Le esportazioni sono in crisi per mancanza di container: scopriamo il perché
di Salvatore AgustaQuanti di voi hanno atteso il 2021 con un certo ottimismo? Dopo un 2020 da film dell’orrore, tutte le nostre speranze erano riposte nel nuovo anno ma la ripresa si farà attendere poiché il nuovo anno ha portato con sé un problema del tutto inaspettato: il mondo degli scambi internazionali è messo a dura prova dalla mancanza di container.
Invero, quello che pare esser successo è una sorta di effetto a cascata derivante dall’attuale pandemia; in sintesi, tra blocchi internazionali e rallentamenti vari, la complessa quanto contorta macchina delle spedizioni internazionali si è inceppata. La normale geo configurazione degli spostamenti, intendo quella precedente al virus, è scomparsa completamente e pertanto tutte quelle scelte strategiche per massimizzare gli spostamenti sono franate all’interno di un vortice caotico di imprevisti.
Come preannunciato, a mancare questa volta non sono gli ordini o i lavoratori, bensì i c.d. intermodal container, le strutture in acciaio con le quali i vettori spediscono le merci in giro per il mondo. L’attuale flusso vede un forte reindirizzamento di questi verso il sud-est asiatico con particolare attenzione alla Cina che necessita di questi per rispondere a tutte le comande ricevute da aziende estere.
È proprio il caso di dire che la globalizzazione sta mostrando tutti i suoi limiti. A questo punto, vi starete chiedendo quali sono le ragioni specifiche di tutto questo trambusto.
Bene, come afferma il New York Times in uno dei suoi ultimissimi articoli, una delle principali cause di questo inaspettato quanto incredibile fenomeno è da riscontrare nell’incredibile numero di ordini online che negli ultimi 8 mesi sono stati emessi in territorio statunitense.
E non c’è da stupirsi, se persino voi italiani, con i vari lockdown, avete finalmente scoperto che è possibile acquistare comodamente seduti da casa, immaginate cosa ha fatto un popolo di addicted al consumo e all’acquisto eletronico.
Ricordo personalmente che nello stabile in cui vivevo prima, ogni giorno UPS recapitava circa 8-12 pacchi di merce per uno degli inquilini. Una cosa morbosa, soprattutto se si considera che gli appartamenti newyorkesi non sono proprio come Buckingham Palace.
Ma c’è di più, molto di più.
In America, ormai da circa 8 mesi a questa parte, si sta sviluppando un chiaro flusso di deurbanizzazione, fenomeno che consiste nello spopolamento delle città da parte di masse consistenti della popolazione che si insedia in comuni limitrofi al centro urbano.
Ma certo, complice il c.d. remote working, la città comincia a perdere il suo fascino e il suo conto salato non è più giustificato; poi, le aziende stanno puntando sempre più ad una presenza minima in uffici, prediligendo una forma di attività a distanza.
Oggi in America appare comune riscontrare nelle offerte di lavoro la nota a piè di pagina con la quale si chiarisce che la posizione è disponibile anche in remote working, purché il lavoratore rispetti gli orari definiti nell’accordo ad esempio le tipiche ore di ufficio della east coast.
Tutto ciò premesso, andiamo un po’ a fare i conti con la condizione internazionaleche riguarda il mondo del vino, quella che interessa più da vicino a noi. Invero, oltre al problema del trasporto c’è da tenere a mente il problema delle tariffe doganali, imposte in precedenza dall’amministrazione Trump. Per un certo verso, e sembra un vero paradosso, la loro presenza aveva ridotto l’impatto del primo problema, poiché grazie a queste, gli importatori operavano – dai paesi colpiti dai dazi – solo acquisti centellinati.
L’intento era quello di ridurre nel mercato le quantità di vini colpiti dall’imposizione del 25%, specie durante un teatro pandemico che comportava chiusure e limitazioni.
Tuttavia, da poco più di una settimana si è appreso della sospensione di 4 mesi di tutte le forme di ritorsione commerciale fra USA e EU, inerenti alla trattativa Airbus-Boing. Attenzione, a tale decisione non è stato dato carattere retroattivo, pertanto la sospensione gioverà solo ai vini che faranno ingresso in territorio statunitense solo durante il predetto arco temporale.
A questo punto, come è possibile immaginare, la concomitanza di diversi fattori ha ingarbugliato oltremodo la situazione. Infatti, tenuto conto della graduale e costante riapertura dei bar e ristoranti, nonché dell’avvento delle temperature più miti, l’effetto di tale decisione ha portato la domanda di vino da parte degli importatori alle stelle.
Il tutto nell’arco di 48 ore; un flusso di causa effetto dire quasi immediato. Peccato però che, come detto, non ci siano i containers a disposizione e che proprio la tratta Europa/American East coast è stata ridefinita come marginale.
E a pagarne le conseguenze non sono solo i produttori dei paesi sottoposti alle tariffe, che difficilmente riusciranno a massimizzare questi 4 mesi di pausa, ma anche i nostri produttori che all’improvviso non trovano più vettori disponibili per le spedizioni e devono mettersi in coda come tutti gli altri in attesa del loro turno.
In definitiva, una gran bella gatta da pelare.
12 Commenti
Giacomo
circa 3 anni fa - LinkVi sono settori commerciali in cui la logistica è persino più importante del prodotto. Questo sosteneva Pablo Emilio Escobar Gaviria.
RispondiSALVATORE AGUSTA
circa 3 anni fa - LinkCiao Giacomo, Grazie per il commento. In effetti aveva proprio ragione :)
RispondiPaolo
circa 3 anni fa - LinkL'articolo è illuminante, e mi permettero' di utilizzarlo come base per una ricerca che si allarghi all'agroalimentare: qui hanno brindato alla "fine dei dazi USA per i nostri pregiati prodotti", ma se i termini sono quelli indicati, avranno ben poco da gioire.
RispondiSALVATORE AGUSTA
circa 3 anni fa - LinkGrazie mille Paolo. Indubbiamente, l'attuale contingenza sta mettendo a dura prova un sistema di relazioni pre-covid che oggi stenta a ripartire e la cosa che mi preoccupa di più è la coesistenza di fattori esterni talvolta troppo lontani fra loro da poter essere previsti.
RispondiInvernomuto
circa 3 anni fa - LinkAppena visti i filmati di una sessantina di cargo container in rada fuori la Baia di San Francisco. Allucinante. Ma è solo legato agli USA il resto delle esportazioni vino, per quanto ferme e immobili, per altre destinazioni non hanno questi problemi. Però chiunque lavori nel vino qui da noi, e non intendo chi lo rivende, ma chi lo produce, aveva idee positive sul 2021, che sarà probabilmente peggio del 2020 (già lo è)
RispondiSALVATORE AGUSTA
circa 3 anni fa - LinkParadossalmente avevamo solo da gioire. Con il primo sole alle porte e un'annata pessima in Provence - con i rosé alle stelle - io mi aspettavo di poter avere un'estate tranquilla. Invece, sai quale è la cosa ancora più assurda? L'annata 2019 è rimasta per almeno il 45% invenduta l'anno scorso e già da adesso è tornata nel mercato con prezzi competitivi al netto delle tariffe.
RispondiAnulu
circa 3 anni fa - LinkArticolo utile e veritiero. Da diversi mesi ormai ci sono problemi per gli spedizionieri, per gli importatori nord-americani, e quindi per i produttori di riflesso. Secondo me un altro tema è: nel 2020 i più giustamente non si sono tirati giù le braghe e hanno mantenuto i prezzi, perdendo un 20-30% di fatturato, ma non svendendosi alla prima grande difficoltà. Hanno aspettato tempi migliori diciamo. Nel frattempo però è sopraggiunto il 2021, con le nuove annate da imbottigliare, e allora chi finora aveva tenuto botta ma non aveva fatto uscire tutto il vino previsto per la vendita nel 2020 (cioé una grossa percentuale dei produttori italiani, inclusi quelli con una grande rete commerciale), si trova a decidere come muoversi praticamente nell'immediato. Aspettare ancora, o scontare? Purtroppo mi risulta che in molti stanno già scontando l'invenduto (bianchi e rosati soprattutto), e in molti, anche in denominazioni importanti, stanno tenendo fermo in vasca molto vino, e ci pensano bene prima di imbottigliarlo. E sì, c'è anche un gran bel movimento di vasche. Ciao.
RispondiSALVATORE AGUSTA
circa 3 anni fa - LinkGrazie mille per il tuo intervento. Lo sospettavo, in effetti l'andare giù pesante con gli sconti sta accadendo in molti paesi ad alta produzione dove si stanno verificando le stesse problematiche da te descritte. Argentina e Chile in questo momento fanno offerte non rifiutabili.
RispondiInvernomuto
circa 3 anni fa - LinkEcco perchè conviene, ad una realtà produttiva medio grande (per i canoni europei o italiani, non per quelli del nuovo mondo), avere un nucleo di vigneti di prorietà e una filiera di conferitori da cui acquistare le uve. E avere una buona programmazione. Il risultato? Non avere piùin cantina quasi nessuna btl di 2019 e non dover ricorrere allo sconto pazzo, perchè imbocchi una strada che al contrario non è più percobrribile.
RispondiSALVATORE AGUSTA
circa 3 anni fa - LinkMa a quel punto il problema non viene risolto ma scaricato su un'altro. I conferitoti svenderanno l'uva e senza pensarci manco due volte
RispondiMontosoli
circa 3 anni fa - LinkGia prima di Natale scorso un manager MSC mi diceva che mandavano container vuoti in Cina con una resa di $7000 ciascuno....quando prima COVID era fortunati a far girare un container per $1000
RispondiSALVATORE AGUSTA
circa 3 anni fa - LinkWow...questo è interessante
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