Lillet, l’aperitivo preferito da James Bond

Lillet, l’aperitivo preferito da James Bond

di Samantha Vitaletti

Quando la vita manda segnali, è peccato ignorarli. Collegamenti, coincidenze, tutto ha un fine.

Così, qualche giorno fa, venivo salutata dal tabaccaio con un romanissimo “Ciao Lillé!” e qualche ora dopo, sfogliando il catalogo online di un e-commerce di vino, scoprivo l’esistenza del Lillet. Pensavo, in quella circostanza, che Leibniz vive e lotta con noi, siamo davvero il risultato della fitta rete di relazioni che ci circonda.
Non posso esimermi, dunque, dal cliccare su “acquista” e, preda ideale del pubblicitario, al “potrebbe interessarti anche…” finisco per acquistare le tre tipologie disponibili: bianco, rosato e rosso, ché la sete di cultura deve essere appagata.

Dopo aver effettuato il pagamento, mi affretto tardivamente a cercare informazioni sul prodotto appena acquistato. Comincio col visitare il sito della Maison Lillet e apprendo che Lillet nasce a Podensac, nella regione di Bordeaux, e che la produzione di questo aperitivo segue gli stessi metodi dal 1872. Mi rassicura vedere che l’elemento numero uno del marketing, la tradizione, non manca. Non viene citato il nr. due, “l’innovazione”, ma proseguo lo stesso la lettura. Il sito è in italiano, è divertente ed ammiccante vedere come lascia qua e là tracce di Francia conservando l’originale francese di termini come “finesse”, “petit village”, “chic”.

Lillet è una combinazione di vini e infusioni di frutta. I vini sono dichiaratamente francesi, “per lo più” provenienti dal bordolese, da cantine contrattualizzate dalla Maison. La frutta, invece, proviene da tutto il mondo: arance dolci dalla Turchia, dal Marocco o dalla Spagna, quelle amare da Haiti e la china dal Sud America.

Il primo Lillet a vedere la luce è stato il bianco che ha avuto un grande successo in Gran Bretagna negli anni Trenta e Quaranta. Il sito qui riporta un importante dettaglio che spedisce il Lillet direttamente nell’Olimpo dei beveraggi mitologici: quella è l’epoca in cui nasce il Vesper, cocktail di James Bond a base di Lillet.

Questo aneddoto mi incuriosisce, a memoria lego James Bond al Martini Cocktail, questo Vesper mi suona nuovo, ma so di non sapere e quindi cerco. Trovo che sul cocktail Vesper, inserito da Ian Fleming tra le pagine di Casino Royale, “verte un dibattito molto acceso”. Sembra che la ricetta originale del Vesper prevedesse gin, vodka e Kina Lillet, vermut aromatizzato al chinino che oggi non viene più prodotto. In Casino Royale James Bond chiede un Martini Cocktail “shaken not stirred” e anche questo scandalizzò i bevitori di Martini Cocktail del tempo: pure agitato!
Bond nomina “Vesper” il suo cocktail in onore di Vesper Lynd, la prima bond girl, di cui era innamorato.

Fatto mio questo importante aneddoto, continuo a cercare notizie sul Lillet e su Paris Match trovo che si parla di una vera e propria “rénaissance de l’apéritif vintage bordelais”.
Tra i famosi appassionati di Lillet c’èWallis Simpson che in viaggio ne portava sempre qualche bottiglia. Sembra che sia stata proprio lei a farlo inserire nella lista dei drink di posti iconici come il Ritz e il George V.

A un certo punto mi arrivano le bottiglie e sono molto curiosa. In giro per la rete trovo molte ricette di cocktail col Lillet ma mi pare doveroso assaggiarlo liscio. Sulle etichette campeggia una scritta a lettere cubitali: SERVIR TRÈS FRAIS.

Il Blond non mi piace, è un tripudio di “tutt’ cose”, di fiori, frutta, arbre magique maritato con se stesso, arance, mieli, retzine. Lo trovo un po’ faticoso e ridondante ma non mi abbatto, ripenso alla scritta a lettere cubitali e concludo che un’ora di freezer sia stata troppo poco.

Passo al rosé, ultimo nato, presente sul mercato dal 2011. Questo è molto più nelle mie corde: pompelmo, piccoli frutti rossi, fresco, dissetante, equilibrato. La base è la stessa del bianco ma qui durante la macerazione viene aggiunta frutta meno esplosiva. Il colore rosato viene da un tocco del Rouge.

Quest’ultimo nasce dopo il grande successo del bianco nei bar di New York negli anni Cinquanta, per “soddisfare il gusto americano”. Ebbene, scopro con fastidio di avere il gusto americano visto che tra le tre tipologie è questa quella che mi piace di più. Poi ripenso che quando, all’inizio dei corsi sul vino, si parlava del gusto americano ci si riferiva a vaniglie, cocco, speziature, barrique nuove, alcol a manetta.

Questo Rouge invece è snello, con una equilibrata parte amarognola, data dalla china, che gli conferisce nerbo e spina dorsale, sa di arancia e di spezie e i mesi di affinamento in rovere non si sentono affatto.

Conquistati i suoi quarti di nobiltà, ché Wallis e Bond erano gente di un certo rango, mica avventori del bar da Giggetto, la favola finisce così: dal 2008 Lillet trova il suo posto al sole tra i 350 marchi dell’ affollato gruppo Pernod-Ricard dove risplende tra Jameson, Mumm e, soprattutto, Amaro Ramazzotti!

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Samantha Vitaletti

Nascere a Jesi è nascere a un bivio: fioretto o verdicchio? Sport è salute, per questo, con sacrifici e fatica, coltiva da anni le discipline dello stappo carpiato e del sollevamento magnum. Indecisa fra Borgogna e Champagne, dovesse portare una sola bottiglia sull'isola deserta, azzarderebbe un blend. Nel tempo libero colleziona multe, legge sudamericani e fa volontariato in una comunità di recupero per astemi-vegani. Infrange quotidianamente l'articolo del codice penale sulla modica quantità: di carbonara.

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