Milano Whisky Festival 2017 è (anche) un gigantesco bar à whisky dove degustare migliaia di etichette

Milano Whisky Festival 2017 è (anche) un gigantesco bar à whisky dove degustare migliaia di etichette

di Thomas Pennazzi

Non un festival qualunque, ma il più importante appuntamento alcolico dell’autunno milanese. Perché frequentarlo? Se avete interesse al whisky, la domanda è pleonastica. Se non l’avete, ogni anno la rassegna propone una nicchia di altri distillati in cui curiosare e ampliare i propri orizzonti. Quest’anno l’occasione è stata (timidamente) concessa al cognac: che meriterebbe però un evento a parte.

Il Milano Whisky Festival non è solo un grande ritrovo di whisky geeks, quindi; lo visitano curiosi, ubriaconi a caccia di sbronze seriali, professionisti della bottiglia, giornalisti, e tanti, tantissimi giovani. Si tratta di un evento a metà tra una fiera, un luogo di collezionisti di preziose anticaglie liquide, un’esposizione delle ultime novità (sono tantissime), ed un gigantesco bar à whisky dove poter degustare migliaia di etichette, note, poco note e golosissime rarità per cui vendereste la suocera.

E nonostante l’anima commerciale, in molti stand si respira vera passione: anche chi è di là dal bancone, prima ancora di essere un venditore, spesso è un entusiasta ultra-competente, e ve lo trasmetterà, se solo capite un minimo di cose d’alcool. Qui non basta infatti mostrare bottiglie: anche perché a pochi metri di distanza si trovano i tavoli dei mostri sacri del whisky nostrano, assaliti dalla folla osannante, e si incontrano ospiti scozzesi di peso. Selezionatori raffinatissimi come Nadi Fiori, collezionisti antiquari da mille e una bottiglia come Giorgio d’Ambrosio, nomi eccellenti come Stewart Laing, selezionatore indipendente e proprietario della nuova distilleria Ardnahoe che aprirà a breve su Islay, e Jim McEwan, leggendario distillatore scozzese di Bruichladdich, creatore di Octomore, il più fumoso whisky del mondo; possiamo perfino essere sicuri che in spirito si aggirasse tra la gente anche il principe dei selezionatori, Silvano Samaroli, recentemente scomparso, abituale e venerato ospite del festival ambrosiano. Come avrete capito, il livello è alto.

Il whisky come fenomeno di culto è nato anche da questi personaggi mitici che potete vedere al festival in carne e ossa, perché è bene ribadirlo ancora una volta: il single malt whisky l’hanno inventato gli italiani. Se l’avessimo lasciato agli scozzesi, berremmo ancora oggi solo blended scotch, che non può dirsi cattivo; purtroppo però il blending schiaccia gli spiriti eccellenti in una confortevole mediocrità. Gli italiani, pionieri del buon gusto, andando cinquant’anni fa in Scozia a scegliere fior da fiore tra le botti, e tenendo per loro quelle migliori per imbottigliarle con la propria etichetta, magari ancora vergini — single cask e cask strength whisky sono altre invenzioni nostrane — hanno creato un mercato mondiale per cui gli scozzesi ci sono grati ancora e soprattutto oggi, che le quotazioni del distillato di cereali sfiorano cifre improponibili al comune bevitore.

E noi continuiamo la tradizione dei padri nobili con parecchie case di importatori e selezionatori nate di recente e tuttavia già di alta reputazione. Quasi tutte erano presenti al festival, con innumerevoli assaggi.Eccone alcuni, fatti più o meno a caso, per voi lettori.

Prima sosta, da Meregalli: l’espositore ha buona memoria, mi riconosce come notorio bevitore di distillati francesi e… zac! mi rifila nel bicchiere qualcosa che non potrà non piacermi. Non si è sbagliato granché. Un calicetto gustoso, decisamente pieno per la sua giovane età: il loro Benromach 2009 Château Cissac Wood Finish, che termina la sua maturazione nelle botti di questo produttore dello Haut-Médoc. Appena svanito il sentore di fumo, il naso si rifugia in confortevoli note di pera, che evolvono verso il vinoso ossidativo; ricca e fruttata in bocca, quasi masticabile, l’acquavite chiude con la ricomparsa della delicata torbatura.

Da un raffreddatissimo Angelo Canessa, mixology manager di Velier, mi è stato offerto un The Balvenie 17yo, delizioso al naso nella sua leggerezza aerea: non lo crederesti quasi maggiorenne. Goloso nel suo frutto, particolarmente fine ed elegante, lascia la bocca dolcemente vinosa: evidente traccia della maturazione finale in sherry cask. Non mi è dispiaciuto, ma abbiamo finito a parlare di rum, e gli ho dato come medicina un sorso di cognac, che al festival tengo in tasca prudenzialmente come antidoto, casomai mi cominciasse a piacere il whisky.

Da Wilson & Morgan, prestigioso selezionatore trevigiano, altra sosta: qui le cose si son fatte impegnative. Dal loro Collector’s Edition ho assaggiato non un single malt ma un single grain whisky di ben 35 anni. Si tratta di whisky distillato da frumento, con un 10% di malto d’orzo, in alambicco a colonna. La distilleria è Girvan (nelle Lowlands, di fronte all’isola di Arran), lo scotch è stato prodotto nel 1979 e imbottigliato nel 2015, a 51,8%, per sole 321 bottiglie. Aromi che risalgono imperiosi dal bicchiere (montant, lo chiamano a Cognac); molto pieno e dolce al palato, con note balsamiche, l’alcool non si avverte quasi. Non di solo malto vive l’uomo.

Al banchetto di Ghilardi Selezioni, azienda giovane e dinamica con un interessante catalogo per il mondo mixology, si parte per un viaggio lampo in India. Memori del dominio inglese, gli indiani bevono parecchio, e anche roba buona, si direbbe. Il Paul John Classic, un Indian single malt whisky a 55° può impressionare. Dà una prima idea di fragranze tropicali alquanto piene, ed assaggiandolo si rivela odoroso e grasso come l’afa di Nuova Delhi: mantiene le promesse con un corpo molto ricco e molto gustoso. Ma anche se l’alcool è ben integrato, meglio aggiungervi un poco d’acqua, o un cubetto di ghiaccio.

Dal patron di Whisky Antique e Silver Seal, c’è quanto basta per soddisfare il più pignolo collezionista o appassionato di malti. Ci son passato con una coppia di whiskofili fino al midollo, per assaggiare qualche chicca. Massimo Righi, conoscendo la mia propensione verso lo spirito di vino, mi ha prevenuto offrendomi gentilmente un generoso assaggio del cognac che importa. L’azienda si chiama Vallein-Tercinier, la bottiglia era un Hors d’Age Réserve de la Maison, un blend di circa 40 anni. Un buon vecchio cognac, dal taglio molto classico, che se aveva un difetto, è stato quello di non farmi desiderare più altro: mi ha reso così in pace col mondo, che ho dimenticato tutti i whisky della Casa modenese.

Gioia per gli appassionati, passare da Valinch & Mallet; altra giovane azienda, formata dallo smaliziato duo Fabio Ermoli e Davide Romano, che può regalare raffinate emozioni. Infatti la Casa imbottiglia solo whisky in purezza: single malt a gradazione di botte. Il catalogo è ormai vasto, e ogni bottiglia promette qualcosa di irripetibile. Il banco è preso d’assalto, e lo merita, perché questo imbottigliatore indipendente tiene alta la grande tradizione dei pionieri italiani del single malt. Dallo Speyside mi trovo nel calice uno Strathmill 26yo. La distilleria, mi dicono, è snobbata anche dagli esperti, per fare quasi solo whisky da blending: non avendo quindi propri imbottigliamenti, se ne trova solo quando un mercante indipendente ne preleva qualche botte. Si parte con un naso floreale timido e dolcissimo, che si apre in una progressione impressionante, via via più intensa: pera, albicocca, vaniglia, mandorla. Davvero notevole! Al palato il vasto bouquet trova piena corrispondenza in un malto carnoso, pieno, altrettanto dolce ed appagante. Finale ancora maltoso, in cui ritornano i cenni floreali del naso. Un whisky di corpo e sostanza, però mai invadente: eleganza fluida.

IL MWF è sempre un evento a cui è piacevole partecipare, e stavolta avevo una personalissima ragione in più: il cognac. Ci sono state piccole delusioni e piacevoli sorprese. Ma ne racconterò diffusamente altrove.

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto non può ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito, e da qualche anno ne scrive in rete sotto pseudonimo.

2 Commenti

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Denis Mazzucato

circa 6 anni fa - Link

E' sempre un piacere leggerti! Grazie!

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Giuseppe

circa 6 anni fa - Link

Avrei tanto voluto esserci. Ma roba interessante di Diageo, nulla?

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