La Nosiola in Trentino tra storia e diffusione (scarsa)

La Nosiola in Trentino tra storia e diffusione (scarsa)

di Jacopo Cossater

Dello straordinario successo del Mercato dei Vini dei vignaioli della FIVI avremo forse modo di tornare nei prossimi giorni (18.500 visitatori, numero davvero impressionante per una manifestazione che si è ormai imposta come una delle pochissime da non mancare nel panorama italiano), nel frattempo colgo l’occasione per riportare alcune delle cose che mi sono appuntato in occasione di una delle degustazioni che hanno fatto da contorno alla fiera, quella dedicata alla Nosiola in Trentino.

I numeri sono impietosi: dagli oltre 300 ettari degli anni 70 la nosiola incide oggi nella provincia per neanche 60 su 10.000 complessivi (e tra il pubblico presente qualcuno ha anche sussurrato che è numero non aggiornato, che in realtà potrebbe essere vicino alla sua metà). Molteplici le cause di questo progressivo abbandono, vuoi si tratti di varietà non così resistente, che richiede un’attenzione maggiore rispetto ad altre, vuoi un mercato negli ultimi decenni sempre più orientato non solo a quei vini da vitigni cosiddetti internazionali ma anche a quel pinot grigio che nel nord-est ha trovato sempre più terreno fertile, diventando negli anni una delle varietà italiane più conosciute (soprattutto all’estero).

È in quest’ottica che si inserisce il momento di assaggio voluto dai vignaioli della FIVI, veri e propri custodi di un vino/vitigno capace di sorprendere per delicatezza e per eleganza, oltre che per longevità.

Degustazione Nosiola

Marco Donati, Nosiola “Sole Alto” 2017

La degustazione inizia con una Nosiola d’annata, vinificata in solo acciaio e proveniente dalla Valle dei Laghi, poco a nord del Garda. L’assaggio è teso e generoso al tempo stesso grazie a una mineralità dal sapore gessoso e da note che richiamano tanto frutti tropicali quanto bacche rosse, oltre a più classici sentori di pesca bianca. Un assaggio fragrante, sostenuto da una buona vena sapida a garantirne beva e allungo. Un bianco tanto semplice quanto centrato.

Eredi di Cobelli Aldo, Nosiola “Nosiol” 2014

Si continua con una Nosiola che proviene da Sorni, piccola località tra Lavis e Faedo in Valdadige, e da un vigneto che si trova a un’altezza di circa 450 metri. Ancora acciaio, anche se in questo caso la maggiore permanenza sulle fecce regala al vino un tessuto di maggior peso. Le note sono prima di tutto sulfuree, fini e attraenti, e solo dopo lievemente fruttate con una piacevole deviazione sul fieno. L’annata la ricordiamo tutti, un freddo che si traduce in un’acidità netta, decisa, e più in generale in un assaggio asciutto, straordinariamente attraente proprio per questa sua verticalità. A me è piaciuto moltissimo, è qui che per la prima volta mi è sembrato di intravedere la “forza” di un vino/vitigno capace di essere fragile e di grande personalità al tempo stesso.

Fanti, Nosiola 2008

La zona è quella di Lavis, qualche chilometro più a sud del vino assaggiato in precedenza. Avevo scritto fragilità? Sì, anche se qui sembra esserci una struttura appena maggiore che regala un assaggio di grande integrità, ricco, appagante, morbido senza essere burroso. Le note sono quelle della pesca gialla e bianca, della nocciola, del fieno non senza uno sbuffo balsamico (toni che derivano anche da una vinificazione in piccola parte portata avanti in legno). Una Nosiola godibilissima, che magari non spicca per freschezza ma che è ancora dinamica, leggiadra.

Cesconi, Nosiola 2006

Pressano, ancora poco fuori Lavis ma a nord, sempre sui 500 metri da vecchie viti anche franche di piede per un bianco la cui vinificazione è avvenuta in botti di acacia. Il profilo è evoluto e leggermente ossidato su toni di idrocarburi, di frutta secca, di gesso. Stupisce (ed è considerazione valida per tutti) per compostezza e per distensione. Un bianco che paga in allungo, che a distanza di 12 anni sembra aver dato ormai molto di quello che poteva offrire ma che appare rilassato, compiuto, di sicura piacevolezza.

Pojer&Sandri, Nosiola 1996

Dice Mario Pojer che non c’è partita, che la Nosiola è il bianco più longevo tra quelli che produce, non c’è Chardonnay che tenga. Faedo, sui 500 metri, per un bianco che a 22 anni (!) di distanza appare più fresco che mai, al limite dell’algido. Vibrante su toni di fieno, di nocciola, di pesca bianca e su sentori in generale appena tostati, perfetto sottofondo a dare complessità all’assaggio. Colpisce per delicatezza, per quella fragilità già citata prima che si traduce in una finezza lontana. Un bianco sorprendente, che mette tutti davanti alle potenzialità della tipologia. Quanti i bianchi dell’arco alpino che possono garantire una tale tenuta nel tempo? Alcuni sì, molti no.

Degustazione Nosiola

Pravis, Nosiola “L’Ora” 2014

Secco da uve passite vinificato in barrique di acacia, introduzione necessaria per un bianco che nel bicchiere vive continuamente di questi contrasti. Il colore è carico, vanta sfumature dorate prima di un profilo olfattivo di grande intensità su toni mielati e canditi, su sentori di gomma arabica e di frutta passita. In bocca è però (quasi) secco, se da una parte ben sostenuto da una certa freschezza dall’altra poco dinamico.

Maxentia, Vino Santo 2011

Cambio di passo e di tipologia. Entra in scena il Vino santo, storicamente prodotto a partire da sole uve di nosiola (oggi il disciplinare ne prevede minimo l’85%) in una zona, quella a nord del Garda, che beneficia dei suoi venti. Una condizione che permette un perfetto appassimento naturale delle uve sui graticci, di almeno 6 mesi. Fantastico per profondità nonostante la giovane età, tutto frutto e toni da mercato delle spezie d’estate. Fresco e dolcissimo, l’acidità è netta e il finale di gran lunghezza.

Pisoni, Vino Santo 1983

Che vino! Scuro, scurissimo, è stato imbottigliato nel 1995, dopo più di 10 anni di sosta nei tradizionali caratelli. Frutta secca e cassapanca della nonna, polvere e spezie, gomma arabica e noce, cola e crema pasticcera per un assaggio di impressionante integrità, sfaccettato, profondo e trascinante.

In chiusura l’augurio che la tendenza possa invertirsi, la Nosiola lo merita. Ognuno dei vini in assaggio ha dimostrato una personalità che non lascia indifferenti e che lo pone tra i più interessanti vini bianchi del Nord Italia.

[immagini: Mauro Fermariello]

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

1 Commento

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Max Cochetti

circa 5 anni fa - Link

A me sempre piaciuta da impazzire! Da crederci molto di più!

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