Particelle di Borgogna: il Domaine Drouhin-Laroze

Particelle di Borgogna: il Domaine Drouhin-Laroze

di Salvatore Agusta

Salutate le terre del domaine Berthet-Bondet, io ed il mio gruppo di avventurieri ci siam spostati in Borgogna, destinazione la terra degli dei: Gevrey Chambertin.

Ci troviamo precisamente in quella che viene notoriamente considerata la patria assoluta del pinot noir, ovvero la Côte-d’Or. Anche qui il paesaggio risulta molto piacevole, ma il villaggio di Gevrey Chambertin è talmente piccolo che a piedi lo si percorre interamente in circa 50 minuti.

In effetti, l’intero villaggio sorge attorno le varie cantine che sono una di seguito all’altra: Domaine des Varoilles, Domaine Hermand Geoffroy, Domaine Lucien Boillot et Fils, Domaine Rosseau Armand, Domaine Marchand Frères,, Domaine Duroche e così fino a terminare l’elenco.

Noi abbiamo alloggiato presso la Rôtisserie du Chambertin – Hôtel & Restaurant, fenomenale sia per l’ospitalità che per la qualità del soggiorno. Durante la nostra breve permanenza abbiamo assaggiato tantissimi vini, provenienti dai principali produttori della zona ma come visita abbiamo preferito orientarci su una cantina in particolare: Domaine Drouhin-Laroze.

Ad attenderci Christine Drouhin che, insieme ai due figli ed al marito, dirige le operazioni dalla vigna alla cantina.

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LE ALLOCAZIONI.
La Borgogna è la regione vitivinicola più importante al mondo, specie se la si guarda da una prospettiva puramente economica; i vini sono di certo i più cari al mondo, i distinti appezzamenti di terra raggiungono quotazioni inimmaginabili e la produzione annuale è già allocata ancor prima di esser stata raccolta dalle piante.

Partiamo, dunque, dal concetto di allocazione; in Borgogna non si vende il vino, il vino va allocato nei mercati secondo dinamiche commerciali di stampo puramente capitalistico; tantissimi produttori locali posseggono cantine sia in altre zone della Francia sia in altre aree del mondo.

La produzione locale viene allocata secondo un sistema piramidale dove la bassa resa delle terre e la proverbiale qualità del vino permetterebbero di giungere a prezzi disorientanti. Dunque, per ovviare a questa crescita esponenziale, si asseconda una sistema parallelo di produzione e l’importatore che desidera accaparrarsi la maggior quantità di bottiglie grand e premier cru deve, allo stesso modo, piegarsi verso l’acquisto di vini prodotti dalla famiglia o dalla proprietà del domaine anche fuori da quella zona. Potrebbe essere la vicina Alsazia, potrebbe trattarsi dell’Oregon, potrebbe addirittura parlarsi della Patagonia.

Ovviamente sono principi che vengono notoriamente applicati ai grossi importatori americani, asiatici e talvolta russi.

LE SUCCESSIONI.
Cosa c’entrano le successioni con il mondo del vino e soprattutto con la Borgogna?
Vi potrà sembrare strano ma ogni qualvolta una famiglia proprietaria di un domaine malauguratamente viene a perdere un capostipite, i costi di successione e soprattutto le tasse da pagare in virtù dei valori di mercato della terra sono talmente elevate che non di rado i proprietari devono mettere in vendita una parte della vigna per far fronte al conto del simpatico erario francese. Ultimamente le cose stanno un po’ cambiando perché si sta veramente toccando il limite, quindi con la creazione di società o con sistemi di donazione a fronte di successione si sta cercando di ridurre l’impatto della tassazione. Tutto ciò serve anche a dare l’idea di come queste terre siano frammentate e spezzettate. Anche in Francia esiste la prelazione agraria ma a poco serve se i costi marginali sono improponibili.

Dopo queste due piccolissime premesse di tipo economico-giuridico, passiamo a parlare del Domaine Drouhin-Laroze. Si tratta di una tenuta di dimensioni medie, frutto di una fusione nel passato delle tenute Drouhin e Laroze, due famiglie residenti in Borgogna da più di 200 anni.

Christine, come dicevo, ci aspettava per una visita in cantina e la consueta degustazione a seguire.

I VINI DEGUSTATI.

Gevrey-Chambertain, AOC Village, 2015.
Si tratta di un vino proveniente da 8 appezzamenti dislocati nell’area della denominazione village, precisamente En Combe, En Champs, En Vignes Belles, Croix des Champs, En Jouise, En Pallud, Aux Mairchais et Aux Epointures.

In tutto si tratta di circa quattro ettari. Il vino presenta una bella trama, dotato di una ottima freschezza, produce sentori di frutta rossa, in particolare ciliegia e ribes. Le note di legno sono molto equilibrate e non intaccano per nulla la brillantezza del vino. Il tannino si declina in una consistenza docile e setosa ed esalta un finale raffinato ed aromatico. Un vino che consiglierei a chiunque.

Gevrey-Chambertain, Premier Cru Au Closeau, 2015.
Ci troviamo in un lieu dit che originariamente, seguendo gli indizi che ci fornisce il nome, doveva essere interamente recintato da un piccolo muretto in pietra. Il domaine ne possiede la quasi totalità (88%) mentre la restante parte appartiene ad una famiglia limitrofa che, per ragioni di gelosia ed ostilità, preferisce declassare le uve e inserirle all’interno dell’uvaggio “village” piuttosto che venderle ai vicini.

Come noi tutti sappiamo, i francesi sono molto simpatici ed amichevoli, soprattutto fra di loro.

Il vino mi sorprende per acidità e tenore dei tannini. Mentre per un verso vi è una buona freschezza, per altro verso il tannino risulta morbido e suadente. È vero, lo avrei immaginato un po’ più pungente. I sentori di frutta sono pressoché simili al village e nel complesso vi è maggiore eleganza ma considerato il prezzo, rimango dell’idea che il village possegga una nota più vivida.

Latricières-Chambertin, Grand Cru, 2015. 
Si tratta di una particella posseduta dalla famiglia e pari a 0,67 di un ettaro.
Originariamente non doveva esser un luogo cosí ricercato per la coltivazione, almeno cosí sembra dal richiamo alla parola La Tricière. Tuttavia già nel medioevo le cose cambiano e questa piccola area acquisisce l’appellativo di “Petite Merveille“.

Il vino possiede una profonda finezza nei sentori di frutta nera – mora, mirtillo, liquirizia e spezie. Al palato esprime una grande complessità aromatica e risulta concentrato, direi quasi massiccio e robusto. Rimane comunque elegante e seducente con tannini gourmet. Piuttosto rotondo e con un finale persistente e piacevole; si dice che sia “maschile e molto equilibrato”.

Sinceramente, è un vino che mi ha enormemente sorpreso per il suo spessore, lo definirei un guerriero intelligente e valoroso. Potreste controbattere dicendo che si tratta pur sempre di un grand cru, tuttavia non è mai scontato, specie perché la Borgogna risente tantissimo dell’andamento delle annate. La 2015 ha veramente sorpreso un po’ tutti con un crescendo che a partire da Marzo ha permesso di raggiungere a pieno e con grande tempismo tutte le tappe di maturazione della pianta. I vini non fanno altro che confermarlo.

Certo, un minimo di invecchiamento – quasi fisiologico – è necessario, tuttavia i vini sono già fenomenali.

Cosa resta in me di questo viaggio? La convinzione, già espressa in passato, che la Francia abbia azzeccato a pieno un sistema di classificazione naturalmente adatto alla valorizzazione di aree fuori dal comune e la Borgogna è la più alta esemplificazione di tutto questo.

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Salvatore Agusta

Giramondo, Francia, Lituania e poi Argentina per finire oggi a New York. Laureato in legge, sono una sorta di “avvocato per hobby”, rappresento uno studio di diritto internazionale negli Stati Uniti. Poi, quello che prima era il vero hobby, è diventato un lavoro. Inizio come export manager più di 7 anni fa a Palermo con un’azienda vitivinicola, Marchesi de Gregorio; frequento corsi ONAV, Accademia del Vino di Milano e l’International Wine Center di New York dove passo il terzo livello del WSET. Ho coperto per un po’ più di un anno la figura di Italian Wine Specialist presso Acker Merrall & Condit. Attualmente ricopro la posizione di Wine Consultant presso Metrowine, una azienda francese in quel di New York. Avevano bisogno di un italiano ed io passavo giusto di là. Comunque sono astemio.

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