Nero D’Avola e Sicilia DOC, un altro post un po’ didattico
di Jacopo CossaterCome anticipato ormai diversi mesi fa ecco il seguito dell’approfondimento dedicato alla DOC Sicilia e ai suoi vini/vitigni più rappresentativi, report di un workshop distribuito su due giornate organizzato a Palermo proprio dal consorzio di tutela. Dopo il grillo è il momento del nero d’Avola, varietà forse più nota di quella bianca di cui avevo scritto a marzo (e ben più diffusa con i suoi oltre 14mila ettari a livello regionale – circa 9mila quelli del grillo).
Una spiegazione del suo nome potrebbe trovare radici nella lingua antica siciliana dove “Calea” stava per uva e “Aulisi” per Avola, dunque “Calaulisi” come uva di Avola. Noto anche con il nome di calabrese, se un tempo era coltivato soprattutto in provincia di Siracusa oggi è presente in modo esteso in tutte le provincie e, in ben cinque di esse, è la cultivar più rappresentativa (Agrigento, Caltanissetta, Siracusa, Ragusa ed Enna) mentre nelle altre figura al secondo (Palermo, Catania, Messina) o al terzo posto (Trapani).
Tale sinonimo con il quale era conosciuto in passato (calabrese) non si riferisce alle sue origini, ma alla fama che avevano i vini calabresi (probabilmente accomunati dalle loro caratteristiche qualitative, colore e zuccheri, riconducibili a varietà prodotte nel meridione d’Italia, nda).
Il vitigno era noto in Sicilia fin dalla fine del 1600 ed era giudicato molto per la buona qualità della sua uva da vino ed era compreso in un gruppo di varietà dette Calavrisi o Calaulisi, con un aggettivazione di provenienza come Palermo, Avola, o di colore (niuro). Alla fine dell’800 nel bollettino ampelografico siciliano compaiono le prime descrizioni di alcuni Calabresi (dolce, d’Avola, di Leofonte, ecc.) e si ipotizza un’altra origine del nome, da “colaurisi”, “colaulisi”, “calavrisi”, dove calea sta per uva (dialettale di “racina” in siciliano) e aulisi per Avola, nella denominazione popolare e quindi Calaurisi o Calaulisi e da questo Calavrisi è divenuto Calabrese probabilmente perché con il termine calabrese si indicava un tipo di vino ottenuto lavorando le uve con il metodo calabrese e che veniva prodotto e commercializzato in differenti tipologie nella Sicilia orientale.
I territori di elezione per la coltivazione di questo vitigno erano quelli di Pachino e Vittoria, che producevano vini molto richiesti dal Midì della Francia nel periodo della crisi fillosserica, che li spediva successivamente nel Bordolese, sotto la denominazione di vino di Pachino.
Parlare di nero d’Avola significa avere a che fare con una varietà con una buona capacità di accumulo degli zuccheri, con una buona tenuta dell’acidità anche in presenza di zuccheri elevati, che si caratterizza per un’acidità prevalentemente tartarica, per un’acidità totale elevata e un pH piuttosto basso, con pochi antociani e con pochi tannini.
Questo il quadro generale. La Sicilia è però regione particolarmente vasta e quello del nero d’Avola percorso tutt’altro che lineare, che lo ha portato ad essere presente nelle varie aree attraverso storie e tracciati differenti. Non esistono infatti solo differenze di carattere territoriale ma anche genetico, tanto che sono ufficialmente riconosciuti almeno tre biotipi di nero d’Avola “che si caratterizzano sia per aspetti morfologici, in special modo forma e dimensione del grappolo, sia per quelli agronomici ed enologici. Questi tre biotipi sono identificati come biotipo A, individuato nell’area della Sicilia centro-meridionale, il biotipo B quello maggiormente diffuso sul territorio isolano ma identificato nella Sicilia occidentale, ed infine il biotipo C proveniente dall’area viticola della Sicilia sud-orientale.”
L’occasione è stata buona anche per assaggiare una cinquantina di Sicilia Nero d’Avola DOC di varie annate, provenienti da quasi ogni angolo della regione, degustazione perfetta tanto per approfondire la tipologia quanto per iniziare a farsi un’idea a proposito delle sue differenti espressioni in diversi contesti territoriali.
Questi i cinque che mi sono segnato in grassetto, quelli capaci di spiccare in termini proprio di espressività e di qualità assoluta:
- Baglio del Cristo di Campobello, Sicilia Nero d’Avola DOC “Lu Patri” 2018 – (Campobello di Licata, AG)
Piccante, balsamico, fresco, di buona struttura con una piacevole scodata salina prima di un finale molto sul frutto. Saporitissimo. - Riofavara, Sicilia Nero d’Avola DOC “Spaccaforno” 2019 – (Ispica, RG)
Sapido, richiama il bagnasciuga e mi riporta per questo con la mente ad alcuni dei migliori Nero d’Avola abbia mai assaggiato, quelli più profondi, marini, “acciugosi”. Preciso nel sorso, appena largo sul finale. - Leonarda Tardi, Sicilia Nero d’Avola DOC “Alikase” 2019 – (Salaparuta, TP)
Sapido, marino, caratterizzato da un bel ventaglio di frutti rossi, prugna in particolare. Dal tannino tenace ma ben integrato. - Masseria del Feudo, Sicilia Nero d’Avola DOC “Rosso delle Rose” 2018 – (Contrada Grottarossa, Caltanissetta)
Ambizioso su toni anche di rovere, austero e serioso con un lato fruttato che piano piano emerge specie al palato fino a una chiusura di particolare incisività. - Salvatore Tamburello, Sicilia Nero d’Avola DOC “306 N” 2018 – (Poggioreale, TP)
Il frutto è rosso e fresco, croccante e succoso. Assaggio funk, divertente, vivace nella freschezza e incisivo nel sapore. Piace e invita al riassaggio.
[immagine: Sicilia DOC]
6 Commenti
marcow
circa 2 anni fa - LinkÈ un bel post (didattico) che dovrebbe spingere alla PARTECIPAZIONE, a COMMENTARE...quelli che hanno una concezione riduttiva di Intravino. Per cui bisogna LIMITARSI...a parlare di... Etichetta, retro etichetta, capsula, sughero (o Stelvin), bottiglia e liquido... TUTTO IL RESTO È NOIA. __ Allora io dico ai riduzionisti: fatevi sotto, partecipate, commentate di più. Non lasciate spazio a quelli che vi annoiano. Non limitatevi a sbuffare C-O-M-M-E-N-T-A-T-E di più. E, soprattutto, sforzatevi di capire che alcuni post di Intravino non parlano soltanto di... Etichetta, retro etichetta, capsula, sughero (o Stelvin), bottiglia e liquido...
Rispondimarcow
circa 2 anni fa - LinkNon lasciate spazio a quelli che vi annoiano. (o vi stanno sulle p....)
Rispondivinogodi
circa 2 anni fa - Link... Marcow , mi sembra un piccolo attentato alla spontaneità di intervento...
RispondiBT
circa 2 anni fa - Linkavete mai bevuto un catarratto buono? se sì indicatemelo. grazie
Rispondifranco
circa 2 anni fa - Linktenuta di fessina.. a puddara.. ciao!
RispondiGervasio
circa 2 anni fa - LinkAntisa '14 Tasca d'Almerita di gran lunga il miglior catarratto mai bevuto, finezza e profondità in barba alla pessima annata... Franco, 'a puddara è un carricante, ti sei confuso...
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