Modena Champagne Experience, ancora qualche bottiglia e poi basta

Modena Champagne Experience, ancora qualche bottiglia e poi basta

di Emanuele Giannone

Modena Champagne Experience è una sorta di Golden Gala champenois. È stata una gioia parteciparvi, la gioia dell’amatore che riposa tutta nell’esser lepre: va velocissimo, tira il giro al professionista, poi si defila e trotterella disimpegnato finché se la sente. Finché si diverte. Ecco, io sono una lepre da fiera. Ho iniziato a gran ritmo, secondo cronoprogramma, poi mi sono stufato e ho tirato il fiato. Trotterellando ho fatto le cose meno impegnate e più divertenti, incluse le più belle sorprese. Eccone una.

Champagne Bolieu (Bassuet).  Coteaux Vitryats è con 480 ha la più piccola zona di produzione della Champagne e rientra nell’area di produzione della Côte des Blancs. Qui, a Bassuet, Laurence e Charles Baffard vinificano le uve da 6,5 ha di vigneto di proprietà su matrici del Turoniano (93-86 MA) di gessi commisti a marne calcaree. Nella zona domina lo chardonnay – uno chardonnay exotique, dalle note ricorrenti di frutti tropicali e un centro bocca carnoso e bien épaulé, apprezzato anche da svariate Maison (Lanson, Gosset, Jacquart, Ruinart tra le altre) – e l’azienda non fa eccezione, lasciando al Pinot Meunier un modesto 5%.

Eppure, modestia a parte, il brut Pepin de Vigne apre col botto: 70% Chardonnay e 30% Pinot Meunier a comporre in estro un compendio di croccantezza e carnosità, ariosa freschezza e ingente sapidità, rosa canina e salicornia, ananas e fico, mandarino e gelso. Pieno, tonico e vivace. 36 mesi sui lieviti e 9 g/l di dosaggio. Segue il brut Fleur de Craie (Ch 100%) che di mesi sui lieviti ne passa 60 e tara il dosaggio a 6,5 g/l. Da vigne di circa 50 anni, conserva la pienezza del precedente e gli accompagna tensione e mineralità più ingenti. Composito e goloso il ventaglio aromatico con cedro, pompelmo, pera kaiser, ostrica e pane tostato; golosissimo il sorso, fresco e pieno, ampio nei i riscontri gustativi, teso senza cedimenti fino al finale agrumato-speziato.

Chiusura da catalogo con l’extra-brut (4 g/l) Carnet de Leone (Ch 100%), 96 mesi sui lieviti e un 10-15% da solera (primo anno il 2000), che procede in ampiezza olfattiva su note esotiche e agrumate mature, una tostatura fine e un tocco di spezie bianche. Grande ampiezza anche al palato con il frutto che spazia liberamente tra consuetudine (cedro, mela cotogna) e stravaganza (mango, frutto della passione, fico d’India), rotondità e morbidezze gestite di slancio, l’effervescenza festosa e avvolgente, la lunga persistenza su gesso, frutta bianca e agrumi.

Chiusura a sorpresa col sottobanco: l’extra-brut L’Instant B 2008 (Ch 100%, 106 mesi sui lieviti), il pomario e l’agrumeto, opulento ed elegante, potente come si deve per gestire volume e taglia, di freschezza traente e sapidità rilevata: una sapidità “grassa” che, in connubio con le note d’erbe, pain grillé e affumicate, rievoca lardi e guanciali e Griebenschmalz e ora addio, a forza di trotterellare il languore è esondato in voragine di negletta appetenza.

A seguire, due note del collega Alberto  Muscolino, anche lui in giro per banchetti.

1. La “comfort zone”: Monographie brut di Pierre Legras (chardonnay 100%). Una bottiglia che mi ha restituito il concetto originale inscritto nel mio immaginario gustativo sotto la categoria “blanc de blanc”. Al naso c’è il profumo della crosta del pane appena sfornato e della sfoglia dei croissants, accompagnati da note agrumate, in bocca è un delizioso biscotto al burro salato perfettamente equilibrato da un’acidità non aggressiva ma sottile e vitale. E’ l’eleganza per antonomasia che può esprimere un grand cru della Côte des Blancs, con personalità rassicurante e savoir faire.

2. Il “coup de coeur”: brut 1990 H. Blin (20% chardonnay e 80% pinot meunier). “Ma questo non è champagne. è nettare!”. Il commento dell’astante al mio fianco non è poi così lontano dalla realtà, perchè qui tutta la componente fruttata è virata splendidamente verso l’albicocca e la pesca mature, il miele, gli agrumi canditi e un che di fungo secco. Eppure non è una melassa perchè il sale e l’acidità definiscono, in bocca, un perimetro abbastanza stretto al centro e verticale, arginano gli eccessi del tempo che dilaterebbe e compattano la materia, che è certamente meno briosa ma più sinuosa. Avevate forse dei dubbi sul potenziale di invecchiamento del meunier?

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

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