La parresìa e come essa sia applicabile al vino

La parresìa e come essa sia applicabile al vino

di Davide Bassani

Avvertenza: questo è un pezzo qualunquista.

Ho scoperto una parola nuova: parreṡìa. Leggo dalla Treccani online: Schiettezza, franchezza; estens., libertà di parola eccessiva, sfrenata”.

Eh vabbè, direte voi, chi nega di essere schietto, franco e diretto? Probabilmente nessuno. Nei fatti credo però sia sempre – o quasi – un tantino diverso, viste le regole di convivenza civile che sovente ci inducono alla menzogna pur di non scavalcare la siepe che ci separa dal conflitto. Il mondo, oltre che cinico e baro, racconta palle e, specie nelle relazioni, siamo costretti a mentire. C’è chi è spudorato e chi no. Visto poi che quella col vino è una relazione (almeno per me) e gli interposti sono i vignaioli quando non alcuni ristoratori, gradirei dar sfogo alla mia parreṡìa citando alcuni esempi in cui (ometterò per quieto vivere il nome dei protagonisti) avrei voluto esternare tutto il mio pensiero nei confronti di questo o quel soggetto. Va da sé che il pensato è sempre e costantemente negativo. Ergo astenersi musoni. PIP: Pensiero In Parreṡìa.

  •   Una bolla: “Si sente la nota iodata data dal terroir ed una freschezza incredibile originata dalle belle escursioni termiche. Lo Chardonnay ed il Pinot Nero al loro massimo, il nostro vino di punta”. Questo lui – il produttore. PIP: “Amico mio, sarà tutto quello che vuoi ma a 60 euro non esiste. Son troppi. Se vado in Francia spendo meglio ed oltretutto il tuo vicino fa un Extra Brut che vale 3 volte il tuo e costa la metà. Fly down”.
  •   Al banchetto di una delle tante manifestazioni, ovviamente dalla parte del “cliente”. Dal produttore – o presunto tale visto che non spiccica parola – nessun accenno alla tipologia, alla storia, solo: “il nostro 1° rosso, il 2° bianco, il rosato…”. Passi l’ora tarda, passi la molestia di certi “assaggiatori” che chiedono chi fosse il padre putativo del lievito però, caro il mio, (PIP) “fattela una risata e spiegamele due cose perché il vino può anche essere buono ma se sei così silenzioso mi convinco che la bottiglia sia come te”.
  •   Al banchetto/bis. Produttore: “Non bere il vino di Tizio – quello diserba e concima come se non ci fosse un domani ed il suo enologo è Caio, noto filibustiere”. Ed io: “Ma tu non hai alcuna certificazione, perché dovrei fidarmi dei tuoi vini, invece?”. “O ti fidi o non ti fidi, a te la scelta”.  PIP: “Come no; ed io ho scritto Jo Condor in fronte… ‘spetta che mi vado a rileggere che diceva Lombroso, fenomeno”.
  •   Al ristorante. Voglio fare il figo menandomela da esperto e scelgo una bottiglia particolare, diciamo così. Arriva, me la stappano davanti – sempre un’ottima cosa – e me la fanno assaggiare. Vino rosso mediamente invecchiato. Peccato abbia più bolle di una Ferrarelle ed una certa riduzione; raggiunge poi l’acme grazie al sentore vago-putrescente. Le ha tutte lui. Chiamo il cameriere che, dopo le mie rimostranze, consulta il titolare il quale, armatosi di bicchiere, si appropinqua al mio tavolo. E assaggia: “vedi, quelle che senti sono note date dalla particolarità di questo vino. Sono doti, non difetti”. PIP: “Ma Vaffanculo!”.

6 Commenti

avatar

Tommaso

circa 4 anni fa - Link

Beh ... però parresia, con più precisione almeno da Foucault in avanti, è la pratica di professare il vero. Un'etica della verità che pure al vino farebbe tanto bene (forse un po' meno ne farebbe ai produttori e ai venditori ... ed in effetti nel momento in cui un vino va venduto, fare i "parretici" può non essere una scelta ... premiante). Scusate l'OT, ma era giusto per precisare ;)

Rispondi
avatar

Marco

circa 4 anni fa - Link

Parresia parresia per piccina che tu sia.... lodi sperticate su questo ed altri blog/siti/etc a bizzeffe, stroncatura manco una... ed anche questo pezzo avrebbe avuto un senso se per ciascuno degli esempi avessimo aggiunto anche il nome del vino.

Rispondi
avatar

marcow

circa 4 anni fa - Link

"Avvertenza: questo è un pezzo qualunquista". (Davide Bassani) Spesso ho visto usare la parola "qualunquista", anche nei dibattiti di questo blog, per stroncare opinioni come queste di D. B. Opinioni che, sempre più raramente, escono dal conformismo enogastronomico che caratterizza l'epoca contemporanea. (Come dice, con altre parole, Marco) Dovremmo, forse, rivalutare il qualunquismo e non confonderlo con il populismo?

Rispondi
avatar

Davide Bruni

circa 4 anni fa - Link

L'ultima parte è la più riscontrabile oggigiorno: vini che sanno di concime sdoganati per territoriali e\o innovativi. E in tali casi è meglio frenare la schiettezza, evitare di bere l'intruglio e segnare sul libro nero ristorante e ristoratore. Ciao a tutti ✌✋

Rispondi
avatar

Franco

circa 4 anni fa - Link

Quanta verità! Pienamente daccordo con te! Disgustibus! Ma seriamente da segnare sul libro nero! :(

Rispondi
avatar

HappyWiners

circa 4 anni fa - Link

Leggo spesso di ristoratori che contestano il cliente su eventuali difetti del vino. Finora siamo stati fortunati e non ci è mai capitato, però deve essere difficile anche l'altro lato della medaglia. Chissà quanti fenomeni senza esperienza si trovano in giro, che cercano di rimandare indietro bottiglie senza difetti...

Rispondi

Commenta

Rispondi a Franco or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.