Ningxia, il vino cinese non è mai stato così vicino

Ningxia, il vino cinese non è mai stato così vicino

di Salvatore Agusta

Ningxia, Helan Mountain province. Come detto in passato, è di questo che voglio parlarvi oggi, perché ad oriente cominciano a far sul serio e presto potremmo trovarci a far i conti con qualche bottiglia cinese. Allora conviene saperne un po’ di più prima di cadere in facili pregiudizi.

Alcuni numeri

Ningxia, provincia a ovest di Pechino, rappresenta la realtà vinicola cinese più interessante al momento; ad oggi vi sono circa 100.000 acri vitati (circa 40.000 ettari) per un totale di 100 cantine e, secondo le stime recenti del dipartimento cinese dell’agricoltura, un totale di 120 milioni di bottiglie prodotte, la stragrande maggioranza provenienti da grandissime aziende, poli produttive. La capitale di questa provincia è Yinchuan (fiume d’argento, un po’ come nel caso del Rio de la Plata in Argentina).

Questa zona è sempre stata al centro dell’influenza occidentale, non dimentichiamoci che già circa 2000 anni fa era ben conosciuta per esser una tappa importante nella famosissima via della seta, cuore pulsante degli scambi tra Europa e Asia. Non più tardi di 5 anni fa, gli ufficiali del governo hanno ricevuto l’ordine diretto da Pechino di costruire una vera e propria Route de Vins, proprio come a Bordeaux. Le montagne Helan in Ningxia vennero scelte poiché mostravano le qualità necessarie: clima continentale, altitudine, ventilazione costante e suolo sabbioso con terriccio roccioso. In altre parole, vennero identificate le basi di un possibile terroir.

Un piano d’investimento nazionale

Le migliori risorse marketing e produttori ambiziosi negli ultimi 5 anni stanno lavorando alacremente per la conquista di una fetta importante di mercato, e perché no, di celebrità. Per un verso risentono dell’inesperienza, per altro verso hanno ben chiaro che chiedere supporto alle maestranze francesi rappresenta un obbligo, specie se si vogliono raggiungere certi obiettivi e magari, seppur prematuro, munirsi di una classificazione interna come quella di Bordeaux nel 1855, può fare la sua parte.

regioneLe tenute di vino in Ningxia sono disponibili in diverse forme e dimensioni. Molte appartengono a privati investitori, cinesi o stranieri. Lo stato cinese è rappresentato da Chateau Yunmo, di proprietà della gigantesca compagnia alimentare COFCO. Le loro uve sono usate principalmente per la linea Greatwall ispirata alla famosissima muraglia.

L’enologo ha passaporto cinese, ma ha già lavorato in Cile, Francia e Australia. È venuto a Ningxia 4 anni fa e da allora ha ottenuto grandi risultati. Michel Rolland dice di alcuni di questi vini: «sono piacevoli, con struttura e freschezza; posseggono una ottima longevità e grandi margini di evoluzione». 

Sebbene gli inverni siano oltremodo freddi, si stima che le viti non possano sopravvivere più di 20 anni a queste latitudini, per fare vini di qualità il freddo è decisamente un elemento chiave. L’estate è calda, ma con un notevole sbalzo termico notturno, il che consente ai vini di avere una buona acidità. È una regione secca – riceve solo 200 mm di pioggia all’anno – l’irrigazione di sostegno a partire dalla tarda primavera può esser necessaria, ma il vantaggio è che raramente si verificano infestazioni di funghi. L’acqua di irrigazione proviene dal vicino fiume Giallo, la qual cosa mi lascia un po’ perplesso.

Il vino e i cinesi

Nel 2007, Chen Qi, managing director del colosso Ho-Lan Soul ha deciso di investire in questa area, acquistando qualcosa come 6000 ettari e piantando viti in circa la metà della superficie. Produzione interamente certificata biologica; assicurano sia uno spicchio di terra lontano da ogni forma di inquinamento. Vista la nomea che possiede la Cina si tratta di una mossa marketing, diretta a massimizzare quanto più possibile il consumo interno a discapito delle importazioni.

Va tuttavia precisato che la cultura del vino, o più in generale del consumo di alcol, non appartiene per nulla a queste popolazioni. Si tratta di una sorta di inabilità intrinseca. Infatti, per via dell’assenza di uno specifico enzima, usato dal corpo umano per il metabolismo dell’alcol, un terzo della popolazione asiatica soffre di asian flush ovvero sfogo asiatico, che comporta rossore della pelle e una forte reazione allergica a livello cutaneo, che in casi particolari può portare a forme di cancro.

Inoltre va ricordato che, ancora oggi, il vino rappresenta un bene di lusso. Il costo medio di una bottiglia (tra i 15 e i 20 euro) corrisponde a due giorni di paga e pertanto scoraggia notevolmente la classe proletaria dal consumo. Suzanne Mustacich, scrittrice ed autrice del best seller “Thirsty Dragon”, un libro dedicato al vino in Cina, racconta che l’élite del paese agli inizi pagava somme pazzesche per vini mediocri provenienti dalla Francia, considerando quel capriccio uno status symbol. 

Se, per un verso erano (e sono ancora) in grado di clonare letteralmente una Ferrari, in tema di vini non riuscivano inizialmente a comprendere le dinamiche più semplici e moltissimi di loro ritenevano Bordeaux un marchio di produzione piuttosto che un’area francese. Forse è anche per questo che il governo ha voluto dare un forte input alla produzione, creando esperti cinesi grazie alle collaborazioni con altri paesi produttori. Dal 2005 ad oggi le cose si sono rovesciate indiscutibilmente ed oggi la Cina rappresenta il decimo paese al mondo per la produzione di vino secondo le stime OIV, superando di gran lunga Argentina, Australia e Chile.

Produzioni e cantine da tenere a mente

Non vi sorprenderà sapere che anche da queste parti le principali varietà coltivate sono cabernet sauvignon, merlot, e chardonnay. Jancis Robinson, in tema di produzioni locali, tende a concentrare l’attenzione sui rossi di corpo, pienamente maturi ma con ottimo equilibrio, capaci di esprimere grande longevità e potenzialmente strutturati per evolvere col tempo. Andrebbero paragonati principalmente ai vini californiani ma, rispetto a questi ultimi, posseggono un briciolo di eleganza in più.

Robinson tuttavia precisa quale sia il vero – o meglio predominante – obbiettivo degli investitori cinesi. Rivela infatti che secondo quanto sostenuto da Hao Linhai, ufficiale governativo in carica sino al 2016 per lo sviluppo della viticultura in Ningxia, lo sforzo maggiore non viene dedicato alla coltivazione dell’uva, bensì alla trasformazione della stessa in vino che possa esser decentemente venduto. Qualità e longevità della produzione non sono dunque priorità per il governo.

Tra le cantine più accreditate forse Château Yuange è quella con maggiore qualità. Si tratta di una cantina di circa 60 ettari e con una produzione di 150.000 bottiglie. La prima annata è stata il 2010. Château Yuange, Yuange Yuexiang Cabernet Sauvignon, Ningxia, China, 2015 ha il giusto equilibrio e struttura. I frutti di bosco sono soffici e maturi mentre l’utilizzo di rovere francese, d’obbligo anche da queste parti, è ben misurato, il che garantisce uno ottimo equilibrio e quelle leggere note di vaniglia che fanno da cornice ai frutti polposi.

Silver Heights produce ottimi rossi, dal tipico taglio bordolese.Di Silver Heights, Family Reserve, Ningxia, China, 2013 (cabernet sauvignon 80% merlot 20%) vengono prodotte solo 20.000 bottiglie, il che equivale a nulla per la Cina, e la maturazione avviene sia in barrique che in tonneaux. Emma Gao Yuan gestisce la cantina insieme a suo marito Thierry Courtade. Originaria di Ningxia, è stata tirocinante al Château Calon Segur a Saint Estèphe, dove ha incontrato Thierry, enologo. Hanno iniziato a Ningxia nel 2007 e nel 2014 hanno costruito la loro nuova cantina.

Sebbene non vi sia affatto un grande mercato per i vini bianchi, non mancano ottime produzioni di chardonnay e riesling italico (Welschriesling). Château Zhihui Yuanshi, Chardonnay Shidai, Ningxia, China, 2015 è curato dall’enologo Yang Weiming. La vinificazione predilige le note fruttate pure e la scelta di evitare passaggio in legno garantisce un vino delicato, floreale e piuttosto pungente. Sembrerebbe l’ideale per l’abbinamento con la cucina locale, vista la piacevole acidità.

Nel complesso Ningxia rappresenta forse una delle mete più disorientanti ma allo stesso tempo intriganti regioni vitivinicole del mondo. Si tratta di una zona cosí antica ma tuttavia giovane, nel pieno del suo sviluppo; ho l’impressione che  ne sentiremo parlare ancora.

Immagini: Wineningxia.com

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Salvatore Agusta

Giramondo, Francia, Lituania e poi Argentina per finire oggi a New York. Laureato in legge, sono una sorta di “avvocato per hobby”, rappresento uno studio di diritto internazionale negli Stati Uniti. Poi, quello che prima era il vero hobby, è diventato un lavoro. Inizio come export manager più di 7 anni fa a Palermo con un’azienda vitivinicola, Marchesi de Gregorio; frequento corsi ONAV, Accademia del Vino di Milano e l’International Wine Center di New York dove passo il terzo livello del WSET. Ho coperto per un po’ più di un anno la figura di Italian Wine Specialist presso Acker Merrall & Condit. Attualmente ricopro la posizione di Wine Consultant presso Metrowine, una azienda francese in quel di New York. Avevano bisogno di un italiano ed io passavo giusto di là. Comunque sono astemio.

1 Commento

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Vinocondiviso

circa 6 anni fa - Link

Proprio qualche giorno fa ho assaggiato il Ningxia Cabernet Sauvignon 2013 - Legacy Peak: non si siamo proprio, dolciotto e molle.

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