Lieviti indigeni: e se avessero ragione gli ultras del vino naturale?

di Antonio Tomacelli

I francesi hanno la straordinaria capacità di coniare termini che significano tutto senza definire niente. Bonus: sono intraducibili. La parola Allure riferita a una donna, per esempio, non è fascinoaura ma rende maledettamente l’idea. Non divaghiamo e torniamo con i piedi per terra parlando di terroir: “Il terroir può essere definito come un’area ben delimitata dove le condizioni naturali, fisiche e chimiche, la zona geografica ed il clima permettono la realizzazione di un prodotto specifico e identificabile mediante le caratteristiche uniche della propria territorialità.” Ti amo Wiki, ma neanche tu sei precisissima e presto dovrai aggiornare la voce con l’inserimento di un must degli ultimi anni: lo stramaledetto “lievito indigeno” che i puristi-vinonaturalisti e terroiristi in genere preferiscono all’odiato “lievito selezionato”, offerto dalle industrie enologiche in pratiche buste da chilo. Per chi non lo sapesse, il lievito indigeno è quella strana bestiolina che si annida sull’uva — meglio, nell’ambiente — capace di trasformare gli zuccheri in alcol e, di conseguenza, il mosto in vino. L’indigeno, però, è scontrosetto tant’è che fino ad ora non esistevano notizie certe sulla sua identità.

C’è voluto il solito gruppo di scienziati (speriamo bene) per chiarire, anzi, per complicare un po’ le cose. L’università neozelandese di Auckland ha scoperto, dopo uno studio durato alcuni anni, che i lieviti sono parte integrante del terroir, giacchè le loro caratteristiche cambiano da zona a zona, pur appartenendo alla stessa famiglia. Capito adesso perchè non esistono due sangiovesi uguali? Tutta colpa di quelle strane bestioline che ci vivono da millenni, adattandosi perfettamente alle condizioni naturali, fisiche e chimiche di cui sopra. La notizia non cambierà di una virgola la mia giornata, ma già m’immagino la gigantesca Ola dei vinnaturisti che in questo momento sta percorrendo la penisola. I più accaniti hanno issato sulla curva nord uno striscione su cui c’è scritto: “Noi l’avevamo detto”.

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

68 Commenti

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ludovica amat

circa 12 anni fa - Link

mh. così d'ora in poi, levando il calice dopo il primo memorabile sorso, potrò pronunciare: bestia che vino!

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claudioT

circa 12 anni fa - Link

I nonni dei nonni dei nonni...facevano il vino in cantina senza aggiungere niente nel mosto ma pregando che con una temperatura più alta partisse la fermentazione. Quindi i vino-naturisti non fanno altro che fare quello che si è sempre fatto prima e/o che molti di loro hanno sempre fatto (non mi interessa chi segue le mode per business!!!) prima che l'industrializzazione appiattise tutto...il vero problema non sono i lieviti indigeni ma il controllo delle temperature e le condizioni igienico-sanitarie delle cantine "per dirne due" al fine di non rendere il succo di uva in un succo di aceto ossidato!

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Nelle Nuvole

circa 12 anni fa - Link

Non so chi fossero i tuoi nonni, probabilmente sei molto fortunato. Molti nonni contadini aggiungevano eccome cucchiaiate di bisolfito! Alla faccia degli industrialoni cattivoni appiattitori.

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luigi fracchia

circa 12 anni fa - Link

Perdonami però, il bisolfito cara NN non inocula lieviti esogeni, inibisce principalmente i non saccaromices che come tu ci insegni possono creare problemi nell'avvio delle fermentazioni. Quindi erano cattivoni per preservare il loro lavoro ma non modificavano la genetica dei saccaromices che vivevano spensierati nelle loro cantine (con questo non voglio dire che facessero vini buoni).

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Durthu

circa 12 anni fa - Link

Si sente il rumore delle unghie sul vetro...

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luigi fracchia

circa 12 anni fa - Link

non mi arrampico sugli specchi è così, il bisolfito seleziona i lieviti. Ma non c'è inoculo, questo avveniva spontaneo dagli ambienti. Tutto lì semplicemente nessun vetro nessuna ironia. Che poi i vini fossero buoni e tutto da vedere e su questo sono d'accordo.

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Nelle Nuvole

circa 12 anni fa - Link

Il mio era un appunto alla superficialità di certe affermazioni come "I nonni dei nonni dei nonni…facevano il vino in cantina senza aggiungere niente nel mosto ma pregando che con una temperatura più alta partisse la fermentazione." I cattivoni non erano loro, ma i sciur paròn da li belli braghi bianchi.

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GiacomoPevere

circa 12 anni fa - Link

Io ricordo il vino del nonno (in realtà di suo fratello e maledetto il giorno in cui ha venduto tutta le vigne) non sò bene come lo facesse perchè ero piccolo ma ho precisamente il ricordo che fosse più vicino ad una bella riserva Ponti che al Merlot di Radikon. Ponti... quelli dell'aceto.

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luigi fracchia

circa 12 anni fa - Link

Carissimo Antonio, due piccole precisazioni il concetto di Terroir in Francia lo si può sintetizzare così: "il terroir è uno spazio geografico delimitato dove una comunità umana ha costruito, nel corso della storia, un sapere intellettuale collettivo di produzione, fondato su un sistema d’interazioni tra un ambiente fisico e biologico ed un insieme di fattori umani, dentro al quale gli itinerari socio-tecnici messi in gioco rivelano un’originalità, conferiscono una tipicità e generano una reputazione, per un prodotto originario di questo terroir." Dove fondamentale è la presenza dell'uomo e delle sue pratiche e non solo le caratteristiche pedo climatiche. Poi non dovevamo aspettare Auckland, Vincenzini microbiologo italiano lo dice da anni e da anni collabora con i vignaioli per isolare in cantina, unico ambiente dove proliferano i saccaromices, i ceppi in questione (ha collaborato anche con Soldera).

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Nico

circa 12 anni fa - Link

Lo dice il Vincenzini, ma lo si legge anche nei libri di Zambonelli, dove a proposito di lieviti autoctoni li definisce come di "Genius Loci" e quindi entità naturali e soprannaturali legate al luogo. Ricordiamoci poi che non esiste uno e un solo ceppo di Saccharomyces Cerevisiae, ma diversi ceppi aventi leggere differenze sia di DNA che di metabolismo, perchè ciò che conta non è solo trasformare gli zuccheri in vino, ma anche le altre interazioni che il lievito ha con il mosto. Rovescio della medaglia è che qualche ceppo autoctono potrebbe anche compiere qualche fermentazione non voluta (e la volatile sale più dello spread!!), quindi fate voi...

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INDASTRIA

circa 12 anni fa - Link

i produttori di lambic danno per scontata la cosa da decenni

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Malticidio

circa 12 anni fa - Link

non solo loro (http://www.whitelabs.com/beer/Styles-Ale.pdf)

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INDASTRIA

circa 12 anni fa - Link

è diverso. Negli altri stili vengono usati sì liveiti specifici (quasi sempre acquistati o recuperati), mentre solo nel lambic si da per scontanto che l'aria del Payottenland contenga il giusto brett e mistura di altri lieviti atti a conferire il carattere specifico del lambic originale.

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malticidio

circa 12 anni fa - Link

Hai ragione,non a caso vi sono anche inoculi di plambic (pseudo lambic) coltivatie propagati in lab .

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INDASTRIA

circa 12 anni fa - Link

Esatto. infatti repliche ed esperimenti hanno dato sempre risultati diversi.

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maurizio gily

circa 12 anni fa - Link

più che altro non cambia di una virgola, oltre che la giornata di Tomacelli, quanto già si sapeva. Mi pare la classica scoperta dell'acqua calda, il che, in un arcipelogo ricco di fenomeni geotermici come la NZ, è ancor meno originale. Nelle Nuvole: pienamente d'accordo sui nonni. Il dosaggio del metabisolfito in Piemonte veniva espresso in "palot": un palòt, dui palòt, trei palòt l'è mej che dui. Per non dire di ciò che si faceva in passato con i trattamenti: dalle aniline al DDT fino all'arseniato di piombo. I prodotti attuali al confronto sono vitamine. I lodatori del tempo andato lo sappiano.

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luigi fracchia

circa 12 anni fa - Link

Non mi pare che ci sia un fronte di lodatori dei tempi passati, piuttosto si guarda al periodo anteriore alla comparsa dell'enologia scientifica, d'altronde chi consigliava ddt e aniline ai buzzurri se non enologi di dubbia etica?

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Durthu

circa 12 anni fa - Link

@maurizio: pienamente d'accordo. @luigi: ti assicuro che i "nonni" la "roba chimica" la usavano anche senza che glielo dicessero gli enologi cattivoni.

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luigi fracchia

circa 12 anni fa - Link

@durthu c'è stato un periodo pre enologico in cui roba chimica non si aggiungeva e c'è gente che non ne ha mai aggiunta neanche adesso. Non è perchè adesso c'è un mare di robetta buona da aggiungere, questa opportunità va colta e sdoganata come prassi giusta buona etica. E' solo una prassi alla concia tutto lì, che facciano male gli additivi non lo sò e non mi interessa. Mi interessano altri vini altre persone e meno filoscientismo. Ciao ciao

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Durthu

circa 12 anni fa - Link

Faccio una battuta, spero che tu la prenda come tale: sono qua che mi domando cosa ti abbia fatto di cosi' malvagio la prof di scienze delle medie.

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luigi fracchia

circa 12 anni fa - Link

ah ah ah ah questa è bellissima me la sono segnata. Non mi ha fatto nulla, solo vorrei che le tecnoscienze si riappropriassero di una visione olistica della ricerca, abbandonassero il riduttivismo e inglobassero le aspirazioni, le paure della gente nel loro fare ricerca.

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Vignadelmar

circa 12 anni fa - Link

Che io sappia nel termine terroir entrano a pieno titolo anche i Produttori che insistono su quel dato territorio. Cioè un terroir senza viticoltori non è un terroir. Quindi trovo che la definizione di terroir posta nel corpo del testo sia vistosamente incompleta. . Così come un Grande terroir non si può definire tale se non ha dimostrato di poter "fornire" grandi vini. . Ciao

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luigi fracchia

circa 12 anni fa - Link

Concordo sulla componente umana, come ho segnalato nel mio primo commento.

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toni lercher

circa 12 anni fa - Link

Aspetto con ansia il commento di Armin Kobler, che sui lieviti indigeni avrà senz'altro molto da dire.

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Gabriele Succi

circa 12 anni fa - Link

Armin qualcosa aveva già scritto qui: http://www.kobler-margreid.com/blog/2011/09/30/die-beichte_la-confessione/ Ciao

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toni lercher

circa 12 anni fa - Link

Appunto.

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armin kobler

circa 12 anni fa - Link

no, sono stufo. grazie però a voi che avete citato un mio post. più interessante però questo di un mio collega: http://www.kobler-margreid.com/blog/2011/10/24/bernhard-fiedler-weinmoralismus_moralismo-enoico/

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Federico

circa 12 anni fa - Link

Davvero molto interessante, grazie del link.

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filippo

circa 12 anni fa - Link

armin, questo tuo collega ha scritto davvero un posto utile e ben fatto, mi permetto di postarlo su faceb. buon lavoro filippo

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armin

circa 12 anni fa - Link

senz'altro. mi fa piacere aver azzeccato il guest writer. a presto!

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Mammamsterdam

circa 12 anni fa - Link

Avendo le mie botte da casalinga frustrata ogni tanto mi rimetto a fare la pasta madre da zero ed avendo anche traslocato, fosse pure solo dall' altro lato del fiume, giuro che è vero.

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giulo

circa 12 anni fa - Link

Se può interessare, la definizione "ufficiale" di terroir è contenuta nella RISOLUZIONE OIV/VITI 333/2010, consultabile sul sito http://www.oiv.int/oiv/info/frresolution, che recita: "Il “terroir” vitivinicolo è un concetto che si riferisce a uno spazio nel quale si sviluppa una cultura collettiva delle interazioni tra un ambiente fisico e biologico dentificabile, e le pratiche vitivinicole che vi sono applicate, che conferiscono caratteristiche distintive ai prodotti originari di questo spazio. Il “terroir” include caratteristiche specifiche del suolo, della topografia, del clima, del paesaggio e della biodiversità."

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Vignadelmar

circa 12 anni fa - Link

Io, fossi Tomacelli, riscriverei il pezzo dall'inizio...... :-D Ciao

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vinogodi

circa 12 anni fa - Link

...Parto dal presupposto che quanto "scoperto" dall'articolo sia di una certa banalità dal punto di vista tecnico-scientifico ma ottimo spunto per qualche riflessione.Personalmente sono per i lieviti autoctoni, autoselezionatisi nell'ecosistema a loro compatibile e utilizzati per caratterizzare in maniera netta e circostanziata i vini di quella zona...immagino teoria perfetta e condivisibile, oltre che foriera di salutari intendimenti...che ne dite di questa premessa?Bella vero? ... Però... - Però l'azienda vitivinicola rimane un'impresa che deve trarre sostentamento dal proprio prodotto non sempre sostenuta da una branca , come la zimologia, che non comporta automatismi catalogabili in nessun protocollo / procedura / istruzione operativa da pemettere certezza del risultato: che c'azzeccano i due concetti? C'azzeccano, c'azzeccano... - Non tutte le aziende vitivinicole hanno cultura e risorse per crearsi, paradossalmente , l'ambiente più idoneo all'autodeterminazione e autarchia zimologica,tutti presi dall'empirismo colturale o dal tecnicismo produttivo, così da permettere un risultato certo ad ogni condizione ambientale o meteorologica: ecco, quindi, che il lievito selezionato , in determinate condizioni sfavorevoli, "aiuta" nel momento del bisogno, oltre a coadiuvare il perseguimentodell'obiettivo d'impresa di fare vino per poi venderlo e trarre il giusto profitto. Chiaro, nel momento stesso in cui ci fosse la cultura microbiologica di individuazione, selezione e utilizzo dei propri ceppi di saccaromiceti, il problema non sussisterebbe... che 'femo, allora : da vigneron a trasmigranti nei laboratori delle Stazioni Sperimentali per l'enologia nei reparti microbiologia/zimologia?... torniamo sulla terra: è un'evoluzione della specie, sospesa fra il rigattiere di lieviti che dispensa merce omologata ed omologante e il microbiologo che ti customizza lo starter microbiologico; oggi non è praticabile ma lo può essere se aumenta la cultura del territorio e la cultura in cantina. Tanti figli di vecchi vignerons formatisi empiricamente, oggi hanno una discendenza pronta culturalmente a recepire questi concetti, la maggior parte "studiati" in agraria e specializzati in enologia, quindi auspico da parte loro l'impossessarsi di questa cultura. PS: Potrebbe essere comunque una nuova frontiera consulenziale , anche se più impegnativa di quella attuale di prescrivere starter di fermentazione uguali per tutti e , quindi, non solo teoricamnete, deprimente del "terroir" , di cui i lieviti sono componente determinante...

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GianMarco

circa 12 anni fa - Link

Non vedo dove sia la notizia.

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eliacucovaz

circa 12 anni fa - Link

Intravino non è un tg. è uno spazio di dialogo. e anche questo post il dialogo l'ha acceso mi pare. mi sa che siete solo invidiosi [e che Fiorenzo Sartore abbia pietà della mia anima] Comunque se già ora la faccenda è complicata, aspettate solo che comincino a selezionare i lieviti indigeni. lo faranno. E allora si che saremo in un bel ginepraio.

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Francesco Fabbretti

circa 12 anni fa - Link

già lo fanno

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giulo

circa 12 anni fa - Link

Infatti: TUTTI i lieviti selezionati provengono da fermentazioni spontanee...

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Francesco Fabbretti

circa 12 anni fa - Link

Beh, diciamo che esistono due modi di farlo: quella alla "byodinamic française" e "quello scientifico di laboratorio". Nel primo caso si raccoglie in leggero anticipo i primi grappoli di uva gia maturi e con il dabo adatto, dalle varie zone del vigneto e si pressano innescando la fermentazione tumultuosa. A stretto giro di ruota viene eseguita la vendemmia e nel mosto viene riversato la miscela di fermentini selezionati escludendo quelli che producono odori sgradevoli. In questo caso la fermentazione già in corso riesce a innescarla a sua volta nei mosti solo sui lieviti che sono stati scelti dall'agricoltore (in borgogna credo è così da decenni) mentre arrestano la funzione di quelli in grado di sviluppare caratteristiche oggettivamente sgradevoli. L'altra soluzione è prendere i lieviti indigeni quando sono in pianta e clonarli in laboratorio. Apparentemente non c'è una grande differenza, in realtà c'è eccome. I Fermentini artigianali si differiscono da vigneto a vigneto mentre con un bel lievito indigeno autoctono clonato, tanto per dire, dai vigneti di montrachet, sai che chardonnay ci tiri fuori (tipo di clone, portainnesto e condizioni del suolo permettendo?)

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gian paolo

circa 12 anni fa - Link

@Francesco Scusami se puntalizzo-permettimi il tu :)-una volta si procedeva a fare il piede di fermentazione con le uve raccolte non troppo mature ,perchè su quelle mature con alta quantità di sugar fermentano male.-citando un testo di Zambonelli,una uva sana e molto matura è scarsa di microflora e di Sacc. cerevisiae . Se ti vuoi togliere qualche dubbio , ti invito a leggere il blog del grande Armin Kobler - trovi il link un po' di commenti sopra-. Lì trovi tutto e spiegato veramente bene. Loro hanno Cristiano Ronaldo noi abbiamo Armin Kobler :) !! Ciao GP

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Francesco Fabbretti

circa 12 anni fa - Link

@ Giampaolo nessun problema, io non ho letto i testi, sono ben disposto ad ogni ulteriore informazione in merito. Quello che ho raccontato è frutto di esperimenti visti di persona presso la cantina Valle Reale dal quel pazzo scatenato di Leo. Tra lui e l'agronomo me l'hanno raccontata così. Quel che resta stupefacente è notare come le fermentazioni tumultuose che si innescano in un singolo ettaro di terreno declinino il loro spettro olfattivo in 5/6 modi diversi a seconda della posiione da cui vengono prelevate le uve

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GianMarco

circa 12 anni fa - Link

@eliacucovaz Ma cosa hai bevuto, un Castellino andato a male? :-O invidiosi di cosa? certo che intravino non è un tg, è un blog su vino e dintorni dove ognuno dice la sua, ed è piacevole discutere con libertà e dibattere su diverse questioni. Io ho semplicemente scritto che non vedo dove sia la notizia nel fatto che "L’università neozelandese di Auckland ha scoperto, dopo uno studio durato alcuni anni, che i lieviti sono parte integrante del terroir, giacchè le loro caratteristiche cambiano da zona a zona, pur appartenendo alla stessa famiglia. Capito adesso perchè non esistono due sangiovesi uguali? Tutta colpa di quelle strane bestioline che ci vivono da millenni(...)" Mi sembra veramente, come ha scritto qualcuno, che si sia scoperta l'acqua calda. E cmq giusto per aggiornarti la selezione dei lieviti indigeni già la fanno, chiedere ad un certo Roberto Conterno. Saluti

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Paolo Rusconi

circa 12 anni fa - Link

Per la miseria ma non provate mai a far fermentare delle uve schiacciate? la prossima stagione vi pigliate 10 kg di uva la schiacciate e la infilate in qualche boccia di vetro della passata di pomodoro, lavate e sterilizzate per benino. Spettate e partiranno le varie fermentazioni naturali... osservate le differenze al naso e in bocca, eppure si tratta della massa di partenza... il ceppi di lieviti che faranno il loro (sporco) lavoro saranno diversi di boccia in boccia... ma saranno solo lieviti dell'uva. E per questo che non mi piaccione le selezioni in toto, comprese quelle dei lieviti isolati in cantina, annullano le differenze tra le annate.

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Nic Marsèl

circa 12 anni fa - Link

Eppure c'è chi dice che non ci sono abbastanza lieviti sulle bucce per far partire la fermentazione spontanea e che questi si troverebbero invece esclusivamente in cantina. Che dipenda dai trattamenti fatti precedentemente in vigna? Dalla zona geografica? Dal vitigno?

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giulo

circa 12 anni fa - Link

Non è esattamente così, i lieviti presenti sulle bucce sono in grado di avviare la fermentazione almeno nel 99% dei casi, ma non sono in grado di concluderla, perché non tollerano che pochi gradi di alcol. I lieviti che invece posseggono le caratteristiche fisiologiche per resistere alla gradazione crescente, e quindi portare portare a termine la fermentazione, appartenengono per lo più alla specie Saccharomyces cerivisiae,che invece sulle uve è quasi sempre assente sulle uve quando sono sane, e un po' più presente, paradossalmente ma non troppo, quando i grappoli hanno problemi sanitari.

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Mauro ArdeCore

circa 12 anni fa - Link

Quoto in pieno. Spesso l'avvio della fermentazione spontanea avviene ad opera di lieviti definiti non-Saccharomyces come Candida,Kloeckera/Hanseniaspora, Metschnikowia, che si trovano stabilemente in vigneto e sulle uve. Generalmente questi lieviti hanno basso potere alcoligeno e conseguente bassa tolleranza all'alcol, nonché forte sensibilità alla SO2. Il "trucco" sta nel fatto che i non-Saccaromyces, giunti ad aver sviluppato pochi gradi alcol si "bloccano", lasciando campo libero su di un substrato invitante e libero da competitori alle pochissime unità di Saccharomyces presenti nell'aria. Di fatto, però, una volta avvenuta una fermentazione alcolica, le colonie di Saccharomyces "infestano" la cantina, le attrezzature, le strutture ecc...Non è detto che il ceppo di Saccharomyces che si seleziona sia solamente uno, anzi, a seconda delle annate possono prevalerne alcuni a dispetto di altri. Quindi, molto probabilmente, il vino prodotto da una fermentazione spontanea è ottenuto grazie all'azione di uno o più ceppi Saccharomyces selezionatisi nel corso degli anni, e residenti nelle cantina e nelle sue pertinenze, piuttosto che provenienti dal vigneto. Intendiamoci, non che quelli residenti provengano dall'Iperuranio, ma il fatto di aver colonizzato una cantina conferisce una certa stabilità e una certa riproducibilità in merito di protagonisti delle fermentazioni nel corso degli anni. Però c'è un però, seppur "mio personale" e con poche evidenze empiriche. A mio avviso, se una cantina "passa" alla fermentazione spontanea dopo aver utilizzato quella con inoculo per diverso tempo, molto probabilmente si troverà la fermentazione condotta dai medesimi ceppi di lievito che prima aggiungeva ai mosti. Questo in virtù della selezione effettuata dai produttori di lievito, che prima di mettere in commercio un ceppo fanno una serie di prove appunto selettive, atte a scartare i lieviti più "delicati" e a promuovere quelli con maggiore tolleranza ad alcol, solforosa, carenze nutrizionali nonché quelli con un rateo di moltiplicazione maggiore. Questo mi è capitato in un'azienda dove ho svolto il tirocinio, che aveva fatto selezionare ad un laboratorio microbiologico dei lieviti isolati dai mosti dell'annata precedente, penso convinti che fossero degli "indigeni",scegliendo quelli che mostravano caratteristiche interessanti, non so bene con quale criterio e con quali convinzioni. Ebbene, questi lieviti l'anno successivo diedero un risultato sovrapponibile a quello dei lieviti "commerciali", senza eccellere in qualche aspetto particolare; io ritengo si trattasse nei due casi dei medesimi lieviti.

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gianpaolo paglia

circa 12 anni fa - Link

Hai sollevato una serie di punti interessanti. Quello che dici tu sull'inizio della fermentazione e' sacrosanto, i lieviti non-saccharomices iniziano, perche' sono quelli presenti in vigna, lasciando spazio poi al saccharomices. Ma la storia non finisce qui, perche' col proseguire della vendemmia, sono sicuro che nelle fermentazioni successive e' un altra storia, perche' ormai la cantina e' invasa e contaminata dai saccharomices, che prendono il sopravvento fin dall'inizio. Ovviamente sto parlando di fermentazioni spontanee, non inoculate. C'e' chi dice che in effetti il saccharomices non c'entri nulla con la vigna, ma che si sia evoluto ritagliandosi una nicchia biologica all'interno della cantina, essendo piu' resistente all'alcol degli altri lieviti (e alla solforosa). Insomma un caso di coevoluzione tra uomo e lievito. Probabilmente senza l'uomo non si sarebbe evoluto neanche il saccharomices per la produzione di vino, o comunque non nelle forme attuali. Insomma, quella delle fermentazioni e' una storia interessante, tutta intrecciata tra l'interazione tra l'uomo e l'ambiente, e ancora ricca di potenziali scoperte, magari alcune delle quali non esattamente nel segno del rispetto del territorio, ma nel futuro con le biotecnologie ne vedremo delle belle, e i vini che saranno prodotti, in alcuni casi, stenteremo a riconoscerli.

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Gabriele Succi

circa 12 anni fa - Link

Sig. Mauro ArdeCore, stando a quello che dice lei, allora io che ho "sporcato" la cantina per la prima volta con i lieviti indigeni, a tutt'oggi vado sempre con quelli? Mi spiego, anche se le vasche cerco sempre di lavarle nel miglior modo possibile usando trattamenti anche sterilizzanti (vapore, acido percitrico, NaOH), lei mi dice che i lieviti sopravvivono lo stesso "nell'ambiente" per cui anche se nella stessa vasca dove l'anno prima ci avevo fatto fermentare l'uva usando i lieviti indigeni, l'anno dopo (nonostante abbia usato i "comperi") sempre gli stessi dell'anno precedente mi hanno portato a termine tutto il processo di fermentazione? Oppure veceversa, come mi sembra di capire da Gianpaolo Paglia? Quindi "semel quel lievito, semper lo stesso lievito?" Lei mi chiederà come mai ho deciso di passare al lievito selezionato "còmpero"... Purtroppo l'anno successivo qualche tino, causa l'elevato tenore zuccherino, è rimasto per così dire un po' "dolce" e allora ho ovviato il problema in tal senso.

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Paolo Rusconi

circa 12 anni fa - Link

Penso sia dovuto a 2 fattori, primo fatti precedentemente in vigna, secondo la qualità delle uve che si vinificano. Un bel tavolo di cernita aiuta moltissimo a far finire le fermentazioni, ma soprattutto a far si che non se ne inneschino di anomale.

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VinNatur

circa 12 anni fa - Link

Riportiamo qui alcuni video dedicati ai meno esperti (che in questo contesto sembrano pochi per fortuna). Per esprimere due concetti che noi Vinnaturisti portiamo avanti da molto (ebbene si, “noi l’avevamo detto”). Qui Federico Giotto spiega la sua idea di fermentazione spontanea e di “lievito di cantina”. http://www.vinnatur.org/2012/video-04-new11-federico-giotto-lequilibrio-dei-lieviti-indigeni/ Mentre qui Claude Bourgnuignon illustra il SUO concetto di “terroir” , sottolineando in particolare l’influenza dei microorganismi in questo aspetto. http://www.vinnatur.org/2011/claude-bourgninon-parla-al-new11-di-zurigo/

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Danilo Ingannamorte

circa 12 anni fa - Link

approfitto dell'affollamento di lumi per chiedere chiarimenti. 1- se è vero che i lieviti in cantina sono responsabili della conclusione del processo fermentativo, è altrettanto vero che l'azione iniziale, seppur limitata, dei lieviti dell'uva determina una diversità sensibile nel profilo organolettico del vino, giusto? dalla mia piccola esperienza è difatti così. spesso ho degustato in cantina campioni dello stesso mosto fermentato con lieviti autoctoni e non. 2 - i sostenitori del lievito selezionato affermano che le differenze organolettiche tra i due tipi di fermentazioni sono relative solo ai profumi secondari, quelli fermentativi appunto. qualora il vino in questione sia destinato a invecchiare i terziari tenderebbero a coprire i secondari e ad annullare la presunta diversità. se rimane qualcosa di diverso, sarebbero solo i difetti eventuali (=volatile). Venite a ritirare l'onorario della consulenza al mio banco. Vi pagherò con grandi sorsi di vini puzzoni:)

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giulo

circa 12 anni fa - Link

In estrema sintesi: 1 - Non necessariamente. è vero che una popolazione "complessa" è potenzialmente fonte di altrettanta complessità nel vino finito, ma non è automatico che queste differenze siano poi organoletticamente significative, in positivo e in negativo. 2 - non so chi siano coloro che affermano che "le differenze organolettiche tra i due tipi di fermentazioni sono relative solo ai profumi secondari", ma mi sembra una visione un tantinello riduttiva. I criteri di selezione di un lievito sono millanta (cit), tra cui, ad esempio, anche la capacità di esprimere al massimo gli aromi varietali...

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Luca Cravanzola

circa 12 anni fa - Link

Non è assolutamente vero che i lieviti indigeni non riescono a svolgere tutto l'alcol. Un amico produttore che vinifica in una cantina dove non si era mai vinificato prima (quindi nessun inquinamento diretto) dal 96 fermenta tutti gli zuccheri senza grossi problemi. Anche nel 2003 dove il loro bianco ha svolto quasi 15,50 di alcol partendo da un mosto iper zuccherino. (si, è un fenomeno. Non a caso è stato chiamato dai krukki per le loro prove sui reisling.. ne sentiremo parlare) Il difficile e capire quale ceppo sta lavorando in quel preciso momento, così da potergli dare il giusto ossigeno e nutrimento (sost. azotate) Indispensabile interrompere i trattamenti in vigna da fine luglio (se si riesce anche prima) e portare in cantina uva sana (non tanto per i lieviti ma per ridurre il rischio di volatili) Per chi dice che l' omologazione sta nei selezionati, mi dispiace, ma non conosce i selezionati. Non tutti sono "aromatici" che sviluppano profumi di ananas e mango in un nebbiolo di langa ;)

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Mauro ArdeCore

circa 12 anni fa - Link

Attenzione, bisogna anche capire per cosa si intende per indigeni. Si intendono tutti i lieviti presenti sulla buccia, sul raspo e nell'aria, o si intendono solamente i non-Saccharomyces? Nel primo caso le do ragione, un insieme di lieviti indigeni, comprendenti anche dei Saccharomyces, può tranquillamente concludere una fermentazione anche con valori zuccherini elevati. Nel secondo caso sono molto più dubbioso, perché i lieviti indigeni più diffusi sulla buccia (Candida,Kloeckera/Hanseniaspora, Metschnikowia) hanno un'alcol tolleranza che va dai 2,5 ai 7 gradi alcol. Sicuramente il suo amico, con l'interruzione precoce dei trattamenti in vigna otterrà sulla buccia una maggiore varietà di specie, tra cui probabilmente anche dei Saccharomyces, che conducono e concludono la fermentazione alcolica.

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Luca Cravanzola

circa 12 anni fa - Link

Esatto, giusta distinzione. Io per indigeni intendo tutto ciò che non è stato selezionato. Quindi giustamente come lei dice dalla buccia alla cantina, un mix di ceppi tra cui anche i saccaromiceti senza i quali sarebbe praticamente impossibile la fermetazione dopo i 7-8 gradi alcol

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Nic Marsèl

circa 12 anni fa - Link

Problema: una cantina converte la metodologia produttiva passando da lieviti selezionati alla fermentazione spontanea. Alla prima vendemmia della nuova gestione : 1) come consideriamo il lieviti di cantina? Indigeni o selezionati? 2) E dopo 10 vendemmie? 3) Alla lunga quale ceppo prevale, lo stesso dei lieviti selzionati o una mutazione/evoluzione dovuta al terroir?

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Luca Cravanzola

circa 12 anni fa - Link

Beh, innanzi tutto perchè farlo? Sarebbe già una bella domanda... Ma sorvoliamo.. Secondo le mie piccole esperienze nel caso sopra direi che la fermentezione parte con quelli indigeni ma già a 3-4 gradi alcol i sacc. di cantina prendono il sopravvento. Per gli altri 2 quesiti le variabili sono troppe, è difficile rispondere.. Dipende se fermenta in legno/cemento oppure acciao, dipende dai trattamenti in vigna, dalla varietà dell'uva. Per certo posso dire che per avere una fermentazione spontanea di lieviti "il più indigeni possibile" non basta non aggiungere quelli selezionati... il processo è lungo e parte dalla vigna senza dubbio. Come dire che in 5 anni converto una azienda da tradizionale a biodinamico; si, ma nella testa di chi lo dice non nella realtà... Perchè quando serve, Bacillus, non c'è mai?? ;)

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Mauro ArdeCore

circa 12 anni fa - Link

Penso che dare una risposta seria, scientificamente parlando, sia impossibile, senza gli adeguati studi, a dire il vero lunghi e non proprio economici. Ma tant'è...possiamo ipotizzare che l'anno successivo alla "conversione" il/i ceppo/i prevalenti nei mosti saranno ancora quelli selezionati utilizzati fino ad allora, a meno di non aver sterilizzato in maniera sistematica l'intera cantina, ivi compresi pavimenti, pareti, soffitti, ecc... Dopo dieci anni il discorso è più o meno simile, ipotizzo...si saranno selezionati quei ceppi che trovano nella nicchia ecologica di quella determinata cantina le condizioni migliori per vivere e sopravvivere. In questo caso sarà ancora più difficile determinare la provenienza dei lieviti, se si tratterà cioè di eredi di quelli di un decennio prima o se provenienti dall'ambiente circostante (e non è da escludere che questi ultimi a loro volta non provengano da una cantina vicina in linea d'aria). Teniamo conto che generalmente i lieviti selezionati sono tali perché hanno subito una pressione selettiva artificiale, indirizzata a far propagare solo i ceppi con determinate caratteristiche interessanti a livello tecnologico; e questa pressione selettiva si rispecchia spesso in una maggiore "rusticità" e resistenza dei lieviti. Non è da escludere anche che i lieviti, messi alle strette per carenza di nutrienti o condizioni ambientali sfavorevoli, decidano di sporulare, e che queste spore a loro volta vadano incontro a mating con spore di un altro ceppo, dando così origine ad un ceppo "ibrido"; ritengo però sia abbastanza raro come caso.

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Paolo Carlo

circa 12 anni fa - Link

Alcuni dei miei vini dimostrano nella pratica che la fermentazione da lieviti indigeni non solo è possibile ( a determinate condizioni ) ma è preferibile.

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Mauro ArdeCore

circa 12 anni fa - Link

@gianpaolo paglia, 20 gennaio 2012 alle 21:17 Rispondo qui, poiché il blog non mi permette di inserire altri commenti dopo il suo. Sicuramente ha ragione, avevo tralasciato questo aspetto fondamentale: il potenziale di inoculo non si azzera di vendemmia in vendemmia, e anzi si consolida e mantiene nel corso del tempo, se trova le condizioni ambientali per farlo. Questo renderà probabilmente più rapido l'avvio delle fermentazioni gli anni successivi, forse anche "deprimendo" un po' l'azione dei non-Saccharomyces...ma per verificarlo seriamente bisognerebbe svolgere studi replicati nel corso degli anni (che in realtà qualcuno sta già facendo); ed ovviamente non è pensabile adattare i risultati ottenuti in una cantina ad un'altra, fosse anche nelle vicinanze.

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Gianpaolo Paglia

circa 12 anni fa - Link

vorrei farlo anche io uno studio il prossimo anno, per vedere quali sono i lieviti prevalenti ad inizio, a meta' e a fine vendemmia, oltre che a inizio, a meta e a fine fermentazione nei tre periodi citati. Se i costi non sono proibitivi ci provo (io non inoculo sistematicamente da un paio di anni, solo per i bianchi e solo per uve non 100% sane)

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Mauro ArdeCore

circa 12 anni fa - Link

In tutta onestà, non saprei dirle a quanto possa ammontare la spesa. Magari provi ad affiancarsi ad una Università della sua zona, chissà che non ne esca un lavoretto interessante, ovviamente da replicare per qualche anno...

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gianpaolo paglia

circa 12 anni fa - Link

mi organizzero', qualche esperienza di ricerca me la sono fatta in passato.

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Mauro ArdeCore

circa 12 anni fa - Link

Ci faccia sapere come va!

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corrado dottori

circa 12 anni fa - Link

In realtà tutta questa ansia di conoscere cosa e perché sta fermentando è legata solo e semplicemente alla "replicabilità". Ma quanto più è "replicabile" una cosa tanto più essa diventa standardizzata.

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Mauro ArdeCore

circa 12 anni fa - Link

Non mi è chiarissimo questo passaggio. Se una cantina "tradizionale", magari di dimensioni importanti, utilizza lieviti selezionati, lo fa per ottenere determinati risultati di cui è soddisfatta, che possano venire replicati di anno in anno, in modo da poter rendere il proprio prodotto "stabile" e riconoscibile dal consumatore perché, fino a prova contraria il vino alla fine va anche venduto. Se invece una cantina decide di improntare la propria produzione alla "naturalità" (termine molto forzato, ma ci fa intendere), applicando la fermentazione spontanea, perché mai standardizzerebbe il suo prodotto semplicemente conoscendo il ceppo di lievito (o i ceppi) che in tal momento o in tal annata sta fermentando?

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Enzo Zappalà

circa 12 anni fa - Link

non dovremmo mai dimenticare che la fermentazione alcolica è stata la prima forma di metabolismo esistente sul pianeta Terra. La mancanza di ossigeno ha costretto il lievito a fare miracoli. Dopo miliardi di anni, il processo ancora funzione e come... E se si cercasse solo di dare a quella piccola ed espertissima cellula il miglior cibo possibile, ossia l'uva? Sono convinto che la sua esperienza saprebbe come ripetere p'erfettamente la sua azione meravigliosa. All'uomo basterebbe controllare che tutto proceda come Natura ha insegnato, senza volere migloiorare o sveltire... Controllo sapiente, cercando di fare lavorare tranquillamente e nelle migliori condizioni i lieviti che sono presenti nella buccia. Questo non è ricerca del biologico, dei vini veri, peggio ancora dell'orribile messa in scena della biodinamica, ma è solo e soltanto Natura!!!

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Aepicurus

circa 12 anni fa - Link

Scusate se m'intrometto, ma ritengo interessante ricordare che la nuova definizione di terroir è stata messa a punto dalla Commissione Viticoltura e dal gruppo degli esperti di Ambiente viticolo e cambiamento climatico durante l’ultimo Congresso Mondiale dell’OIV (Organisation Internationale de la Vigne et du Vin), svoltosi nel mese di giugno 2010 a Tbilisi, in Georgia : «Il TERROIR viticolo è un concetto che si riferisce a un’area nella quale la conoscenza collettiva delle interazioni tra caratteri fisici e biologici dell’ambiente permette la sua evoluzione attraverso l’applicazione di pratiche colturali. Questa interazione crea caratteristiche distintive per i prodotti che hanno origine in quest’area. Il Terroir comprende una specificità di suolo, di topografia, di clima, di paesaggio e di biodiversità».

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