Pensieri tra noi: dallo spacciatore di merendine a un venditore di vino

Pensieri tra noi: dallo spacciatore di merendine a un venditore di vino

di Fiorenzo Sartore

Cari i miei araldi della libera impresa, oggi vi voglio raccontare una storia che un po’ forse ci rileva, magari un po’ no ma alle solite tocca a voi connecting the dots e tutte quelle altre belle cose. La nostra storia comincia così, copio e incollo da Repubblica Torino:

“Uno studente diciassettenne dell’Itis Pininfarina di Moncalieri ha scoperto di avere la stoffa del vero imprenditore. Si è messo a comprare merendine, che poi rivendeva ai compagni a un prezzo più basso rispetto al bar della scuola. La cosa ha preso piede e il mercato è diventato molto florido. Così florido che i professori se ne sono accorti e lo hanno sospeso per una decina di giorni”.

E questo è solo l’inizio. Le vicende virgolettate risalgono all’anno scorso. Lo studente in questione tra l’altro è stato bocciato, e la sua attività di imprenditore in nero non pare estranea al brutto risultato scolastico. Com’è, come non è, il nostro non si dà per vinto. Quest’anno, ricominciata la scuola, riavvia la fiorente attività lucrativa. E viene ribeccato dagli sbirri, o dalle bidelle, quel che è. Siamo daccapo ma stavolta c’è l’aggravante della recidiva. Il nostro (che comincia a starmi simpatico, lo ammetto) se la vedrà brutta.

A poco vale quel che (di nuovo copy and paste) tiene a sottolineare Repubblica:

“il giovane aveva anche una certa professionalità: sondava i prezzi migliori nei supermercati per massimizzare i profitti, era assai attento ai gusti della clientela. Insomma, ha un talento naturale per il marketing e di fronte a sé aveva un mercato potenziale costituito dai 1.700 allievi dell’istituto moncalierese. Però non ha fatto i conti con un parametro: le regole”.

Ecco, siamo al punto: le regole. Che ci sono, e vanno rispettate. Lo sappiamo, no? Le regole non si discutono, si applicano. Però, fatemi dire due cose.

C’è stato un tempo nel quale ho pensato di diventare davvero avvocato. Poi m’è passata, ma se io fossi lo scadente avvocato che non sono ora, mi appellerei alla clemenza della corte.

Le regole di cui sopra oggi confliggono ampiamente con l’epoca della sharing economy, cioè quella nebulosa iperattiva di nuovi lavori catalizzati da internet e dalle reti sociali. Abbiamo visto nascere home restaurant e air bed and breakfast e ogni genere di diavoleria che (più o meno serenamente, pacatamente) si lasciava dietro di sé le famose regole.

Adesso chi legge potrebbe anche legittimamente chiedermi: sì vabbe’ e col nostro enomondo che c’entra? Arriva subito l’aggancio in modalità connecting the dots.

1. Qualche giorno fa ero ad una delle molte fiere di settore che affollano novembre. Assaggio una cosa che mi piace e mi accingo a comprarla (è una di quelle rassegne dove si vende, anche). Il produttore però mi deve negare la transazione: quel bene è in mano al distributore locale e quelli come me (portatori sani di partita IVA) non possono comprare direttamente, devono fatturare al distributore. Tutti gli altri sì, io no. (Sia chiaro: sono regole, e vanno rispettate. E io le rispetto, amen).

2. Nel mio inbox arriva un po’ di tutto. Ieri un email mi comunica “l’opportunità interessante che ci ha sottoposto il nostro socio [omissis, nome di un rappresentante locale], da tempo attivissimo nel proporre, come gruppo d’acquisto, la possibilità di accedere a listini privilegiati per comprare a prezzi estremamente favorevoli tutta una ampia gamma di specialità alimentari selezionatissime che comprendono…” [omissis, seguono referenze].

È tutto secondo le regole, no? Più o meno. Il rappresentante che ci fa accedere ai listini privilegiati, è pure lui in regola? Boh, immagino di sì, succede. Tornando al mio studente sconosciuto di Moncalieri, lasciate quindi che ci riprovi: mi appello alla clemenza della corte. L’aria è quella che è, qui ormai tutti fanno un po’ quel che gli pare, tranne io e lo studente di Moncalieri. E ma allora.

[Crediti immagine: Consumatrici.it. La vicenda ha un sequel benaltrista ma irresistibile: “Il ragazzo di 17 anni che nella sua classe di Moncalieri smerciava spezzafame e bevande ai compagni dice: nell’istituto gira droga, ma a loro non fanno niente”. Contiene domande e risposte di autentico genio come “La settimana scorsa ci è ricascato: perché? – Tutti i miei compagni continuavano a chiedermi la roba!” – L’attacco con l’araldo della libera impresa invece m’è tornato in mente leggendo questa storia.]

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

7 Commenti

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Durthu

circa 7 anni fa - Link

Bell'articolo attira-flame. Vediamo se funziona.

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Sergio

circa 7 anni fa - Link

lo studente mi pare un benefattore dell'umanità! ci sarebbe da indagare sulle regole dei bar delle scuole, più che altro. A quanti di voi è capitato di non ricevere alcun documento fiscale acquistandovino in fiera? (quelle dove si può acquistare, ovvio)

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Giacomo

circa 7 anni fa - Link

Intravini, vi segnalo http://www.lastampa.it/2016/11/23/edizioni/cuneo/caporalato-nelle-langhe-e-roero-su-aziende-controllate-irregolari-bKoFQc138gsTO2Xg7q5w2K/pagina.html così, tra decine di thread inutili, vi pungesse vaghezza......

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sergio

circa 7 anni fa - Link

Durthu confesso che a me piacciono i dibatti vivaci con opinioni diverse e contrapposte ai quali partecipo volentieri. Ma non mi sento un flamer e non mi sembra di vederne nei nostri dibattiti :-) Sono confortato dal fatto che i dibattiti più caldi del blog riscuotono anche un bel successo di pubblico, cioè di lettori... Detto questo, il post è molto interessante e l'impatto del web sui mercati e sulle regole è di grande attualità: il dibattito a livello mondiale è già iniziato e ci sono posizioni diverse. Le regole si possono sempre cambiare: ma in che senso? Quali interessi privilegiare? I cambiamenti non sono sempre positivi. Non entro nello specifico, ma esprimo l'esigenza di far precedere un cambiamento di regole, in qualsiasi settore della vita sociale, da una fase di approfondimento e chiarimento che arrivi al più gran numero di cittadini. Cosa che non è avvenuta con i cambiamenti delle regole più importanti, quelli della Costituzione.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 7 anni fa - Link

Il ragazzino faceva commercio senza pagare le tasse, senza licenza e in assoluta illegalità. Home restaurant, air bed and breakfast e ogni genere di diavoleria sono previsti dalla legge e pagano le tasse. I casi che presenti tu sono diversi, sono libere scelte del produttore. Magari sbagliate, può essere, ma non infrangono nessuna legge. Non è una questione di liberismo o di perfido turbo capitalismo, in qualunque epoca e luogo non tutti i clienti hanno lo stesso prezzo. Capisco e condivido il giramento di scatole, ma i due casi cosa hanno in comune?

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Fiorenzo Sartore

circa 7 anni fa - Link

Beh insomma non sarei così sicuro, home restaurant previsti dalla legge? A parte il dato fiscale (immagino si siano dati una disciplina) non sono al corrente di una legge istitutiva degli home eccetera. Chiedo, nel caso, se qualcuno mi illumina: a me risulta che le attività di somministrazione siano regolamentate, per esempio, attraverso concessioni amministrative - se ci sono le licenze per home restaurant, davvero, non so. E te lo dice uno che promette volentieri di voler aprire una "home enoteca". Ma se la normativa è identica, resto dove sto :)

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Stefano Cinelli Colombini

circa 7 anni fa - Link

Eh, in effetti sugli home restaurant parecchi dubbi li ho anch'io. Però che c'entra con gli sconti e/o le esclusive nel vino? Seguo da sempre una politica di prezzi trasparente, ma se un collega vuole fare altrimenti mica è reato. Magari è stupido, ma non ha nulla a che vedere col venditore di merendine.

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