L’utopia gentile di Marco Muscari Tomajoli

L’utopia gentile di Marco Muscari Tomajoli

di Jacopo Manni

“Lei è all’orizzonte. […] Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare.”
Così Eduardo Galeano dipinge il neologismo dei romantici pragmatici inventato da Tommaso Moro solo nel 1516, nel pieno, e non a caso, del Rinascimento Umanista.

Marco Muscari Tomajoli ha la virtù della calma e della pacatezza, è un gentile nel senso cavalleresco del termine, ma non declinato sulla stasi e la tranquillità, nei suoi occhi scorre il vento di chi guarda oltre, di chi punta lo sguardo avanti e inizia a camminare.
La sua azienda è una follia realizzata. Se chiedete a qualsiasi consulente, esperto, investitore o anche semplicemente al vostro compagno di bevute una azienda come quella di Marco Muscari Tomajoli non ha senso di esistere. Un business plan che si stopperebbe già solo al titolo.

Marco ha una produzione di appena 2 ettari vitati, fa 9000 bottiglie su rese lillipuziane, tutte le operazioni in vigna e in cantina sono manuali e fa tutto questo senza nemmeno un cavallo a fare da testimonial biodinamico o una vecchia zia ricca a finanziare e foraggiare questa follia.
La sua azienda è un qualcosa che non dovrebbe esistere o funzionare, un errore del sistema.
E invece forse Marco vede il mondo all’incontrario, e il bello è che funziona eccome!
Ha creato reddito per sé e qualche amico che lo aiuta e lo accompagna in questa follia utopistica.

Lavora direttamente con quasi tutti i suoi clienti dai quali pretende pagamento anticipato e fa funzionare l’impossibile permettendosi anche il lusso di fare vini meravigliosi.
Siamo a Tarquinia in una collina a pochi sbuffi di vento dal Tirreno. L’argilla rossa è la terra dei suoi avi e dei suoi vini, un rosso etrusco più che pompeiano.

Nei suoi 2 ettari 2 vinifica tutto in purezza. Montepulciano da cui produce uno dei migliori rosati del Lazio, il Velca.
Vermentino per il vibrante e salino Nethun e Petit Verdot per il suo bel rosso Pantaleone.
In questa follia ovviamente c’è spazio anche per qualche filare di Barbera e di Alicante che non vengono però commercializzati (ma mai dire mai con Marco).

Marco ha da poco ripulito un vecchio terreno adiacente alla vigna e ha trovato un piccolissimo vigneto a piede franco centenario piantato da qualche suo avo. Anche lì ci sarà da camminare e inventare e sognare.
Marco è un sognatore utopico ma tremendamente pratico e ha questo vizio di puntare avanti e camminare.
Ha osservato a lungo per anni quel suo fazzoletto di un ettaro di Montepulciano e si è accorto che qualche filare aveva maturazioni diverse. Ha pensato, assaggiato, riflettuto e poi ha visualizzato e ha iniziato a camminare.

Oggi mi ha invitato ad assaggiare il risultato di queste sue derive. Un altro progetto che non dovrebbe… ma è. Lo ha chiamato AITA come la divinità etrusca dell’oltretomba, l’Ade dei Greci, un Montepulciano in purezza che proviene da questa minima particella di vigneto.
525 bottiglie prodotte. Follia lo abbiamo già detto?

Marco è un utopista pratico e poco timido e quando ha pensato al contenitore dove affinare questo nuovo progetto ha sparato altissimo. Si è chiesto: chi fa le botti più fiche del mondo?
E contro il parere di tutti i sani di mente che gli dicevano che sarebbe stato impossibile ha scritto alla Tonnelerie Taransaud che ovviamente come solo nelle storie degli audaci gli ha fornito le botti T5 di rovere francese proveniente dalla foresta di Tronçais stagionato 5 anni all’aria aperta e lavorata e assemblata da uno e un solo Meilleur Ouvrier de France che la firma personalmente.
Un oggetto di design pazzesco dove il suo Aita riposa 18 mesi prima di uscire sul mercato.

AITA 2019 100% Montepulciano
Colore denso, cupo molto materico ma che esplode un lucentezza bellissima sembra seta liquida
Avvicinando il naso la frutta inizia dominante con la mora, la prugna matura, il cassis, ma ecco che poco dopo inizia un viaggio boschivo su note di bacche di rovo, di alloro. Una parte decisamente più cupa ma intrigante e sensualmente balsamica. Muovendo il bicchiere l’alloro e la parte boschiva cambiano pelle e odore diventando più incisivi, verticali e vibranti su note di timo, salvia, una parte mediterranea si insinua fino a portarci in un ambiente totalmente diverso ma affine a quello dove è cresciuto, un ambiente decisamente salmastro e marino. Anche il frutto cambia e vira su note più fresche e polpose, e croccanti di una frutta rossa sempre ma molto più succulenta, in un intrigante gioco flessuoso di rimandi.

In bocca entra morbidissimo e setoso, un sorso avvolgente che si porta dietro dopo la deglutizione, come nel moto di ritorno dell’onda nella risacca, una parte ferrosa in sottofondo. Il tannino è levigato e cesellato, dona rimandi terragni e leggermente sabbiosi. E’ grasso e opulento ma dinamico, elettrico e molto agile e liquido. Ha un finale largo e lunghissimo che si declina sulle due direttrici che dominano il vino: Ferro e Seta.

Rimandi di balsamicità e di gelee di frutta rossa lo completano. Non ha piccantezza e rigidità, ma ha una soave acidità che lo renderà credo assai longevo. Alla fine del sorso mi accorgo con sorpresa di una nota fumeè molto delicata quasi cinerea e di pece, quasi fosse la famosa e fumosa scatola da sigari di un vigoroso Cabernet.

Aspettiamo con gioia il prossimo cammino di questo ragazzo gentile.

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Jacopo Manni

Nasce a Roma ma si incastella a Frascati dove cresce a porchetta e vino sfuso. L’educazione adolescenziale scorre via in malo modo, unica nota di merito è aver visto dal vivo gli ultimi concerti romani dei Ramones e dei Nirvana. Viaggiatore seriale e campeggiatore folle, scrive un libro di ricette da campeggio e altri libri di cucina che lo portano all’apice della carriera da Licia Colo’. Laureato in storia medievale nel portafoglio ha il santino di Alessandro Barbero. Diploma Ais e Master Alma-Ais, millantando di conoscere il vino riesce ad entrare ad Intravino dalla porta sul retro.

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