Le Gonnare è un colpo di fulmine inaspettato

Le Gonnare è un colpo di fulmine inaspettato

di Daniel Barbagallo

Ammetto subito di non amare particolarmente le degustazioni: che siano verticali, orizzontali o “diagonali”, personalmente mi annoia stare a spulciare i vini, preferisco di gran lunga godermeli senza sperticarmi in paragoni o competizioni di sorta.

Oggi, come capita ogni tanto, faccio uno strappo e mi concedo un tris di Le Gonnare di Fabio Motta, vino che per me è stato un colpo di fulmine inaspettato.

La prima volta che l’ho bevuto non avevo particolari aspettative perché questo vino nasce dall’unione di due dei vitigni con cui ho meno feeling, il merlot e il syrah.

Ho detto che sono vitigni con i quali ho meno feeling, non che non siano in grado di regalare vini stupendi: basti pensare alla Rive Droite, o ai grandi merlot italiani, o al Rodano. Tendenzialmente, però, a queste due varietà ne preferisco di gran lunga altre, sia come profumi che come struttura.

Il primo l’ho sempre visto un po’ come quelle persone che vanno d’accordo con tutti, e la cosa mi lascia sempre un po’ perplesso; del secondo, invece, amo poco i varietali e riesco ad apprezzarlo solo quando essi si affievoliscono ed entrano in gioco le componenti evolutive.

Fabio Motta, che non ho avuto ancora il piacere di conoscere (lacuna che colmerò al più presto), non aveva proprio in mente di fare il vignaiolo, ci si è trovato un po’ per passione e un po’ per caso, e nel bel mezzo della crisi finanziaria del 2008 ha preso un appezzamento di terra in affitto e ha cominciato la sua avventura.

Probabilmente se avesse potuto scegliere un posto dove fare vino non avrebbe scelto Bolgheri, ma con il passare del tempo si è reso conto che erano fatti l’uno per l’altro e che forse in nessun altro posto sarebbe riuscito a dare forma alla sua filosofa di vino come in quel luogo.

I calici parlano chiaro: alla fine il destino gli ha fatto un favore, e a giudicare da ciò che mi sono trovato davanti oggi, il favore più grosso il destino lo ha fatto a noi appassionati.

Le Gonnare nasce con l’acquisizione, nel 2012, dell’omonimo vigneto che ha la particolarità di essere ai piedi della collina e ha un suolo ricco di argilla; l’esposizione a nord garantisce una lenta maturazione del merlot, che si può sviluppare in tutta la sua finezza.

Parlando con lui, risulta chiara la voglia di fare vini sinceri che rispecchino il territorio come lui lo intende, e se a qualcuno non piacciono, pazienza. Ma è assai difficile che questi vini non piacciano, perché sono fottutamente buoni e solari.

Le Gonnare è composto da un 85% di merlot e un 15 % di syrah. Insieme a questi due vitigni Fabio coltiva anche un po’ di vermentino, e di recente ha piantato del cabernet franc. Quello che colpisce è la ricerca in tutti i millesimi della freschezza e della beva, anche frutto di vendemmie anticipate.

Infatti il primo impatto è quello di vini nei quali la componente tattile risulta leggera e veloce, cosa piuttosto riuscita visto che le bottiglie, terminata la degustazione e cominciata la fase di cazzeggio, finiscono alla velocità della luce. Ma ciò che sorprende maggiormente sono le sfumature olfattive, di una complessità non comune.

Oggi bevo l’annata 2013, che è la prima messa in commercio, la 2016 e la 2018.

Prima di parlare degli assaggi parto dalle conclusioni: tutti e tre i vini hanno manifestato una dinamica notevole, si sono mostrati mobili e figli di una grande mano, ma soprattutto dotati di una grande bevibilità.

L’ossigeno diviene una componente fondamentale per coglierne le sfumature e il carattere, tanto che le tre bottiglie sono state bevute nell’arco di circa sei ore, crescendo costantemente e cambiando sfumature, mantenendo tuttavia ben salde le caratteristiche di ogni annata .

Le Gonnare 2018
È il più imponente e muscoloso della batteria, more, pepe, caramella balsamica, bacca di vaniglia e incenso. L’ingresso è assai glicerico e ampio di freschezza e sapidità, il tannino seppur nobile è ancora spigoloso, ma questo, contrastando la grande materia che lo contraddistingue, aggiunge beva. La componente alcolica non ancora perfettamente integrata fa capire che necessita ancora di un po’ di bottiglia, ma è una bevuta di grande gola e una vera promessa di cui conviene metter via qualche bottiglia. Meglio di così non si poteva cominciare. Il più ricco.

Le Gonnare 2016
Il frutto qui è più rosso, amarena e susina, è presente una nobile parte vegetale, il vino è più fuso della versione precedente, risultando intrigante nelle sue sfumature di cuoio, alloro e tabacco dolce. La complessità olfattiva è notevole, e prima del sorso escono profumi di arancia candita e saba. In bocca è più scorrevole, il tannino è amalgamato e il vino risulta molto elegante, meno materico del 2018 e ha una grande beva sostenuta da una sapidità di prim’ordine. Lunghissimo.

È quello dei tre che è rimasto più costante dall’inizio alla fine della bevuta, non cedendo di un passo. Il più romantico.

Le Gonnare 2013
La prima annata prodotta parte più gotica con radici ed erbe mediche, il frutto si snoda tra prugna disidratata e marasca in un quadro che con il tempo si fa più dolce, impreziosito da datteri e note orientali. Il sorso è il più asciutto, il meno grasso dei tre, il finale è piccante. Al secondo assaggio esce una nota affumicata che arricchisce un quadro notevole. È quello a cui l’ossigeno ha dato sicuramente di più facendolo crescere in maniera costante e facendogli guadagnare in progressione, lunghezza ed eleganza. Il più affascinante.

Oggi ho bevuto tre vini molto diversi tra loro, tanto capaci di accompagnare la tavola in maniera egregia quanto di dare grandi soddisfazioni in solitaria. Berli risulta proprio divertente.

Concludo dicendo che tutto ciò che si dice di questo ragazzo corrisponde al vero: passione, talento e umiltà mi hanno fatto fare un tris di bellezza come non mi capitava da tempo.

Devo andare assolutamente a trovarlo, ma lo voglio avvertire di una cosa: Fabio, lascia la sputacchiera nell’altra stanza perché io tutto quello che mi farai sentire lo berrò, e come un vero cafone probabilmente ti chiederò il bis.

 

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Daniel Barbagallo

Classe 1972, di Modena, imprenditore nel tessile. Padre siciliano, madre modenese, nato in Svizzera. Adoro la Borgogna, venero Bordeaux e il mio cane si chiama Barolo. Non potrei mai vivere senza Lambrusco. Prima di dire cosa penso di un vino, mi chiedo cosa pensi lui di me. Ho sempre sete di bellezza.

3 Commenti

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Gino barrini

circa 3 anni fa - Link

Ha fatto una bella scuola da un pioniere di Bolgheri

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Nelle Nuvole

circa 3 anni fa - Link

Una bella descrizione dei vini di uno dei più interessanti Newcomers - chiedo scusa, ma per me meno di dieci anni sono ancora segnale di novità - nel panorama vinoso toscano e soprattutto bolgherese. Detto questo, posso sapere di grazia quali sono "I grandi merlot italiani"? Non quelli più premiati, costosi, famosi, rari eh! Proprio e solo "più grandi" in termini di qualità oggettiva, identità, costanza produttiva, classicità acquisita. Lo so che esistono, ma lo voglio leggere qui. Chiedo per un'amica scettika.

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Fernando

circa 3 anni fa - Link

Migliori merlot bevuti negli ultimi 20 anni: Redigaffi '02, Galatrona '04. Palazzi di Trinoro '13. Eccellenti. Poi una squintalata di delusioni e di soldi buttati via...

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