Le notti complicate della signorina Margherita: le chiavi perdute

Le notti complicate della signorina Margherita: le chiavi perdute

di Redazione

Chi è la signorina Margherita? Non lo sappiamo e non ce lo vuole dire ma le storie che ci invia in anonimo sono troppo belle per non essere pubblicate.

Un raggio di sole caldo e sparato diretto in faccia mi sveglia. Apro gli occhi, la luce viva mi acceca e cerco di capire che giorno è e cosa diavolo sia successo. La sveglia sul comodino, una Oregon Scientific impossibile da usare regalatami da una zia per la cresima, mi dice che è domenica, che sono le nove e che sono sbronza.

Già. La testa mi scoppiava ed il resto era un dettaglio: finestra spalancata con scuro aperto, non avevo il pigiama addosso ma i calzini sì e probabilmente non mi ero manco lavata i denti. Cose preoccupanti se penso al mio fare composto e tendenzialmente molto ordinato e metodico. Nonostante tutto mi sono fatta il letto immediatamente.

Quando scendo al piano di sotto faccio colazione con due Moment ed il caffè con latte che in genere ha il potere di tirarmi fuori dall’aldilà; per la prima volta in vita sono tornata a letto, così l’ho poi dovuto rifare un’altra volta, perché il caffè latte non aveva funzionato.
Sono passati due giorni, è lunedì ed è il mio compleanno e sto bene, reduce da un sabato notte da leoni perché non mi viene in mente altro che quel film e con la sensazione di averli già compiuti.
Perché a volte amare il vino comporta anche trasgredire e trasgredire a volte fa bene, io nel vino ci entro dentro, anche troppo quando mi sfugge la situazione.

Saranno i due mesi passati in casa, il fatto che non toccavo un dito di vino da otto giorni prima di Pasqua, il fatto che avevo voglia di ridere senza pietà, che ho deciso di anticipare il mio compleanno di qualche giorno, infrangere la regola dei congiunti ed invitare a cena in giardino quattro fidate amiche locali. Non bevevo da così tanto tempo non per seghe mentali ma perché avevo avuto un problema di salute che mi aveva costretta alla canna del gas: niente alcol, zuccheri e glutine. Le mie amiche sono ragazze alla buona, tutte a parte una che cambia spesso fidanzato, con figli e famiglia. Queste ultime quando escono sono le più pericolose: bevono qualsiasi cosa, purché sia forte, anche il cinar liscio per aperitivo ho visto passare, non si parla né di lavoro, né di mariti e suocere, men che meno di figli in casa 24 su 24 da marzo. I discorsi sono perlopiù pettegolezzi e andando avanti coi calici confessioni con dettagli a volte macabri o la classica frase “non ditelo a nessuno”.

Io sabato avevo proprio voglia di bere. Tanta. Inizio aprendo un bel Ferrari base che tengo per emergenza e serate soft perché resta sempre la signora delle bevute low cost con una qualità e piacevolezza che asfalta tutti. Con patatine fritte da me e arachidi che amo, che quando le mie amiche sono arrivate era già seccata a metà. Poi due bottiglie di prosecco “integrale” Marchiori che male non è e dopo il Ferrari è un tuffo di pancia.

Segue un Barolo Rocche dell’Annunziata 2014, acqua fresca, con panini e peperonata e poi penso di chiudere con un calice di Malvasia Istriana Orto di Venezia che ne avevo giusto una magnum in frigo e le ragazze non l’avevano mai sentito nominare. All’alba dei 39 ho sfoderato il Coravin, ultima spiaggia dei single pirla come me. E spilla spilla spilla, senti che buono che è e che la bottiglia era sempre più leggera. Finita senza stapparla, compresa una capsula di gas. Poi è seguita una bottiglia intera del mio vermut che proprio leggero non è e al triple sec Luxardo ho perso i conti. Una bottiglia di acqua usata per sciacquare il calice dal Nebbiolo alla Malvasia.

Loro sono andate a casa. Una ha dormito ai giardini comunali in macchina ed è iniziata la mia serata.

Io penso di sistemare casa per smaltire un po’: spaccati tre calici, una terrina, una tazza russa, un vasetto di amarene. Alle 2.30 penso di andare a gettare la spazzatura ed il vetro in un cassonetto a 2 km da casa mia. In macchina. In pantofole. Senza telefono. Ridevo di gusto. Torno a casa e realizzo di essermi chiusa fuori. Ma avevo preso le chiavi, sicura, quello lo ricordavo. Quindi realizzo di averle buttate nel cassonetto del rifiuto secco. E quindi? Sfodero tutte le possibilità e le metto in atto. Entro nel cassonetto? Santo paradiso, non ce la faccio, morire così? Dietro casa mia corre un canale. Mura alta 4 metri minimo ed un ponte. Penso di poter entrare dal giardino: attraverso il ponte camminando in pantofole sulla mura larga 30 cm: andata e ritorno perché al filo spinato non me la sono sentita.

Non so come ho fatto a non cadere in acqua.

Quindi penso: il mio vicino ha le chiavi, è sordo, provo ad entrare in casa sua, cerco le chiavi e faccio finta di nulla. Ho scartato l’opzione perché mi è venuto in mente che ha il fucile.
Poi penso: vado nell’azienda dove lavoro, mi prendo una scala, la carico in camion ed entro dalla camera da letto. Mi arrestano, mi licenziano e sequestro del mezzo. Quindi ultima opzione: ore 3.15 suono a Gianni, un mio amico che ha le chiavi di casa mia, fastidioso come il mal di pancia. Così io in pantofole con cento bestemmie sue recupero le chiavi e vado a letto. Vi ometto i dettagli della telefonata di domenica mattina.

Domenica, i postumi li conoscete credo. Alle 12 in strada davanti a casa vedo brillare delle cose, era un calice rotto. Poi per caso mi cade l’occhio dentro al tombino e vedo una cosa con uno spago bianco: le mie chiavi di casa. Come abbiano fatto a cadere lì non lo saprò mai.

Oggi piove, compio 39 anni ma in realtà mi sento di averli già compiuti. Stasera l’unico programma è non averne; al massimo mi spillo un calice di qualcosa col mio strumento da enofighetta ma ho ancora quel velo di nausea da mal di mare e minestrina. In ogni caso attaccherò le chiavi di casa alla porta e pulirò la mia aspirapolvere che dopo aver aspirato la meringata e le amarene sabato notte accusa qualche problema.

Ah, i pantaloni hanno un buco sul ginocchio destro e ho trovato gli auricolari del telefono dentro ad un vaso di surfinie.
Ho molti pensieri che mi scorrazzano in testa, neanche un senso di colpa. Un altro modo di raccontare il vino è questo, meno elegante e scolastico forse ma molto sincero.

Se volete passare a trovarmi sarete i benvenuti! Assicuratevi prima.

7 Commenti

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Lanegano

circa 4 anni fa - Link

Fantastico.

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Mmartinelli

circa 4 anni fa - Link

Molto figo, unica domanda è come fare a NON avere sensi di colpa dopo una fragorosa sbronza. Perché i miei sensi di colpa già si manifestano nel non essermi lavato i denti. Parliamone.

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Giacomo

circa 4 anni fa - Link

Come un colpo di canoooone... Signorina Margheritta.... nella squisita inanità che pervade intravino, un intervento che contiene due indizi interessanti, forse depistanti... Luxardo e la malvasia... Signorina Margheritta... forse ha Ella origini familiari nei pressi dell'aquila bicipite che volge entrambe le teste a levante?

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Ferretti

circa 4 anni fa - Link

Non so chi sia questa signorina Margherita, però è senza dubbio la migliore penna di Intravino! Unica nota: i single non sono dei pirla, ma solo i più furbi che si sono evitati la quarantena con dei rompicoglioni fra i piedi..

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Arvydas

circa 4 anni fa - Link

Racconto superdivertente, brava signorina (?) Margherita... Ma poi... Barolo Rocche Annunziata quale?? Cmq per me ci sono origini venete per la signorina... ps. no sig. giacomo...non lo so cosa sottointentede con "origini familiari nei pressi dell'aquila bicipite che volge entrambe le teste a levante?"

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Piero

circa 4 anni fa - Link

Fortissimo anche questo racconto come il più recente, mi ha ricordato in pieno certe serate che mi capitavano attorno ai 39 anni... :)

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Iago

circa 3 anni fa - Link

Un racconto dove tutti ci sono passati almeno una volta (a parte il vicino con il fucile :P). Un racconto che mi risveglia il passato e mi incuriosice a provare il Malvasia Istriana Orto di Venezia.... sperando di non perdere le chiavi

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