Montalcino, tutti i Rosato di San Lorenzo fino a qui

Montalcino, tutti i Rosato di San Lorenzo fino a qui

di Jacopo Cossater

Quando Luciano Ciolfi di San Lorenzo mi ha proposto di assaggiare tutte e 6 le annate del suo Rosato non ho potuto fare altro che accettare con grande entusiasmo un’offerta che mi pareva straordinaria. Il suo è infatti vino che ho sempre bevuto con grande piacere, consapevole di avere nel bicchiere sia uno dei migliori esempi di rosato da sangiovese che un vino che si inserisce nella ben più ampia categoria dei (migliori) rosati dell’Italia Centrale.

Montalcino, appunto: non molte le aziende che nel 2014 vinificavano in rosa uve che potevano tranquillamente finire nel più remunerativo Rosso di Montalcino. Una scelta più che giustificata, è lo stesso mercato che ancora oggi premia in modo più sporadico che sistemico il mondo dei rosati toscani, specie se si parla di prezzi da considerarsi come premium, sopra ai 10 euro a bottiglia. Quello dei rosati regionali è infatti un panorama straordinariamente frammentato, fatto di vini estremamente diversi tra loro. Non è raro imbattersi in vini molto freschi da 11 gradi alcolici, color rosa tenue, e magari a poche centinaia di metri di distanza in aziende che producono un rosato da 14 gradi, rosa chiaretto se non quasi rosso. Una confusione che si riflette nella difficoltà di tracciare una tradizione ancor prima che una condivisione produttiva. Certo è che a guardare a Toscana, Lazio, Umbria e Marche sono i rosati più intensi e strutturati, quelli che hanno più ambizione, a risultare i più interessanti e in definitiva i più decisivi nel provare a tracciare una geografia dei vini rosati del Centro Italia.

Luciano aveva iniziato un paio di anni prima facendo delle prove, per fare un vino «prima di tutto che mi piacesse, da bere d’estate, un rosato che non avesse niente da invidiare agli altri miei vini», e infatti basta un veloce assaggio per capire quanto il mondo dei rosati più scarichi sia lontano dalla sua idea produttiva. Un paio di barrique all’anno, salasso da una delle vasche del Rosso di Montalcino poi a sua volta riempita con un po’ di mosto preso dalle altre, «perché non è mai stata una scelta legata alla necessità di concentrare il Rosso». Quindi legni “scarichi”, dove il mosto del Rosato fermenta e riposa fino alla fine dell’inverno senza alcun intervento, senza svinature o batonnage (questo dal 2014 al 2018, dal 2019 il Rosato di San Lorenzo viene vinificato e successivamente lasciato maturare in parte in barrique e in parte in Clavier, grosso contenitore di ceramica pensato per il vino). Tutto questo per una produzione che non supera le 600 bottiglie annue.

Rosato San Lorenzo

Ecco quindi la degustazione, tutte le annate del Rosato di San Lorenzo: dalla prima, la 2014, a quella oggi in commercio, la 2019. In apertura e in corsivo il grado alcolico e 2 o 3 parole chiave legate agli andamenti stagionali, come li ricorda Luciano. Una nota sul colore: sono tutti vini che colpiscono per luminosità e in generale per come riescono a rifrangere la luce, catturando molte sfumature. Vini visivamente molto simili tra loro, carichi, con una accenno appena più cupo in quelli meno freschi. Tutti rosati che non lasciano troppo spazio alle esilità: sono vini dal piglio deciso, ricchi di richiami e ancor più di sapore. Andiamo.

San Lorenzo, Rosato 2014
13,5% – Fredda, senza sole, piovosa, tanto lavoro in vigna e tanta selezione in cantina.

Marmellata di pompelmo, sfumature di mandarino in un contesto che richiama la frutta rossa: fragola, ribes, ciliegia. Bastano però pochi minuti affinché emerga una nota anche di pietra focaia e di leggerissimo cherosene, a indicare il passare del tempo e il carattere di quella vendemmia. È assaggio che più degli altri sembra giocato su una certa verticalità, la freschezza è netta e caratterizza in modo deciso un assaggio appagante e delicato. Attenzione: non esile come può essere un rosato provenzale a distanza di anni, è infatti altrettanto fine e sicuramente suggestivo in termini di sapore, così bello tra note di agrumi e un piacevolissimo richiamo ferroso. Chiude su una nota che ricorda la ciliegia sotto spirito in un finale teso e vibrante.

A me è piaciuto molto proprio perché fragile, evocativo, sottile. Un fascino tutto suo, legato alla sua caducità e al fatto sia così unico nel panorama di questa piccola degustazione.

San Lorenzo, Rosato 2015
15% – Calda e siccitosa

L’annata (più) calda si avverte subito, emergono infatti tonalità non solo più mature, anche sotto spirito, ma note più terziarie, solari di fieno e di cedro. Rosa, ciliegia, frutto della passione (?) per un assaggio che gioca più sulle rotondità che sulla drittezza. È ricco, potente, ampio, si potrebbe forse anche scomodare il termine glicerico per definire un sorso che non scappa e che anzi lascia una scia di deciso sapore dietro di sé, non senza una leggera bruciatura data da un calore che non lascia indifferenti. È ben integrato però, non risulta troppo fuori posto e anzi aggiunge qualcosa in termini di spessore a un Rosato ancora ben più che integro, da riassaggiare negli anni.

Tra tutti e 6 quello che ho trovato meno interessante proprio a causa di uno spessore alcolico un po’ ingombrante, il cui limite è proprio da ricercarsi in un’alcolicità fin troppo poderosa. Al netto di ogni considerazione sui suoi equilibri vino che ben si inserisce nello stile dei rosati di Luciano Ciolfi, vini che si lasciano avvolgere dal calore (e dalla luce) del sole in un contesto di sicura potenza e decisa profondità.

San Lorenzo, Rosato 2016
14,5% – Calda ma decisamente equilibrata, le piante non sono mai andate in sofferenza

Apre compostissimo su note leggermente agrumate che sfumano su piccoli frutti rossi maturi. Poi ecco un coro di tonalità floreali, violetta e rosa in particolare che piano piano lasciano spazio a profumi più baritonali, di erbe essiccate (anche tabacco) e di campo di grano in un contesto di colori che richiamano più l’alba che il tramonto. Che equilibrio, che stoffa: freschezza e calore si rincorrono lungo tutto il palato in un’esplosione di sapori che risulta perfetta: non lieve, non potente, giusta. Finale di particolare grazia e leggerissimo calore, che sfuma e che invita al riassaggio.

Continuare a ripetere quanto la 2016 sia stata annata di grazia può risultare forse stancante nella sua ripetitività. Però, che vino! Uno dei rosati più completi abbia assaggiato negli ultimi anni, vino il cui unico limite è da ricercarsi nella sua compiutezza estetica: non c’è crepa, non c’è spigolo, non c’è neo. Buonissimo, senza dubbio il miglior vino della batteria.

Luciano Ciolfi

San Lorenzo, Rosato 2017
14% – Calda e siccitosa ma gestita bene, ottime maturazioni

Arancia rossa ed erbe officinali, ciliegia matura e fieno, viola e cedro. Ricco non solo in termini di richiami ma anche di estratti: è vino pieno, rotondo, tridimensionale, che occupa più spazio degli altri senza che questo sia per lui motivo di imbarazzo. Spicca infatti per un equilibrio che colpisce tra potenza, profondità, calore alcolico e freschezza, oltre che sapore. È gustoso, ricco, appagante prima di una chiusura che ricorda soprattutto il frutto, caldo e trascinante.

Così ricco e intenso da risultare un po’ prevedibile nello sviluppo gustativo, anche se di sicuro equilibrio. Una nota di colore che vale forse la segnalazione: a distanza di 2 giorni (ogni vino è stato assaggiato lungo un arco temporale di circa 36 ore) è quella del 2017 la bottiglia al cui interno è rimasta la maggior quantità di vino, segno di un numero di assaggi inferiore rispetto agli altri.

San Lorenzo, Rosato 2018
14% – Buona annata, fredda e piovosa sul finire della stagione, a settembre

Quello dal colore meno intenso. Foglie di ribes e ciliegia, marmellata di arance e mandarino, poi ancora ribes e fragole di bosco. Assaggio raffinato, compiuto, tutto sembra al suo posto e al servizio della beva. L’acidità è rinfrescante, il calore appena accennato, al centro della bocca è saporito senza mai straboccare sui fianchi. Dritto ma non verticale, rigoroso senza mancare di generosità. Una meraviglia, ogni sorso richiama il successivo senza mai stancare. Che eleganza.

Arrivare al 2018 dopo il 2017 è stato un giro sulle montagne russe mica male: tanto era *tutto* il precedente quanto questo gioca invece una partita fatta di sottrazioni, di sfumature, di eleganza toscana. In termini di punteggio appena dietro il Rosato 2016, in termini di preferenza quello che mi porterei a casa.

San Lorenzo, Rosato 2019
14% – Annata eccellente, tutto bene dalla primavera fino alla vendemmia, ottima produzione, da ricordare

L’attacco è abbastanza delicato ed esprime note prima floreali, caso unico tra i 6, e solo dopo fruttate. Il bouquet è quello di riferimento: rosa canina prima ancora che violetta, toni agrumati, piccoli frutti rossi e infine richiami ai campi di grano, all’erba appena tagliata e in generale all’estate. È elegante, profondo, caratterizzato da un calore che fa da tratto distintivo per un assaggio pieno, molto saporito e al tempo stesso fine, di un’eleganza ilcinese che piace e convince. Chiude rinfrescando il palato, non senza il solito spessore del Rosato di San Lorenzo.

Vino fantastico, appena più snello del precedente ma non per questo meno energico. Fra i 3 che ho preferito (in ordine: 2018, 2016, 2019), già oggi compiuto, da aspettare per vedere cosa succederà e se si avvicinerà alle suggestioni degli altri 2 (direi di sì) ma già oggi godibilissimo e anche più.

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

6 Commenti

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Luciano Ciolfi

circa 3 anni fa - Link

Grazie Jacopo!!!!

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Lanegano

circa 3 anni fa - Link

Come personalissimo e ovviamente opinabile gusto personale, da amante dei rosati non acquisto quasi mai se la gradazione supera i 13.....Li trovo sempre sbilanciati in alcol e quindi penalizzati in bevibilità e freschezza, seppure buoni e ben fatti.

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ziliovino

circa 3 anni fa - Link

Quando leggo di rosati da solo salasso mi chiedo sempre perché non aggiungere alla massa una parte di uve vendemmiate in leggero anticipo, vinificate in rosato per dare freschezza, credo ci sia solo da guadagnare in equilibrio, oppure sbaglio qualcosa io? troppo complicato?

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Luciano

circa 3 anni fa - Link

Per quello che mi riguarda questa formula di produzione mi da un risultato che a me piace . Non pretendo di accontentare tutti, sarebbe impossibile, ho omologato il mio rosato al mio gusto e comunque ritengono che abbia un buon equilibrio fra struttura e freschezza. Infine sarebbe abbastanza complicato vendemmiare prima una parte, anche se potrei utilizzare quell'uva che viene scartata nell'ultimo passaggio di selezione grappoli. ................ mi sono chiesto più volte perché no e mi sono sempre risposto che l'uva di scarto darà un vino di scarto.

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Ziliovino

circa 3 anni fa - Link

grazie della risposta

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sabrina somigli

circa 3 anni fa - Link

bello leggere di una verticale di rosati di Toscana. Ancora tanto snobbati in generale, che fatica proporli! E invece danno belle soddisfazioni a partire dalla vista.

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