Quanti vigneti ucciderà il cambiamento climatico?

Quanti vigneti ucciderà il cambiamento climatico?

di Elena Di Luigi

In questo periodo dell’anno in Europa le viti dormono. Ma la prolungata mancanza di pioggia e di neve, per esempio nel centro Italia, e le alte temperature registrate un po’ ovunque, fanno riflettere e immaginare scenari diversi da quelli a cui siamo abituati.

In Australia i devastanti fuochi dello scorso mese hanno colpito tutte le regioni vinicole e in particolare Queensland e Adelaide Hills. Proprio qui il 30% della produzione 2020 è persa così pure oltre 1,100 ettari dei totali 3,300 vitati. Non solo. Anche i fortunati che non hanno dovuto assistere al rogo della proprietà sono ora costretti a scartare l’uva permeata dal fumo, come dire, una lezione per tutti.

Prima ancora dell’Australia è stata la California a doversi difendere dalle fiamme. Tra ottobre e novembre molte cantine della Russian River Valley di Sonoma County, sono state costrette ad evacuare per l’avanzare del fuoco Kincade. Anche in questo caso, là dove l’annata 2019 era già stata raccolta, si è dovuto gestire una fermentazione difficile, compromessa dalle alte temperature e dalle interruzioni alla rete elettrica da cui dipendeva il controllo termico delle vasche.

La rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS)  ha proprio in questi giorni pubblicato i risultati di una ricerca fatta per capire l’impatto del riscaldamento globale sulla viticultura. Il PNAS è l’organo con cui il National Academy of Sciences (NAS), ovvero un’organizzazione americana di ricercatori, privata e no-profit, rende pubblici i dati raccolti in fase sperimentale. La notizia che ha fatto il giro del mondo la settimana scorsa si può riassumere così: un riscaldamento globale di +4 gradi centigradi potrebbe portare alla perdita dell’85% del territorio vitivinicolo attuale, di +2 gradi del 56%.

La ricerca ha utilizzato un modello computerizzato creato sulla base delle caratteristiche biologiche delle 11 uve più diffuse al mondo: cabernet sauvignon, chasselas, chardonnay, grenache, merlot, monastrell (o mourvedre), pinot noir, riesling, sauvignon blanc, syrah e ugni blanc (o trebbiano). Una volta presi in considerazione sia il ciclo biologico di ciascuna varietà (germogliamento, invaiatura ecc) che il loro specifico contesto climatico, si è visto che con il progressivo aumento delle temperature certe uve bianche come l’ugni blanc e il riesling perdevano rispettivamente fino al 76% e al 66% di terreno coltivabile, e varietà rosse come il grenache circa il 31%.

È fino troppo facile osservare che in queste circostanze i paesi che in questo emisfero finirebbero per pagare il prezzo più alto sono la Spagna e l’Italia. Ma l’obiettivo della ricerca è proprio quello di capire e di provare a pensare a delle alternative, in tempo da contrastare un’eventuale perdita di terreno vitato. E se per la scienza la risposta è semplice, per esempio fare degli innesti, spiantare e ripiantare altre varietà, per il produttore e il consumatore si mette in gioco l’identità del vino stesso. Serve a poco rincuorarsi pensando che il mondo ha a disposizione oltre 1,100 varietà di uva da vino.

La stessa settimana, un tweet dell’American Association of Wine Economists ha accolto l’arrivo sul mercato del Riesling e del Pinot Noir 2018 della cantina Keller, interamente prodotto in Kristiansand, Norvegia, a una latitudine di 58º nord, cioé la punta piú a sud del paese, sul Mare del Nord.

#climatechange? O #climatechange!

10 Commenti

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Sancho P

circa 4 anni fa - Link

I Barbaresco della torrida 2017 saranno un bel banco di prova . Annata siccitosa, vendemmia anticipata di due settimane. I 98,1 centesimi dei "migliori palati del mondo" , giudizio degno della carnevalata a stelle e strisce da poco conclusa.

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Paolo A.

circa 4 anni fa - Link

Credo che con un aumento di +4 gradi il problema dei vigneti passerebbe in secondo piano, perché a morire sarebbero milioni di persone.

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marcow

circa 4 anni fa - Link

Stavo per esprime la mia opinione ma vedo che Paolo A mi ha preceduto con una sintesi molto efficace: che mette a fuoco, secondo me, l'angolo con cui guardare questa spaventosa minaccia... per milioni di esseri umani. Ho sentito alcuni discorsi che fanno pensare: la tecnologia(e la scienza) "sicuramente" troveranno dei "rimedi" e... non vale la pena di preoccuparsi. Alcuni sono sicuri che colonizzeremo l'universo. Dal mio piccolo punto di vista non c'è ancora, nella nostra società attuale, una reale preoccupazione per questo problema. La gente vuole vedere qualcosa di sensazionale per incominciare a preoccuparsi sul serio.

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franco

circa 4 anni fa - Link

Per via del famoso teorema del platano!! Ovvero ci accorgiamo che stiamo andando a sbattere contro un platano ai 120km/h solo quando ci abbiamo sbattuto contro ;)

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Lanegano

circa 4 anni fa - Link

Certo che finchè ci fidiamo delle promesse 'green' da parte di coloro che questo disastro hanno creato pensando esclusivamente al profitto e lustrandosi i cabbasisi della salute pubblica, andremo poco lontano. Anche perchè, come già facevano notare gli amici qui sopra, con 4 gradi di aumento della temperatura il vino sarà l'ultimo dei nostri problemi. Peraltro concordo con chi dice che non si tratta di 'salvare il pianeta' : il globo terracqueo troverà modo di continuare ad esistere, siamo noi che ci estingueremo scrollati di dosso dalla Terra come fastidiosi insetti. Per quel che riguarda il liquido odoroso l'unica è fare una bella scorta......

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Sancho P

circa 4 anni fa - Link

La questione ambientale non può essere sganciata da quella dei rapporti sociali di produzione. Se la nostra specie non metterà in piano il superamento del modo di produzione capitalistico, il rischio di cui parlate è reale. Una produzione regolata dal profitto, oltre a produrre sprechi, sovrapproduzione, anarchia del mercato, crisi cicliche, non potrà mai avere come orizzonte l'ambiente e il rapporto tra specie e natura.I fatti storici hanno la testa dura e chi racconta che capitalismo ed ecologia siano compatibili, mente. Il capitale si muove in funzione del tasso di profitto ed è la massimizzazione di questo indice a regolare l'intera vita sociale. Se disboscare gli argini di un fiume, distruggere una foresta, produrre armamenti o stravolgere un territorio, porterà di li a poco ad alluvioni, guerre o innalzamento della temperatura, non è problema concepito dalla miopia di un sistema sociale, incapace di ragionare sul lungo periodo; da una classe sociale accecata dai rendiconti trimestrali e dai bilanci annuali. Si produce per valorizzare il capitale messo in movimento, non per soddisfare i bisogni della specie. Sono ammirevoli i comportamenti individuali etici, e lo so bene perché ho due figlie sensibili al tema ed impegnate, ma equivalgono all'illusione di svuotare il mare con un bicchiere. Qualcuno ha scritto " la difesa dell"'ambiente senza lotta al capitalismo è giardinaggio". Ecco. Meno giardinieri e più .... E mi taccio su quest'argomento.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Non metto in dubbio né che l'uomo sia cattivo, faccia casini e tutto quello che volete, né che dobbiamo inquinare e sprecare molto meno e neppure il riscaldamento globale, ma se prendete qualunque testo di climatologia (ma proprio tutti) vedrete che il clima ha avuto sbalzi in su e in giù molto più alti di 4 gradi. Anche negli ultimi duemila anni. E le vigne hanno seguito i cambi del clima, salendo e scendendo le colline. Il clima non è una cosa stabile, fissa e garantita, cambia sempre. E pure tanto, e pure molto rapidamente. Anche senza l'intervento dell'uomo o di Greta.

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Paolo A.

circa 4 anni fa - Link

La situazione è un po' più complessa del "il clima è sempre cambiato" e decisamente più complessa. E infatti sono proprio i climatologi i primi ad essere preoccupati, gli stessi che hanno scritto quei manuali a cui probabilmente ti riferisci. Poi nessuno dice che la viticoltura non si potrà più fare con +4 gradi, semplicemente si faranno degli ottimi sangiovese in Svezia e non più in Italia.

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franco

circa 4 anni fa - Link

Aerei e aggiungerei come maggior responsabile, la filiera della carne. É imperativo, anche per noi pasionari dell'abbinamento cibo-vino, ove frequentemente ci troviamo ad abbinare vino e carni, cercare di ridurne il consumo per quanto possibile. 1/5 delle immissioni in atmosfera di gas serra è da attribuire proprio a questa filiera produttiva. Auguri

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Andrea Gori

circa 4 anni fa - Link

gli aerei sono responsabili di un inquinamento non indifferente ma per favore le scie kimike no!!! L'ingegneria climatica (a parte non essere ancora possibile dal punto di vista tecnico) è davvero troppo dietrologia, pensare che ci sia qualche complotto segreto che opera per modificare il clima della terra mi pare piuttosto ridicolo...

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