Ne sanno parecchie da Guffanti, la cantina dei formaggi allevati

Ne sanno parecchie da Guffanti, la cantina dei formaggi allevati

di Giorgio Michieletto

Per ogni appassionato di formaggi, una visita nelle cantine di Guffanti ad Arona, sul lago Maggiore, è una sorta di pellegrinaggio obbligatorio: dal 1876 la Luigi Guffanti “alleva” i formaggi più che affinarli. Perché le forme sono vive e non muoiono mai. Proprio come il vino.

È partendo da questa riflessione che con Davide Guffanti Fiori ci immergiamo nei corridoi sotterranei, ripetendo come un mantra che il buon formaggio è a latte crudo, da animali felici, meglio se al pascolo. Fuori 35 gradi, sotto 13,4. Circa 400 diversi prodotti di 160 casari sono custoditi qui, pronti per partire verso le tavole gourmet di tutto il mondo solo quando saranno pronti, maturi.
Del lavoro di Guffanti, allevatore di formaggi, si potrebbe parlare a lungo – rimando anche al sito aziendale, molto ben fatto –  e ha senso condividere qualche spunto di riflessione a ruota libera partendo dalle suggestioni intercettate in azienda.

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Il concetto più affascinante nella filosofia di Guffanti è quello di cantina come una sorta di secondo terroir. Non stiamo parlando solo di condizioni ideali per l’affinamento (scaffalatura in legno, temperatura costante fra 10 e 15 gradi, al bando l’aria secca nemica), ma del valore aggiunto di un locale di stagionatura, cioè la sua storia, “quella sedimentazione di anni, o meglio sarebbe di secoli, che crea un microclima frutto di selezione batterica”, spiega Guffanti. “Condizioni che si possono trovare esistenti o ricreare ad hoc”. “Come ritroviamo in un formaggio l’armonia dei pascoli che hanno alimentato l’animale e il marchio del casaro, così dovremmo poter sentire anche la storia e le caratteristiche dell’ambiente in cui è stato affinato”. Ogni cantina avrebbe quindi il suo timbro inconfondibile e giocano un ruolo la collocazione geografica, il terreno, pietre e mattoni, microclima, microfauna.

La storia di questa famiglia passa da tre luoghi magici: tutto comincia nel 1876, quando Luigi Guffanti inizia a stagionare il Gorgonzola in una miniera d’argento abbandonata in Valganna, nel Varesotto. Si tratta di una zona relativamente vicina alla città di Varese ma soprannominata la “piccola Siberia” per il clima e famosa anche per le fonti d’acqua che hanno fatto nascere proprio qui, in quegli anni, il birrificio Angelo Poretti.

L’acqua, altro spunto di riflessione molto interessante, è un fil rouge, perché dopo qualche anno “l’allevamento” di Guffanti si trasferisce ad Arona, sul lago Maggiore, dove le grotte di stagionatura vengono ricavate sotto le mura quattrocentesche della città. E cent’anni dopo, per esigenze soprattutto logistiche, un altro trasloco nel luogo che ancora oggi è il quartier generale dell’azienda: sempre ad Arona, poco più distante dal lago, ma dove una rinfrescante vena d’acqua corre dietro le pareti (durante la ristrutturazione è spuntato anche un pozzo, murato e riempito di ciotoli di fiume). Questi locali sotterranei hanno ospitato un salumificio nel corso del Novecento ma c’è un alone di mistero sulla loro storia precedente: cosa c’era ancor prima? Quel che è certo è che qui i formaggi si sentono a casa, e chi li ama in Paradiso.

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Resta però un altro giallo più personale: da gran divoratore e appassionato, finora non sono mai riuscito davvero a emozionarmi con un abbinamento formaggio-vino; a parte il classico Comté e Vin Jaune, i più centrati pairing sperimentati sono stati con la birra.

“Nella mia esperienza non cerco fuochi d’artificio ma quell’equilibrio che dovrebbe esaltare entrambi gli elementi”, ci racconta Davide Guffanti, che fra i ricordi più belli conserva un gorgonzola stagionato quasi un anno abbinato ad un gin. “Qualcuno sostiene che più la tonalità del vino ricorda o richiama il colore del formaggio più potrebbe essere azzeccato il connubio. Tutto da verificare”.

Ecco una carrellata di sette abbinamenti che – secondo Guffanti – possono sorprendere:

– Caciocavallo podolico con Riesling
– Robiola di Roccaverano Dop e Petite Arvine
– Salva cremasco e Lagrein
– Bettelmatt stagionato con Aglianico
– Silter Dop e Gattinara
– Castelmagno Dop d’alpeggio e Bovale sardo
– Pecorino di Farindola (unico formaggio al mondo con caglio di maiale) con Verdicchio di Matelica

In attesa dell’abbinamento perfetto, si continua ad assaggiare e abbinare. Ben venga qualsiasi dritta sul tema.

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Giorgio Michieletto

Giornalista professionista: ieri cronaca nera, oggi rosa. Ieri, oggi e domani: rosso, bianco & co. Varesino di nascita e cuore, milanese d'adozione e testa. Sommelier Ais. Se c'è una storia la deve raccontare.

5 Commenti

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Kalosartipos

circa 2 anni fa - Link

Ho avuto la fortuna di passare un'intera giornata, nel 2005, ad ascoltare Carlo Guffanti Fiori, alla latteria turnaria di Oira. Un assoluto maestro.

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Raffaele

circa 2 anni fa - Link

– Pecorino di Farindola (unico formaggio al mondo con caglio di maiale) con Verdicchio di Matelica Ecco una dritta... https://www.lanuovasardegna.it/tempo-libero/2016/08/06/news/capor-il-formaggio-che-utilizza-un-caglio-di-maialetto-da-latte-1.13927326

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Raffaele

circa 2 anni fa - Link

eccone un'altra... beer pairing Barley, Baccusardus Beer est. 2004 wine pairing Sa Defenza, 3/4 Vino Bianco Macerato 2019

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Andrea

circa 2 anni fa - Link

Pregevole opera che ci avvicina leggermente alla Francia . Sulla vacca; sulla capra è ancora no contest. Comunque gli abbinamenti proposti fanno un po' tenerezza. È come usare un Bignami per non comprare laTreccani.

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thomas pennazzi

circa 2 anni fa - Link

Per gli abbinamenti coi formaggi, fate poche storie e dimenticatevi il vino. Il matrimonio d'amore è col whisky, e non di quello puzzolente. Ritagliatevi il tempo di sperimentare: gli incastri nei quali 1+1=3 non si colgono alla prima bottiglia, ma quando li scoprirete, sarà una fascinazione assoluta. In generale i whisky freschi e aromatici di frutta (non a caso: pera) sono facili da abbinare a largo spettro, più difficile è trovare la magia tra formaggi ed i whisky complessi e di grande età. Ma, ripeto, i distillati dello Speyside e anche qualche blended whisky funzionano meglio di qualunque vino (in dosi opportune). Se siete pigri e volete spendere poco, provate con un distillato di pera Williams, ma che non sia dozzinale. Meglio ancora farlo con le delizie alcoliche di Capovilla, ma qui salta la premessa iniziale. Ah, se vi consigliano di accompagnare i grandi formaggi stravecchi con un'acquavite di vino (o con qualche vinone di austera nobiltà), mandate il vostro suggeritore a mungere le capre.

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