Le mezze verità del caso Passalacqua
di Antonio TomacelliQuando si dà la notizia di azioni giudiziarie contro un’azienda non si deve mai condannare a priori come fa qualcuno, ma nemmeno assolvere in prima istanza come ha fatto qualcun altro. Noi di Intravino preferiamo analizzare i fatti e valutare la situazione, considerando evidenze e parole.
Nell’inchiesta che ha coinvolto la famiglia Passalacqua, però, ci sono delle mezze verità da chiarire perché giudicare prima della sentenza è sbagliato ma alcuni fatti sono incontrovertibili, nonostante gli sforzi fatti da uno stuolo di avvocati e consulenti di confondere le acque.
Dal giorno dopo in cui la notizia dell’arresto di Settimio Passalacqua è diventata pubblica, sua figlia Valentina, proprietaria della Cantina al centro di una bufera mediatica, ha proclamato al mondo la sua totale estraneità ai fatti utilizzando i canali social dell’azienda e affermando due punti essenziali:
- Lei non è coinvolta nell’indagine sul caporalato
- Non sa nulla degli affari del padre e si dissocia dalle sue azioni illegali
Il punto primo è una mezza verità: Valentina non è coinvolta nelle indagini ma la sua cantina sì, e attualmente si trova sotto controllo giudiziario della Procura di Foggia per assicurare la continuità lavorativa. Più in basso c’è uno stralcio dell’ordinanza del Gip Castellabate che chiarisce tutto.
Valentina non è coinvolta personalmente solo perché il gip ritiene che al timone delle 5 aziende di famiglia ci fosse una sola persona, Settimio Passalacqua, appunto. Le cinque aziende coinvolte nell’inchiesta sul caporalato, per inciso, hanno la sede in comune, Località Posta Nuova ad Apricena, e un unico stabilimento di produzione, giacché quella che doveva essere la Cantina Passalacqua (l’edificio in foto) non è mai entrata in produzione, come rivelato dal blogger Simon J. Woolf.
Lo stralcio (qui sopra) che abbiamo estrapolato da un post di Facebook di Valentina, dunque, è una mezza verità.
Quanto al secondo punto, quello in cui la Passalacqua dice di essere estranea completamente dagli affari del padre, c’è la smentita della visura camerale di una delle aziende indagate, la Tenuta Passalacqua: Valentina è socia al 25% con altri parenti e il padre Settimio come amministratore legale della società accusata di sfruttamento della manodopera.
Valentina, da avvocatessa qual è, ha firmato i bilanci di un’azienda amministrata da suo padre e, pur non essendo tra gli indagati, ha contatti strettissimi con gli affari di Settimio. Quindi, in questo caso, non ha detto la verità.
Ci sarebbero tanti altri punti da chiarire nella vicenda in particolare e nella conduzione della cantina in generale, ma non è questo il momento e il luogo.
Quello che ora ci preme riaffermare è la verità dei fatti, senza gogne mediatiche ma senza equivoci e imbarazzanti difese d’ufficio. I social andrebbero usati con parsimonia e il web è un’arma a doppio taglio.
Seguiamo intanto con attenzione gli sviluppi dell’inchiesta e ne daremo conto prossimamente.
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