Monferace o del Grignolino d’eccellenza

Monferace o del Grignolino d’eccellenza

di Denis Mazzucato

Sono passati quasi due anni dalla presentazione ufficiale del Monferace, il Grignolino che ha voglia di risollevare la testa dopo decenni bui nei quali era stato relegato ingiustamente a vino grezzo e troppo leggero.

In questi due anni mi è capitato spesso di farlo assaggiare a persone che non lo conoscevano, l’ultima è stata l’amica intravinica Lisa Foletti, e sempre ne è uscito a testa alta suscitando stupore.

Come mai solo nel 2019 si è quindi scoperto che il Grignolino se coltivato e vinificato con cura resiste nel tempo e anzi migliora?

Beh, in realtà nel 2019 non si è scoperto un bel nulla: nell’800 ai concorsi internazionali il Grignolino era considerato tra i rossi piemontesi più importanti e non veniva mai presentato con meno di 3-5 a volte anche 11 anni.

E riferimenti a Grignolino invecchiati, col sentore “goudronnè” si leggono anche nella lettera di presentazione alla richiesta della DOC del 1971.

Il momento più basso della storia recente del Grignolino arrivò negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, quando salirono alla ribalta i vini marmellata, di grande struttura e concentrazione, e probabilmente gli stessi produttori monferrini smisero di crederci, relegando il vitigno una volta nobile in zone meno vocate, puntando forse per contrasto a vinificazioni quasi in rosa. L’esperimento fallì e il Grignolino venne bollato come cugino povero dei grandi rossi piemontesi.

Chi come me ha l’onore (e la sfiga insieme) di tifare Toro però sa bene quanto i ricordi dei fasti del passato siano una magrissima consolazione al triste presente, e trovare un manifesto che racconta di un Grignolino di 11 anni presentato con successo all’esposizione di Firenze del 1861 è un po’ come sentire il nonno che racconta di quando allo stadio guardava giocare Valentino Mazzola.

Ok, bello, ma oggi?

Qualche settimana fa, grazie all’Associazione Monferace e al contributo dell’enolgo Mario Ronco, di Erika Mantovan e Fabrizio Gallino abbiamo assaggiato 12 vini, quasi tutti dell’annata in commercio, più qualche campione di botte decisamente più recente.

Eccoli qui.

Vi.Ca.Ra., “Uccelletta”, 2015, Rosignano Monferrato. Circa 24 mesi in tonneau.
Naso potente e dolce di frutta rossa matura, ciliegia e amarena, poi pepe bianco, cannella e chiodo di garofano. Globalmente la sensazione è ancora di un naso piuttosto giovane.
La stessa sensazione di giovinezza è presente anche in bocca, dove un inizio goloso, fresco e polposo lascia spazio ad un finale nel quale il legno è ancora piuttosto presente. Si farà.

Sulin, “Brasal”, 2015, Grazzano Badoglio. 26 mesi di tonneau.
Naso più fresco tra la ciliegia e il mirtillo con una leggera nota vegetale che ricorda le foglie della ciliegia. Cenni di speziatura e balsamici a chiudere.
All’assaggio è abbastanza verticale, molto fresco, con una buona sapidità e un tannino fitto e deciso che allunga l’esperienza in bocca. Caratteristico.

Fratelli Natta, Monferace, 2015, Grazzano Badoglio. 28 mesi di tonneau e barrique.
Il colore è forse il più scarico tra gli assaggi, il naso è dolce e alcolico, con rimandi quasi da vermouth. Bacche rosse sotto spirito e parte speziata dolce che vira verso la vaniglia. Il legno c’è e si sente, al naso come in bocca, dove c’è meno polpa, sostituita da una sensazione alcolica più decisa e da un tannino ancora giovane. Ha chiaramente bisogno di ancora qualche anno di bottiglia, e poi chissà. Question mark.

Tenuta Santa Caterina, Monferace, 2016, Grazzano Badoglio. 30 mesi di tonneau.
Impiega qualche secondo ad aprirsi. Agrumi leggermente amaricanti, arancia amara e chinotto, poi ciliegia matura, liquirizia e note floreali e speziate piuttosto dolci.
Molta materia in bocca, morbido e largo, sorretto da un tannino deciso più che dalla freschezza, è un altro esempio di Grignolino che a 6 anni dalla vendemmia non è ancora pronto. In questo momento è quello che patisce di più l’apporto del legno. Arrivederci.

Alemat, Monferace, 2016, Ponzano Monferrato. 24 mesi di tonneau e barrique.
Naso molto elegante. Fragola e ciliegia a cui si aggiungono interessanti note di erbe aromatiche e karkadè.
In bocca sebbene lasci presagire un roseo futuro mostra già una buona interazione tra frutto e legno. C’è materia, tannino fine, grande equilibrio e di conseguenza grande bevibilità. Keep it or drink it.

Tenuta Tenaglia, Monferace, 2016, Serralunga di Crea. 24 mesi di tonneau.
Da vigneti situati a quasi 500 metri di altitudine nasce un Grignolino che si discosta un poco dagli altri. Il naso è fresco, di frutta ancora fragrante (croccante mi dicono non si usi più): ciliegia, mirtillo e melagrana. In bocca sa essere al contempo immediato e ricercato, largo e godibile. Tannino intenso, mineralità sassosa e freschezza da una parte, polpa di frutti dolci dall’altra. Mano inconfondibile di Roberto Imarisio. Goloso.

Angelini Paolo, Golden Arbian, 2016, Ozzano Monferrato. 36 mesi di rovere da 500l. Accanto al pepe bianco, al mirtillo e alla fragolina di bosco, sono le note amaricanti di arancia rossa, bergamotto e genziana, la vera firma di questo vino. In bocca è verticale e agile, aiutato da un tannino che spinge parecchio. La presenza del legno è appena percepibile e sapidità e freschezza non mancano. Sul finale ritornano in assoluta coerenza le sensazioni amarognole percepite fin dall’inizio con un tocco balsamico rinfrescante. Dry.

Castello di Uviglie, San Bastiano Terre bianche, 2016, Rosignano Monferrato. Unico a maturare in botti da 20hl (per 30 mesi). Il desiderio di quasi tutti i produttori sarebbe quello di utilizzare botti di queste dimensioni, ma spesso la quantità di vino prodotto non è tale da giustificarne l’uso.
Grande eleganza e pulizia al naso, dove si trova tutto il repertorio più classico del vitigno e del terreno tufaceo: frutti rossi leggeri, pepe bianco, scorza di agrumi, e col passare dei minuti l’inconfondibile pesca di vigna.
Il corpo è esile senza essere magro, il tannino è ancora un poco aggressivo ma è dolce, segno di ottima maturazione. Grande equilibrio e grande beva. Sul podio da sempre.

La cantina è recentemente passata alla famiglia Bonzano e all’enologo Donato Lanati, a cui auguro buona fortuna, con la speranza che non abbandonino la strada di assoluta eccellenza percorsa negli ultimi 10 anni da Simone Lupano e Mario Ronco. Grande.

Accornero, Bricco del bosco Vigne Vecchie, 2016, Vignale Monferrato. 30 mesi di tonneau (in parte nuove).
Colore brillantissimo, leggermente più carico della media e dai toni giallognoli un po’ meno evidenti.
La prima annata di Vigne Vecchie (2006) fu fatta assaggiare al Vinitaly alla cieca, perché all’epoca ancora nessuno credeva che si potesse ottenere cotanto vino dal povero Grignolino.
Naso di grande eleganza, complesso e immediato: frutti rossi, poi menta e liquirizia a rinfrescare con note balsamiche, pepe nero e legno dolce a rendere il tutto più sensuale.

Bocca polposa di fragola e amarena, poi erbe officinali e leggera nota amaricante, tannino dolce che asciuga senza graffiare. Lunghissimo e in progressione continua. Da mettere alla cieca con chiunque. All in.

Abbiamo assaggiato anche 3 campioni di botte di ovviamente difficilmente giudicabili ma che meritano una menzione per essersi messi in gioco in questo progetto.

Liedholm, 2018, Cuccaro Monferrato.
Note balsamiche di eucalipto molto intriganti, per certi aspetti più in forma di alcuni 2015 assaggiati. Da tenere d’occhio!

Hic et Nunc, 2019, Vignale Monferrato.
Molto legno e molta materia, sia di frutto che di botte.

Cascina Faletta, 2020, Casale Monferrato.
Siamo nelle fasi iniziali nelle quali il legno non ha ancora avuto il tempo di imporsi ed è quindi l’uva a uscire con la sua freschezza tipica.

Il Monferace è buono, in alcuni casi grande. La 2016 è stata un’ottima annata quasi ovunque e il Monferrato non fa eccezione. L’ottima maturazione delle uve ha permesso di estrarre tannini sempre dolci che con la freschezza del vitigno e l’apporto del legno promettono longevità.

Fare vino è un mestiere difficilissimo e non è un caso che i migliori Monferace siano quelli che vengono prodotti più o meno allo stesso modo da ben prima della nascita dell’associazione: significa che il Monferace nel suo complesso può solo migliorare, e già lo sta facendo.

Un’ultima considerazione che mi fa particolarmente piacere da monferrino: ho la sensazione che questa decisa spinta verso il Grignolino di qualità, con più attenzione in vigna, più selezione, e lavoro più meticoloso anche in cantina, stia facendo sorgere una voglia diffusa di fare le cose meglio di un tempo, non solo per il Monferace, non solo per il Grignolino, ma per il vino del Monferrato tutto. Questa è la mia sensazione e soprattutto il mio grande augurio. Abbiamo il terroir, abbiamo viticoltori esperti da cui imparare e giovani che ci credono e investono.

Continuare così, please!

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Denis Mazzucato

Monferrino DOC, informatico da troppo tempo, sommelier da troppo poco, musicista per sempre. Passato da Mina, Battisti e Pink Floyd a Fiano, Grignolino e Chablis, cerco un modo per far convivere le due cose. Mi piacciono le canzoni che mi fanno piangere e i vini che mi fanno ridere.

6 Commenti

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Marco

circa 3 anni fa - Link

Non ho bevuto granché, giusto un'annata del vecchie vigne di accornero. Ma a leggere le descrizioni che hai fatto non sono proprio sicuro che tutto questo legno sia la direzione giusta. Alla fine il grignolino è un grande vitigno proprio per quello che è, forse Monferace è un po' sforzarlo a diventare quello che non è. Può dare vini cesellatissimi, espressivi, buonissimi senza diventare per forza un barolo minor....

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Lanegano

circa 3 anni fa - Link

E comunque, sempre forza Toro !

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Nic Marsél

circa 3 anni fa - Link

Sempre! :-)

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josè pellegrini

circa 3 anni fa - Link

L'augurio è che il Grignolino rimanga se stesso e che il Monferrato sia capace di dimostrare la sua spensierata bellezza .

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Matteo

circa 2 anni fa - Link

In parte sono d'accordo con il commento di Marco. Penso che il Grignolino sia un ottimo vitigno per quello che é..esagerare con il legno penso che tenda a coprirne le caratteristiche. Con questo non escludo l'uso del legno a priori, ho assaggiato ottimi Grignolini passati in legno, anche fuori dall'universo Monferace, ma bisogna essere molto bravi a non esagerare con le note boisé e non é affatto semplice. Il Grignolino comunque dimostra di essere un vitigno molto versatile (quasi a livello del Pinot nero con cui ha molti caratteri in comune) essendo anche un'ottima base spumante. Secondo me un'azienda che esprime molto bene questo vitigno con diverse versioni tutte ottime é Gaudio

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Denis Mazzucato

circa 2 anni fa - Link

Certo, esagerare con il legno non è mai buona cosa, ma non lo è con nessun vitigno, e può essere che qualcuno calchi un po' troppo la mano. Chi usa il legno da anni, come Gaudio che citi o altri il problema non ce l'hanno. Altri hanno margini di miglioramento ed è un bene! Grazie per la lettura.

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