Porthos dentro. 8 assaggi per ripassare i fondamentali della resistenza creativa
di Emanuele GiannoneRispetto agli anni felici in cui Porthos fu prima conoscenza, poi coincidenza di passione e lavoro, il mio mestiere è molto cambiato e come lui il mondo tutto. È cambiato anche il microcosmo eno-mondano, con le selvagge fornicazioni e riproduzioni e vorticose mitosi e inseminazioni in vitro, tra Riedel e Zalto, e tanto lavoro per didatti veri o improvvisati, per maieuti e maionchi, con esiti ora eugenetici, ora ascrivibili al campo vastissimo tra opera buffa e schizofrenia.
La preziosa cellula di resistenza creativa porthosiana, intorno al suo nucleo, è a sua volta cambiata molto e l’ha fatto bene, nel senso di un essoterismo colto, che non abdica alla funzione di discrimine tra cultura e coloritura, tra conoscenza e bulimia cognitiva. Il nucleo continua a custodire e trasmettere informazioni genetiche di altissimo valore. In un regime di maggiore apertura, gli esiti evoluzionistici di questa trasmissione sono però visibili adesso con chiarezza e frequenza senza precedenti: grazie a Porthos e al suo nucleo vi sono oggi nel piccolo mondo nuovo più cellule evolute e complesse rispetto al vecchio. Ragion per cui, sebbene le assise degli eno-qualcosa che contano e delle loro segreterie politiche guardino sempre con sospetto a gruppi misti e non allineati, ad animarle vi è oggi un novero più nutrito e diffuso di enobionti evoluti, geneticamente legati al nucleo ma intellettualmente indipendenti, no-OGM e non-prestazionali.
Rispetto agli anni felici è cambiata la frequenza della lezione porthosiana, non così il valore, che ben risalta in un incontro centrato sul tempo e i suoi differenti valori – Chronos e Kairòs – esperiti attraverso il vino. Con un occhio a Bergson e uno al Breitling, nella duplice cognizione di tempo-contenitore e spaziatore di eventi da un lato, dall’altro di movimento vissuto, quello che pare fatto per sfuggirci lascia in realtà un segno continuo, vissuto e vivente, traccia mai interrotta. Chronos non è libertà ma tempo sequenziale e misurato che impone la sua regola. Kairòs è il momento opportuno, tempo indeterminato, occasione per l’accadimento speciale. Da un lato il tempo del progetto, dall’altro quello del processo. Quale dei due valga, cioè quale ispiri la scelta di chi fa il vino, è determinante: “progettare” un vino secondo un modello evolutivo desiderato, in rispondenza a un piano e al risultato da raggiungere a un dato tempo (ecco Crono), è diverso dal produrre un vino la cui trasformazione non è scopo ma libertà. Qui è fornita una chiave interpretativa semplice e valida per la questione di naturalità, da parte di chi in Italia l’ha affrontata e sostenuta ben prima che l’attributo fosse oggetto di discussioni fondate o sfondate, etiche o bisbetiche, vertenti su modi o mode: naturale è il vino atto al divenire e non a divenire un determinato vino, un prodotto dell’enologia di servizio e non di scopo.
Per infondere il senso della distinzione, il nunc est bibendum è servito perfettamente a transitare dalle virtù dianoetiche a quelle etiche. Ecco come.
Barbera 2000 Pino Ratto (VdT)
Tre anni prima di questo vino, qualcuno cantava: “Memoria / Parla / Consolante / Succedono le età / Succedono le età / Meravigliose / E non c’è età assoluta / Altro vi fu e sarà / E quanto in quale forma.” Così avremmo già colto l’essenziale: vino evoluto ma accogliente, sottile, discreto nell’impatto, agile per vivida freschezza e leggiadro nel movimento. Un teatro d’ombre. Non espone, piuttosto accenna, ma le ombreggiature si compongono in un insieme di grazia che evolve in immagini molteplici e tenui. Un vino del conforto e del sogno, che non dà nulla e piuttosto lo figura: la terra, il ferro, la rosa, il cacao, la frutta matura, tratteggio e dissolvenze. È assai improbabile che Pino Ratto pensasse di meravigliare con questo vino. Il vino risulta una meraviglia.
Montepulciano d’Abruzzo Riserva 2000 Emidio Pepe
Concentrato, impulsivo, scontroso e scuro, esita a schiarirsi e distendersi. Evoluzione fruttuosa: materia integra, l’olfatto la rende con chiarezza e coerenza crescenti: muschio, fiori amari, tartufo, terra, kirsch, pomodoro e mela essiccati, cera. Grande articolazione olfattiva anche per i plurimi e vaporosi cenni di contorno, tra radici e canditi. Bocca linda e dritta in attacco, in progressione alquanto frenata da tannini crudi e un po’ asciuganti che impediscono “… di godere del suo respiro finale”, come da chiosa di Sangiorgi.
Cuvée Camille 2005 Robinot (Pineau d’Aunis. Magnum)
È l’instabilità che ci fa saldi ormai negli sradicamenti quotidiani (sempre Esco, C.S.I., come sopra). Scrollandosi di dosso i lindi ferretti, questo vin-faune fu pigiato e orchestrato da Debussy mentre preludeva al pomeriggio di Mallarmé. Un infuso di sensibilità ed estetica simboliste: aggraziato – ed è cosa mirabile perché in apertura prevalgono amarezze di radici e fiori, verdeggiamenti e soffio alcolico, fernet e peperone da cabernet – aereo e mobile, mimetico, non lascia riferimenti. Bocca di eleganza sovrana e senza alcuna spiegazione plausibile, poche note, piano pianissimo ma tutte di grande effetto. Lascia tutto alla vostra immaginazione poetica.
Brunello di Montalcino 2005 Paradiso di Manfredi (Magnum)
Foglie secche e muschio, radici e china, presto a distendersi e scrollarsi di dosso la terra e i vestimenti autunnali per un tepore e un colore che rianimano. Una ciliegia e una fragola, poche ma buone, tabacco ed erbe officinali e finalmente il sorso: giustezza e finezza delle note evolutive, vitalità e freschezza della materia, un’acidità infusa e sottile a condurre lo sviluppo e nel complesso l’eleganza che a questo vino tanti negano per principio. Un caro saluto a chi disdegna le piccole annate e intinge la lingua nel pregiudizio. Così Sangiorgi: “Materialità al servizio dell’eleganza”.
Scaccialupo 2007 Sacrafamilia (Barbera)
In diretta dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, dai boschi e dall’arse fucine stridenti, va ora in onda il coro dell’Atto III dell’Adelchi allo stato liquido. Scenografia: gretone di pozzolana, legno vecchio, giochi pirotecnici, souvenir di Madeira (gioca a fare il Terrantez). Cola, caramello, pain grillé, fumo. Sfacciatamente alcolico (riecco Madeira). Conoscendo la storia dell’azienda, mi aspettavo peace & love ma è arrivato pece & lava. Eppur si beve, è badiale e focoso ma buono di cuore.
Taurasi 2007 Neronè Il Cancelliere
La struttura alare del calabrone, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso. Rotondo, nodoso e pungente ma mobilissimo, anzi: aereo. Fumo, tè, terra e ciliegia, più in fondo prugna e inchiostro. Sorso di acidità fendente e durezze intatte, tannini di grana grossa ma non ingombranti, infatti lo sviluppo c’è ed è ricco di riferimenti, da quelli più immediati al frutto maturo, a un delicato intreccio di dettagli maturi, chiaroscurali, nel finale.
Crozes-Hermitage Blanc Domaine Raymond Roure 1998 P. Jaboulet-Aîné
Cera, miele, agrumi canditi, timo, lavanda e cumino in un attacco corale, soave e di grande effetto. Cambia aspetto velocemente, vira su fiori macerati e olio di lino, dona un sorso rilassato e partecipe, polpa e sale, un filo di freschezza residua. Risolto, pacato, affascinante.
Ortodox 2006 Klinec
Una lezione magistrale su energia, vitalità e tattilità: Ortodox è in tal senso una prova più lampante di qualsiasi fine argomentazione. Vino dal profilo olfattivo scarno, ritroso e compatto, di pochi profumi ed essenziali (fiori, terracotta, paglia, mandorla, genziana) ma composti in un assieme di grande equilibrio. Presenza e passo subito coinvolgenti, tocco avvolgente e saporoso, freschezza corroborante e che richiama nel connubio dolce-acido la frutta a polpa bianca e gialla (annurca, susina, gelso, uva spina). Tannini levigatissimi, di tutta presa e nessuna astringenza. Slanciato in progressione, dissetante e sapido, ricco di dettagli aromatici, espressivamente unitario. “Succosità pura, sganciata dalla materia” (Sangiorgi).
[Foto: Daniela Burani]
13 Commenti
Sergio
circa 6 anni fa - Linkoh, ma non si capisce nulla! limitato io, certamente....
RispondiAndrea Gori
circa 6 anni fa - LinkSembra così Sergio! richiede solo più tempo, se lo capisco io dopo un po' di sforzo lo possono capire tutti, tranquillo...
RispondiEmanuele
circa 6 anni fa - LinkSergio, lo so. Non è il primo a dirlo. Mi dispiace, ma il mio severissimo consulente editoriale, un certo Albert Hoffman, dice che va bene così, quindi non ho scelta.
RispondiStefano
circa 6 anni fa - LinkDallo stile avrei detto piuttosto E.T.A. Hoffmann...
RispondiEmanuele
circa 6 anni fa - LinkIl gatto Murr rispettosamente saluta.
Rispondiamadio ruggeri
circa 6 anni fa - LinkUn viaggio "dentro" il vino, un abbraccio chagalliano con il liquido odoroso, palpitante, emozionante. Un dono. Il lampo che illumina il paesaggio. Grazie.
Rispondibravotipo
circa 6 anni fa - Linkquando, giovinotto, nel 2001-2002 mi fu fatto leggere porthos da un collega più grande non ci capivo una beata. ora lentamente qualche nebbia si dirada!
RispondiFederico
circa 6 anni fa - Link"....naturale è il vino atto al divenire e non a divenire un determinato vino, un prodotto dell’enologia di servizio e non di scopo."
RispondiFederico
circa 6 anni fa - LinkLettura impegnativa certamente, ma questa chiusa vale di certo lo 'sforzo', che si condivida o meno. Grazie
RispondiEmanuele
circa 6 anni fa - LinkGrazie a te.
Rispondizzz
circa 6 anni fa - LinkAh no, Robinot è un [edit] Per favore....!!!
Rispondivediamo di mantenere i commenti su un piano di critica un po' piu' articolata, grazie. [f.]
Capex
circa 6 anni fa - LinkLettura difficile, è vero. Torno indietro e rileggo... ma quando capisco...capisco anche che ne è valsa la pena.
RispondiEmanuele
circa 6 anni fa - LinkMolte grazie.
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