Podere Forte in biodinamica: i sangiovese Anfiteatro e Melo e il nuovo Guardavigna

Podere Forte in biodinamica: i sangiovese Anfiteatro e Melo e il nuovo Guardavigna

di Andrea Gori

La passione per i grandi vini del mondo e una fortunata vacanza segnano il destino di Pasquale Forte che alla fine degli anni ’90 fa nascere Podere Forte, forse la più importante e ambiziosa delle aziende vinicole italiane di cui non avete mai assaggiato un vino. Nonostante siano arrivati già importanti riconoscimenti in Italia e che persino The World of Fine Wine gli abbia dedicato un sontuoso articolo, l’azienda è relativamente giovane.

Le prime vigne sono del 1998 cui fanno seguito i vigneti Melo nel 2003 e il famoso e spettacolare Anfiteatro nel 2008, mentre tutto intorno e sotto nasce la cantina improntata da subito ad una lavorazione il meno possibile invasiva e ispirata alla biodinamica con una certificazione Demeter arrivata nel 2011.

Siamo nel territorio di vino forse più bello del mondo, la Val d’Orcia, con le sue dolci colline che hanno fatto da sfondo a centinaia di film e cartoline contribuendo a plasmare il mito della campagna toscana nel mondo. Le vigne (40 ettari in totale su 500 ettari di tenuta) hanno tutte pendenze importanti dai 15% ai 40% e con altitudine dai 430 mt fino ai 500 mt con bosco tutto intorno, il che permette anche in annate torride come la 2017 (quando erano 43 gradi di giorno) di scendere sui 22 la sera e permettendo quindi una polimerizzazione graduale dei tannini in maturazione.

Le viti sangiovese nascono da selezione massale da una vecchia vite trovata vicino ad una vecchia quercia, la vinificazione avviene in  vasche troncoconiche in legno da 10 a 120 quintali a seconda delle vigne, con vinificazione parcellare. Il suolo da sangiovese è scisto calcareo con molto sasso affiorante, roccia, terreno drenante e asciutto con poca ma sufficiente argilla. Andando nello specifico la vigna Petrucci ha suolo molto omogeneo mentre la Vigna Anfiteatro ha lato più calcareo bianco affiorante, mentre nelle altre lo scisto si trova sotto 50 cm e argilla ce n’è di più.

La vigna del cabernet franc è puro scisto calcareo con calcare molto profondo e radici che ci si immergono molto anche perchè da anni si tagliano le radici più alte per costringere la vite ad approfondirsi nel misto di argilla misto a sabbia e limo che caratterizzano i primi metri di profondità.

Questi suoli sono resi sempre più ricchi di materiale vivo anche perchè attorno l’azienda ha allevamenti di polli, giardini, oliveti, un’area per maiali di cinta senese, l’impianto di compostaggio, un orto botanico, laghi naturali e artificiali, api per il miele, vacche chianina DOP a creare un ecosistema completo agropastorale di livello notevole e anche un ottimo metodo di entrare nelle carte di molti stellati italiani usando appunto il cavallo di troia delle ottime carni prodotte.
Presenti anche quattro ettari di bianco (ancora però top secret quale vino nascerà) e ovviamente le vigne dedicate ad un metodo classico a base sangiovese chiamato “Ada” che esordisce in questi mesi con l’annata 2016.

Assaggiamo i prossimi vini rossi in uscita nelle prossime settimane a prezzi che si fanno di anno in anno più importanti ma che riflettono il livello con cui Pasquale vuole continuamente confrontarsi, quello dei fine wines mondiali più accreditati e scambiati nelle aste del globo.

Petruccino Orcia DOC 2017
Ottenuto per il 70% da singola vigna “Ciliegio” più altri sangiovese da altre vigne. Annata calda e difficile, mantiene una bella freschezza e positività, una sua identità che comincia a farsi sentire, note di susina selvatica e ciliegia, lato affumicato e pepe nero, viole, ribes rosso e confettura di lampone, un vino appesantito dal millesimo ma che sa essere scattante e arioso, ricco e carico ma con sua bella freschezza tra bergamotto e arancio rosso, intensità e facilità di beva. Tannino di piacevolezza rara per l’annata e considerando che è stato vendemmiato nella prima metà di settembre è davvero finissimo. Croccantezza dolce, 15% di alcol ma non si avvertono per niente, spezie scure, tabacco dolce, menta e pepe che si rincorrono. 92

Anfiteatro 2015 Podere Forte Sangiovese Orcia DOC
Prima annata in cui si esprime da sola una delle vigne più belle d’Italia ed era forse l’ora. Colore e naso immediati che comunicano subito la sua grandezza, un  lato mascolino e luminoso del sangiovese della zona con lato floreale e fruttato vivido e soave (iris, rosa thea, albicocca) e un lato balsamico di timo di montagna. Grande la potenza percepita e stile arrembante anche con legno ma l’equilibrio tra tannini e acidità al palato è mirabile con note balsamiche di aneto che emergono alla distanza insieme ad arancio e agrumi. Entusiasma per la sua struggente dolcezza mista a sapidità, le note di ribes rosso, il bergamotto che si allungano per secondi e il raffinato tannino che rimanda di sponda su piacevolezza fruttata rossa e pepe nero. 95

Melo 2015 Podere Forte Sangiovese Orcia DOC
Appena più scuro e ricco, complessità ma anche eleganza, austero e profondità, “una signora vestita Armani” secondo Pasquale Forte, frutto scuro di prugna selvatica e amarena, appena più ilcinese e graffiante, austero ricco ma con tono più serioso, legno ed ebanisteria si avvertono non poco ma la sensazione di amalgama è molto raffinata. Tannino saporito e tridimensionale che non accentua le note legnose ma ci scorre quasi accanto. Il finale torna su buccia d’arancia, lavanda e viole candite, mirto, ginepro, chiodo di garofano. Deve digerire un poco di botte ma la materia è pulsante e ricca. 93+

podere forte vini
Guardavigna 2016 IGT Toscana
100% cabernet franc, un vino di matrice bordolese ma che nel bicchiere si mette quasi nell’esatto punto di incontro tra Bolgheri e Saumur, il carattere dell’Orcia e il territorio si uniscono con il vitigno in un ettaro di vigna prospiciente ad un lago e si mostra in una annata importante e di svolta (passando al monovitigno dopo anni di blend bordolese).

Ci sono acidità e freschezza, tannino di pienezza e intensità con una vendemmia in cui si è cercato di arrivare ai primi di ottobre. Eleganza e succosità del frutto lo mostrano non esplosivo né marmellatoso per un affresco fruttato e balsamico di lampone e more di gelso, pepe nero, pirazinico fine e maturo, cayenna.

Il sorso esordisce fresco, tra succo di ciliegie e pepe nero, per un attimo senti il lato vegetale del bloody mary poi prosegue dritto e saporito, ferroso e cangiante con tannino che ricorda infine più Bordeaux per l’impostazione data dal legno e che ci fa pensare quanto sarà bello riassaggiarlo tra un lustro. Ma anche adesso è di una classe notevole e finezza superiori. 96

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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