Pensamentu, il fascino discreto della Romangia

Pensamentu, il fascino discreto della Romangia

di Alessandra Corda

“Tanta suggestione hanno dunque su di te le affabulazioni d’un grafomane?” (Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore)

Faccio cose, vedo gente, bevo vino e ne scrivo in modo più o meno strutturato. I contenuti? Random. Cosi, una mattina di primavera in una terra non lontanissima dalla mia, entro in contatto con una realtà minuta. Minuta mi piace più di piccola, perché nella minutezza si cela una forma di armonica discrezione che in tutto lo storitellaggio vinicolo sembra una brezza fresca e leggera. Come un assolo di oboe vs una sessione di tromboni. Leggerezza calviniana, nel senso di Italo, e anche calvinista, nel senso di sobrio approccio al fare le cose, più che al farci credere come sono state fatte. Insomma, esigenza di togliere prima di tutto orpelli ideologici. Non è facile trovare un angolo di quiete dopo tutto il frastuono generato da letture personali, bottiglie aperte e pippe intorno al profumo della terra, vinificazioni estreme, anima del terroir, rudi e puri ecc. E io a volte ci sono dentro fino al collo in questa affabulazione.

Per fortuna, alcune persone mi stupiscono ancora per il fascino inconsapevole, quasi candido che fa vibrare di buono il luogo dove lavorano, facendosi pure un discreto mazzo, così, in bellissima concordanza. Sardegna, Romangia, agro di Sennori, Laura e Delia Fiori facevano altro nella vita, ma il vigneto di babbo c’era. Non si poteva stare a guardare quelle pendenze, le esposizioni, i filari stretti, il suolo ricco di calcare, la ventilazione marina. Da qui non si vede il mare, ma c’è stato molto tempo fa: conchiglie fossili riemergono ancora nelle zolle lavorate lo stretto necessario. E tutte quelle erbette in fioritura la dicono lunga sulle scelte agronomiche delle due sorelle.

La gita vale la bottiglia, soprattutto se bevuta lì in vigna con un tavolo arrangiato e due calici. Ci accoglie Laura, spettinata da un vento teso che spira dal Golfo dell’Asinara. Nelle sue parole neanche l’ombra di una narrazione organizzata per ammaliare. Fatica, invece, molta per iniziare a vinificare le proprie vendemmie. Uve vinificate senza “additivi” di carattere pre-concettuale, deleteri più dei solfiti aggiunti. Il lavoro grosso lo fai con la materia prima, poca, buona e tua. Così nasce Pensamentu, etichetta della Cantina Sorres. Si stappa una prima bottiglia. Concordiamo tutti, il vino presenta un’ossidazione. Succede e se ne prende atto. Laura ci sorride, si scusa, si confronta con noi sulle ragioni di questo “incidente” e apre una seconda bottiglia.

Qui ci siamo: il Cannonau 2016 che assaporiamo (solo acciaio, 14,5 % vol.) ha tutto dei suoi natali, compresa quella potenza etilica che qui è la norma. Lo hanno voluto il più possibile vicino a come si manifestano i rossi di queste parti. Poco da girarci intorno. Potenziale zuccherino svolto in alcol fino allo stremo dei lieviti. Poi si arrendono e qualcosa rimane di morbido e potente. Un balsamo rubino e glicerico che porta memoria chimico-fisica del luogo: forse su questo filo va seguito un quid che smussa, eleva e raffina il vigore nerbuto e grossolano, a cui facilmente si andrebbe incontro alla prova del palato, con il binomio speculare di cui sopra (zucchero/alcol).

Il carattere sta nella materia prima appunto. Come di cosa passata da uno stato all’altro, infischiandosene della perfetta conoscenza tecno-enologica (che pure c’è), per rimanere se stessa nell’esito finale, ovvero vino da uve cannonau maturate qui, su queste colline garbate, assolate e marine delle Romangia. Punto.

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Alessandra Corda

Folgorata dalla visione di Mondovino, in un pezzo di vita londinese ottiene il primo certificato enofilo (WSET). Laurea in lettere, copywriter, è sommelier AIS responsabile dell’accoglienza per una cantina in Gallura. Collabora con il sito AIS Sardegna dal 2016, intravinica dal 2018. Pensa il vino come esperienza di bellezza totale, narrato con la contaminazione di ogni linguaggio creativo possibile.

11 Commenti

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

Bello, grazie! Un nome nuovo da mettere nella lista dei miei prossimi assaggi ;-)

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Alessandro Morichetti

circa 5 anni fa - Link

Prezzo?

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alessandra

circa 5 anni fa - Link

18 in enoteca

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Salvo

circa 5 anni fa - Link

È sempre bello scoprire qualcosa di nuovo. Dalla descrizione che hai fatto mi sembra quasi di degustarlo.

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Harry

circa 5 anni fa - Link

Ho visitato Sorres un anno fa dopo avere assaggiato il vino pensamento a London da un importatore che voleva di comprare vino. Forse ho conosciuto la signora Fiori perché vive qui a Londra. Confermo sono persone spontane e umili. Però rimasto deluso perché a questo vinitaly ho parlato con il loro enologo, addis della cantina social of gallura, perche' io compro gia' loro vini. Io ero convinto che facevano vino invece non hanno cantina. Il vino è fatto da Addis in cantina di Badesi a piu di un ora da Romagna. Questo agosto ho visitato anche cantina di badesi dove è vino di Sorres. Loro danno solo le uve. Questa tanta deluxione. Abbiamo mangiato in vigna e non abbiamo mai visto la cantina. Sono stato molto deluso di innovare questo. Vino buono, cannonau un po' dolce, preferisco gusto tradizionale di Oliena o Jeurzu Saluti e tanta fortuna. Harry London Wine Import

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Daniele

circa 5 anni fa - Link

L'amico Harry gli ha dato una bella botta... Certo che la trasparenza è la cosa fondamentale, se non hai la cantina ma ti appoggi ad altri, perché non dirlo? Portare le uve in altra cantina e far fare il vino ad altri, è come non farlo. Ci metti il nome e basta Non chiudi il processo, la filiera. Fai solo l'agricoltore, forse neanche quello, perché se abiti a Londra, chi le cura le vigne? Mah....

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alessandra

circa 5 anni fa - Link

La realtà Daniele e Harry è molto più fluida (per fortuna), dello schema “Ho la cantina mia e faccio vino buono”. Si presentano le seguenti possibilità: 1.Ho la vigna e ho la cantina. Controllo tutto. Faccio il vino: può essere buono o cattivo. 2.Ho la vigna, non ho la cantina ma controllo il processo produttivo nella cantina di terzi. Faccio il vino: può essere buono o cattivo. 3.Ho la cantina ma non ho abbastanza uve. Le compro, ne compro anche tante (non lo dico in giro, non importa, è legale se accompagnato da MVV), le compro anche a più di trenta chilometri dalla mia cantina. Controllo parte del processo produttivo. Faccio il vino: può essere buono o cattivo. 4.Sono proprietario di vigna e cantina. Non controllo il processo produttivo solo quello economico-amministrativo. Faccio il vino o meglio lo faccio fare, può essere buono o cattivo. 5.Non ho vigna non ho cantina (non me lo posso permettere). Controllo le uve (le scelgo), controllo il processo produttivo perché sono un tecnico. Faccio il vino appoggiandomi ad altre cantine, intese come luogo di trasformazione delle uve (è legale). Faccio il vino: può essere buono o cattivo. A queste si possono aggiungere altre ibride possibilità nate dalla combinazione dei punti sopra elencati. Detto questo, il vino lo fanno le persone. Fra i Cannonau più interessanti che ho avuto modo di assaggiare negli ultimi 12 mesi, alcuni sono fatti da chi non ha cantina e neanche vigna, ma sa fare il vino, e lo fa cosi bene da sentirsi in quella condizione libero di vinificare come meglio sente e con la propria etichetta, é legale. Come scrivo nel post, i preconcetti non fanno bene al vino.

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Daniele

circa 5 anni fa - Link

Comprendo le varie declinazioni del fare vino. Ci sono addirittura degli elementi che lo danno a Londra con uve barbera comprate in Italia. Non è il mio vino come concetto e non lo sarebbe nemmeno se fosse il più buono del mondo, non mi interessa. Avere una vigna e affidare le uve ad un enologo non è fare vino, per conto mio, così come possono fare i ricchi e famosi di turno. Io cerco altro.

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Sancho P

circa 5 anni fa - Link

Sono d'accordo con te, Alessandra. Il Su nighele' di venas miglior cannonau bevuto l 'anno scorso assieme al franziska di Montisci ovviamente. Messo al buio in una batteria di baroli d'annata ha travolto più di qualcuno, a cominciare da un noto produttore di Treiso(barbaresco) a pranzo con noi. Evidentemente la storia di Franco Martinetti e dei suoi straordinari "vini senza cantina"a qualcuno non ha insegnato niente. Saluti a Roberto Simone.

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Jury

circa 5 anni fa - Link

La realtà di Alessandra Corda è quella dell'Ais anni '90. Frasi come questa "Uve vinificate senza additivi di carattere pre-concettuale, deleteri più dei solfiti aggiunti" assieme al suo commento cottarelliano, sono la cosa più lontana dallo spirito intravinico. Svegliatemi, ma il Gambero Rosso ha comprato intravino?

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Jury

circa 5 anni fa - Link

Dimenticavo cara Alessandra Corda, lo schema corretto “Ho la cantina mia e faccio vino mio”. Se è un'altra cantina a farti il vino con un enologo di un altra cantina ancora, come può essere il TUOVINO?

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