazione dell’epoca incentrato sui grandi numeri e su una omologazione del gusto figlia di trattamenti enologici particolarmente pesanti. La Cuvèe Corcellette nasce da una singola parcella di circa 80 anni ereditata dai genitori della moglie, situata nel cru di Morgon, macerazione semi carbonica in cemento e successiva sosta di 18 mesi in botti usate. Naso complesso con sentori di gelatina alla fragola, scorza di arancia, timo e cenere. Chiudo gli occhi e ho la sensazione di passeggiare nel sottobosco dopo una pioggia autunnale, un vino conciliante, avvolgente, dalla trama vellutata e con un tannino levigato. L’impronta del vignaiolo è tangibile e questa Cuvèe ha la capacità innata di generare consensi positivi tra tutti i partecipanti.

Il Gamay a torto rimane agli occhi di molti appassionati un vitigno un po’ sfigato che riempie gli scaffali di numerosi supermercati con vini semplici e banali, in realtà ha un legame fortissimo con il proprio terroir riuscendo a coniugare emotività e sostanza per merito di vignaioli coscienziosi e lungimiranti e noi bevitori non possiamo far altro che ringraziare.

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Antonello Buttara

Romano di prima generazione, una laurea in tasca in Scienze della Comunicazione e mi ritrovo al Ministero della Difesa. Quando troppo tardi sono andato a vivere da solo acquisto una cantina che con qualcosa dovevo pure riempire. Presenza fissa in qualsiasi fiera dove si beve, divento l'incubo di alcuni enotecari della capitale e controvoglia mi diplomo Sommelier AIS per poi abbracciare la filosofia Porthosiana.

3 Commenti

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

... aggiungo : come è cattivo e banale , il Gamay cattivo e banale...

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Rino

circa 2 anni fa - Link

A proposito di gamay oltre ai produttori indicati a me piacciono molto anche i vini di Daniel Bouland altro bravo produttore

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Lanegano

circa 2 anni fa - Link

Di Patrick Bouju ho bevuto di recente il suo 'The Blanc'. Delusione fortissima, bottiglia portatrice di un'acetica veramente imbevibile. Lieto che il suo gamay fosse più 'curato', ma difficilmente azzarderò un'altra boccia di questo produttore. Vi consiglio Michael Clotaire: il suo Beaujolais 'vignes centenaires' è ottimo, complesso e molto elegante e invecchia magnificamente (perlomeno l'annata 2016). Prezzo onestissimo, oltretutto.

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