Ora basta cavolate, lo dice l’Istat: tra 20 e 34 anni oggi si beve più vino di 15 anni fa

Ora basta cavolate, lo dice l’Istat: tra 20 e 34 anni oggi si beve più vino di 15 anni fa

di Jacopo Manni

Cronistoria di una incomprensione.
Incipit.
Nel nuovo inserto dedicato all’enogastronia, chiamato CIBO – curato da Sonia Ricci, allegato al quotidiano Domani edito da Carlo de Benedetti e diretto dal bravo Stefano Feltri – Jacopo Cossater scrive un bellissimo pezzo: Il mondo del vino non sa che fare con i millennial.

L’articolo parla del trend ormai costante del calo mondiale dei consumi di vino, e del fatto che i millennials – cioè i nati tra l’80 e il ’96 – abbiano capacità di spesa minori rispetto a chi aveva contribuito a trasportare il mondo del vino verso l’Eldorado, cioè i Baby Boomers, cioè i nati durante il boom economico (a spanne, 1946-1964).
Jacopo amplia il raggio e parla di trend mondiali, non solo europei né tantomeno italici, citando tra l’altro signori articoli come quelli di Eric Asimov sul New York Times e di Janice Williams su The Drop. Oggetto è il cambio generazionale tra Baby Boomers e millennials, e di come questi ultimi nel vino abbiano un approccio più orientato all’aspetto salutistico. Più birra artigianale e cocktail e meno vino per i 40enni. La conclusione, secondo Cossater e gli autori che cita, è che per parlare ai millennials serva una nuova comunicazione del vino.

Sviluppo.
Il pezzo fa rumore e viene ripreso.
Su The Internet Gourmet esce un pezzo di Angelo Peretti intitolato Il vino, i mercanti e gli uomini saccenti.
Cito:”L’assunto è che i nati nel nuovo millennio abbiano un approccio con il vino – e io aggiungo anche con il lavoro, con lo studio e con la socialità – lontano da quello dei genitori, perché sono portatori di valori diversi da quelli dei genitori.” Angelo Peretti nel suo articolo fa un bellissimo atto di accusa verso la vecchia generazione, in cui lui si riconosce, riponendo grandi speranze nelle nuove generazioni. Secondo lui i millennials.

Pietro Stara poco dopo riprende entrambi i pezzi, citandoli, per scrivere sul suo blog Vino e Storia, che seguo con piacere, un articolo dal titolo: Forse i millennial non sanno che farci con il vino. Alcuni spunti a partire dagli articoli di Jacopo Cossater e Angelo Peretti. Stara parla dei millennials come della nuova generazione che si è allontanata dal vino per ragioni sociologiche, politiche. Parlando di cambiamento di paradigma culturale, le nuove generazioni, secondo Stara i millennials, hanno cambiato l’approccio al bere passando dal vino ad altre bevande.

Considerazioni.

Credo ci siano almeno due cose da chiarire in questa faccenda.

La prima è il consumo di vino dichiarato dall’Istat. Come sempre fondamentale, a tal proposito, il supporto offerto da Marco Baccaglio col suo I numeri del vino, sito stracolmo di dati preziosi tra cui questi: Il consumo di vino in Italia – dati 2021 per regione e classi di età.

La tabella che segue è fondamentale per il discorso che stiamo facendo, perché spesso si ha una percezione del reale che poi i dati brutalmente negano.

Secondo l’Istat, le fasce d’eta tra gli 11 e i 17 anni dimostrano consumi di vino in calo (e questa notizia ce la giochiamo in tutte le chat della scuola, così le mamme volano).

La cosa sorprendente e fondamentale da sottolineare è però che la fasce tra i 18 e i 34 anni sono in netta crescita per consumi di vino, con i 20-24 anni al top.

La fascia di età dei 35-44 anni è praticamente ferma ai consumi del 2007. La fascia di età che invece si conferma in discesa è proprio quella dai 45 ai 64 anni. Una generazione che si dimostra forse spaventata dall’alcool e dal vino.
I numeri poi crescono ancora anche per i più agée…“e vèn l’è (ancora) la tèta di vècc”!

La seconda considerazione, che fa perdere totalmente il fuoco sull’articolo di Jacopo Cossater e su quelli da lui citati, è che troppo spesso in Italia confondiamo le sigle anglofone inventate per catalogare le generazioni.

 

millenials-infografica

Come si vede nell’infografica, i millennials di cui parla Cossater nel suo articolo non sono i cosiddetti giovani ma sono i 40enni di oggi. Io sono nato nel 1978 ma come tanti mi sento proprio dentro questa fascia. I millennials siamo noi, e anche Jacopo Cossater mio coetaneo, e anche se nati appena prima ci sentiamo giovani millenari.

wiki

Ultima infografica, stavolta da Wikipedia, e considerazioni conclusive coi dati ISTAT alla mano.

Gli Alpha – i giovanissimi – stanno bevendo meno vino.
Gli Z stanno alzando i consumi a bestia.
I millennials tengono botta.
Gli X unica fascia in flessione con gli Alpha.
I baby boomers eroici sono in aumento.

Chiusura squisitamente personale che non verrà rilevata dall’ISTAT, ma visto che ognuno proietta sul mondo il proprio sentire senza alcun supporto numerico a corredo, lo faccio anche io.

Occhio ai romantici dei tempi andati: io fino ai 20 anni bevevo merda e molto poca di quella era vino, mentre adesso vedo tanti ragazzi che a 20 anni ne sanno già più di me ed hanno passione e fame di conoscenza. Prima di parlare e giudicare è sempre meglio riflettere bene. Il vino i giovani lo bevono eccome. Solo che spesso non capiamo bene chi siano i giovani.

[Credits Foto cover e Infografica Millennials]

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Jacopo Manni

Nasce a Roma ma si incastella a Frascati dove cresce a porchetta e vino sfuso. L’educazione adolescenziale scorre via in malo modo, unica nota di merito è aver visto dal vivo gli ultimi concerti romani dei Ramones e dei Nirvana. Viaggiatore seriale e campeggiatore folle, scrive un libro di ricette da campeggio e altri libri di cucina che lo portano all’apice della carriera da Licia Colo’. Laureato in storia medievale nel portafoglio ha il santino di Alessandro Barbero. Diploma Ais e Master Alma-Ais, millantando di conoscere il vino riesce ad entrare ad Intravino dalla porta sul retro.

11 Commenti

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Pietro Stara

circa 2 anni fa - Link

Ringrazio Jacopo Manni per questo suo articolo, molto preciso e ricco di dati e provo a dire la mia. Prendendo spunto dagli articoli di Jacopo Cossater e di Angelo Peretti, ho colto l’occasione per parlare di un fenomeno, di lunga durata (almeno quarantennale) a mio avviso, in cui il vino, l’approccio al vino, il consumo del vino e le discussioni intorno al vino hanno cambiato di paradigma culturale. O di paradigmi e con le relative cesure generazionali. Leggo, con grande piacere, che alcune fasce giovanili starebbero invertendo la tendenza al ribasso nei consumi del vino. Se questo avviene, come dicono i numeri, avviene sempre all’interno di nuovi modelli culturali e di consumo (qualità, etica produttiva, quantità e così via). Bene, potrei chiuderla qui e ritirarmi doverosamente nelle mie stanze. Ma voglio aggiungere alcuni dati a supporto di quanto scritto e di quanto letto e compreso: le statistiche sono una bruttissima bestia. Alcune, analizzate in termini assoluti, danno certe indicazioni (come ad esempio il trend di crescita evidenziato). Gli stessi dati usati in termini comparativi o associati ad altri macro-insiemi dicono ancora altre cose. E così leggo: “Nel lungo periodo esiste una relativa stabilità della quota di italiani che beve vino: erano il 58% nel 1993, sono il 55,5% nel 2020. Nello stesso arco di tempo la quota di giovani che beve vino è salita dal 48,7% al 53,2%, mentre quella che beve più di mezzo litro al giorno è scesa in picchiata dal 3,9% a meno dell’1%.
Tra i giovani che consumano vino, il 70,9% lo fa raramente, il 10,4% uno o due bicchieri al giorno e il 17,3% solo stagionalmente. I numeri dicono che il consumo di vino è un invariante delle abitudini, componente significativo della buona dieta guidato dalla ricerca della qualità e dal suo ruolo di moltiplicatore della buona relazionalità. La risultante di tutto ciò è un rapporto responsabile e maturo”. (Fonte Enpaia Censis).

Vorrei soffermarmi su questi ultimi dati: il 70,9% dei giovani, una quota molto rilevante, beve vino raramente (mi piacerebbe chiedere agli estensori della ricerca che cosa significhi il termine “raramente” in termini statistici). A questa quota si aggiunge che il 17,3% beve vino solo stagionalmente (mi piacerebbe chiedere agli estensori della ricerca che cosa significhi il termine “stagionalmente” in termini statistici).
Se i dati sono corretti questo significa che l’88% della popolazione giovanile interessata dal campione statistico beve poco vino (raramente o stagionalmente). E dunque il dato di incremento relativo deve essere per forza rapportato a questi altri macro-insiemi.

Il tutto mi fa pensare ancora ad un altro aspetto: forse l’articolo di Jacopo Cossater non era così sballato e, di rimando, neppure gli altri.

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Jacopo Manni

circa 2 anni fa - Link

Ciao Pietro, sono io che ringrazio te della risposta puntuale e cordiale che apre un bel dibattito.
Ti rispondo con un dato che mi è stato girato stamattina da Alessandro Franceschini di AIS Lombardia che secondo me è molto interessante.
Alessandro ha fatto un grande lavoro per provare a capire meglio chi sono davvero i soci AIS della regione con più iscritti a livello nazionale, la regione che da sempre traina il mondo vino soprattutto nei consumi, nelle evoluzioni e nei nuovi trend.
Semplicemente analizzando il dato anagrafico degli oltre 6000 soci:
Il 7.6% è nella fascia 18-24 anni
26.3% fascia 25-34 anni
24.5% fascia 35-44 anni
22.1% fascia 45-54 anni
14% fascia 55-64 anni
5.2% fascia over 65
Possiamo dire che non parliamo qui di dati dei consumi, e che magari un percorso che è comunque anche di formazione viene scelto maggiormente da fascie giovanili, ma incrociando i dati Istat sui consumi quello che penso non possiamo assolutamente affermare è la disaffezione delle fasce giovanili per il vino.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 2 anni fa - Link

Bell'articolo, documentato e puntuale. Dopo tutti quegli articoli temevo che fossi solo io a vedere sempre più giovani con il bicchiere di vino in mano, e ora ripiglio fiato. Ohhh..... noi del vino camperemo ancora! Già da agrario, vecchio, grasso, politicamente scorretto e di famiglia vecchiotta mi sentivo in via estinzione, se spariva anche il vino era finita!

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Marco

circa 2 anni fa - Link

Anch’io sono del ‘78, ho letto un articolo interessante che definisce una generazione mediana che va dal 78 al 82 come Xennial. Tale generazione ha gli strumenti per capire sia la gen x che i millennial. In pratica smanettavamo computer e tecnologia da giovanissimi, ma sappiamo anche togliere il pallone incastrato sotto le auto. Siamo quindi il top, o no?

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Invernomuto

circa 2 anni fa - Link

Ma difatti ci sono più persone che bevono vino, chi è nel settore e il vino lo fa/lo vende (magari da almeno una quindicina d'anni o meglio 20), si rende conto di questa tendenza. Il problema è che le QUANTITA' consumate sono in calo verticale. Si beve meglio, si comprano più bottiglie e meno sfuso, si premia qualità e magari approccio ambientale, ma il vino non è più alimento, è in tutto e per tutto un bene voluttuario, e quindi più volatile di prima nelle quantità consumate.
Provo a vedere il sito sui numeri del vino se ci sono tabelle riassuntive sui lt procapite di consumo.
Sarà una mia percezione ma mi sembra che di vino se ne parli tanto (troppo oramai) e se ne beve ben poco. E la cosa più preoccupante è l'offerta decuplicata in 10 anni che non va a braccetto con una egualmente decuplicata domanda. Quindi dove vende tizio non vende caio (ovviamente analisi volutamente riduttiva, dipende tantissimo dalla tipologia di vino/denominazione)

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Nelle Nuvole

circa 2 anni fa - Link

Sì, vabbé, le statistiche parlano e chi sa leggerle può fornirela propria interpretazione. Lasciamo perdere che quel disegnino con le varie faccine è molto più influenzato dal Nord America che dall'Europa, lasciamo perdere che gli anni indicati come confine fra una generazione e l'altra sono disputabili, ma almeno ragioniamo su questo: la mia generazione boomer o appena Y, da ggiovane si faceva di canne, Coca Cola, birra pisciosa. Il vino lo bevevano i genitori contro i quali protestare; se questi erano della "classe operaia" o "contadina" bevevano roba sfusa, grezza, l'importante era che li stordisse e alleviasse la quotidiantià. Se i genitori appartenevano alla borghesia o più su, bevevano roba imbottigliata, molto spesso di produzione regionale. Se erano ancora più in alto come estrazione sociale e censo, bevevano Champagne e poco altro. Chi è venuto dopo non ha avuto né motivo, né voglia, di protestare contro igenitori. Secondo me è cambiata la curiosità, oltre all'approccio, ma è cambiata in meglio. Se il consumo di vino è calato, è aumentata la qualità di tale consumo. Fine.

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...CITO: "...Secondo l’Istat, le fasce d’età tra gli 11 e i 17 anni dimostrano consumi di vino in calo (e questa notizia ce la giochiamo in tutte le chat della scuola, così le mamme volano)." ... PROVO A RISPONDERE facendo una riflessione : forse a 11 anni la consapevolezza del bere bene non è così radicata , salvo non ci sia una cultura ed educazione famigliare adeguata . Che sia in calo rispetto al passato mi sembra normale , anche obnubilati dai messaggi mediatici non sempre orientati alla cultura , appunto, del "bere bene" .Ecco , forse il concetto sta nella "cultura del bere" non legata alla cultura dello sballo oppure dell'effetto psicotropo dell'alcool è strettamente connesso alla comunicazione di massa. La parola chiave è "cultura" , nel significato più profondo e catartico del termine , legato al vino ...

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Jacopo Manni

circa 2 anni fa - Link

Quella fascia è emblematica secondo me infatti. Come dice Nelle Nuvole qui sopra è cambiata la curiosità, e sono d'accordo, ma soprattutto è cambiata la cultura del bere, come credo di aver capito tu intendi, e secondo me in meglio. Nel 2007 che bevesse il 7% dei ragazzini tra 11 e 13 anni era a mio parere una stortura della visione contadina del vino, come alimento o come ti pare. Stessa cosa per il 23% dei 13-17.
Adesso è tra l'altro anche in vigore il divieto di somministrazione e vendita di bevande alcoliche (di qualsiasi gradazione) ai minori di anni 18 (DL.n.14 del 20/02/2017).

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Lanegano

circa 2 anni fa - Link

Solidale con Manni : anch'io ho bevuto mer*a o quasi fino all'età della ragione quando fui fulminato da Bacco che mi convertì a lidi ben più interessanti.... :)

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Pietro Stara

circa 2 anni fa - Link
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Omikelet

circa 2 anni fa - Link

Credo che la scoperta del piacere del vino si associ banalmente a qualche soldo più in tasca dai parte dei giovani e a una curiosità che, per fortuna, a quell’età non manca. Quando avevo io vent’anni d’altra parte il tormentone era “basta che faccia grado”, adesso con gli amici storici si fanno le serata di Champagne e Nebbiolo alla cieca. Credo anche le nuove “mode” di alcolici investano di più i giovanissimi, poi una certa classicità enologica emerge alla lunga (noblesse oblige ?).

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