La crisi (di cui forse avete sentito parlare)

di Fiorenzo Sartore

moneyCol crollo della borsa, e col tracollo delle vendite seguito negli ultimi mesi, c’è un settore del nostro gaio enomondo che lavora a pieno ritmo: gli addetti al marketing, i direttori commerciali, cioè i responsabili delle strategie che dovrebbero farci intravedere la luce in fondo al tunnel. Manageronline.it pubblica un breve estratto da un’indagine di Vinitaly, in cui sono contenuti elementi del puzzle utili a definire il futuro prossimo, che si spera carico di ordinativi. Siamo in crisi, appunto, e pendiamo dalle labbra dei venditori.

Questo è il genere di manager che formula affermazioni del tipo “la crisi può essere vista come un’opportunità”. E fin qui, benissimo. Peccato che alla prima riga già trovo qualcosa che farà ingrugnire più di un consumatore finale (e siamo tutti consumatori finali, vero?). Ecco: “soprattutto, e su questo sono tutti d’accordo, non bisogna ribassare i prezzi”. Se ci sarà rilancio delle vendite, questo passerà per investimenti sulla comunicazione, strategie sui tempi lunghi, tutto, ma i prezzi NO, quelli non si toccano.

Diciamo subito: io non so bene se e quanto questo sia giusto. Dal punto di vista dell’azienda, ritoccare i listini al ribasso (di quanto, poi?) sembra la strategia della canna del gas, l’orlo del baratro. Dal punto di vista di chi compra (tutti quanti, come dicevo), mi chiedo se le formule un po’ aeree sulle strategie, da sole, funzioneranno: il messaggio che passa (qualsiasi cosa, TRANNE che ribassare i prezzi), ci scommetterei, finirà per irritare qualcuno. Tuttavia, è pure vero che il prezzo è un elemento che identifica il valore del vino: pensiamo alle dichiarazioni di questi giorni sull’Amarone che “devecostaremolto“. Infine, il prezzo alto del vino di qualità ci ricorda (mai abbastanza) che questo non è un prodotto alimentare necessario – anzi, è il genere di alimento che va consumato con grande misura. Insomma: se un lettore di Intravino ha in tasca l’idea definitiva, ecco, lo accolgo a braccia aperte. Offro anche da bere, nel caso.

[Foto: Manageronline.it]

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

10 Commenti

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Fabio Italiano

circa 15 anni fa - Link

E' vero in generale i prezzi non si ritoccano verso il basso, anche in un periodo di crisi come questo, che per le cantine sarà sicuramente più lungo del previsto. Purtroppo, i prezzi di tantissimi vini italiani sono già molto alti. Tantissime cantine hanno fissato i loro prezzi basandosi su quelli di cantine più note appartenenti alle loro stesse denominazioni. Colgo l'occasione per raccontare un aneddoto, veramente accaduto, così per far capire cosa accade nella realta. Un paio di anni fa, una giovane cantina siciliana doveva scegliere il prezzo per un nuovo vino. Cosa fanno per fissare il prezzo di questo vino? Si procurano una serie di vini noti, di cantine siciliane molto famose, e confrontano i vini. Dalla degustazione scaturisce che il vino è molto buono, sicuramente a livello degli altri. Il prezzo fissato per il nuovo vino oscillava intorno ai 25,00 euro. Morale della favola, il vino si vende poco, il prezzo è completamente fuori mercato. Di questi casi in Italia, c'è ne sono tantissimi. Quindi in conlusione, i prezzi, se si vuole superare questa crisi, devono essere necessariamente ritoccati verso il basso. Ma tutto ciò non basterà se le cantine non investiranno in comunicazione.

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Andrea Gori

circa 15 anni fa - Link

toscana, ieri, chianti classico zona castellina 36 bottiglie 30 + 6 in omaggio, porto franco a 150 euro e 10% di sconto per pagamento anticipato: il bengodi?

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Franco Ziliani

circa 15 anni fa - Link

beh, solo gli "avvoltoi" possono compiacersi del fatto che questa crisi porti le aziende non solo a rivedere, come avrebbero dovuto fare da tempo, prezzi che erano eccessivi e rischiavano di porre i loro vini fuori mercato, ma che le costringe al saldo indiscriminato. A me questo "calarsi le brache" per liberare le cantine e tentare di muovere un po' gli affari, mette tanta malinconia e non mi rallegro di certo. Anche perché non acquisto e non vendo vini...

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Bacco

circa 15 anni fa - Link

Vai ad acqua come Madonna?

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Giampiero alias Aristide

circa 15 anni fa - Link

I produttori sono liberi di fissare i prezzi che credono più adatti ai loro vari mercati. Stupisce, però, quanto poco si siano mossi i prezzi, per esempio, alla ristorazione; stupisce come sia venuta a mancare la flessibilità (prezzi alla carta e alla mescita) che crisi-del-etilometro e crisi-finanziaria-indotta avrebbero dovuto sollecitare ai ristoratori. Si ripropone, ancora una volta, l'inefficienza cronica della catena di intermediari tra noi consumatori e i produttori.

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Andrea Gori

circa 15 anni fa - Link

qui da Burde i prezzi sono fermi da 3 anni mentre in Osteria abbiamo fissato dei prezzi a Maggio 2009 del 20% inferiori a locali simili a Firenze. Sul vino io dico che forse le condizioni di oggi sono davvero troppo a saldo ma prima si era costretti a volte a comprare 72 bottiglie come minimo e se si pagava in anticipo si aveva sì e no il 3% di sconto...non proprio condizioni che agevolano la ristorazione

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Fabio Italiano

circa 15 anni fa - Link

Comprare un tot di bottiglie come minimo ordine e' la prassi. Pochi anni fa mi e' capitato di dover comprare del vino da Morgante, e per ogni 6 bottiglie di Nero d'Avola Don Antonio, sono stato costretto a comprare un certo numero di casse del Nero d'Avola base. Bella strategia di marketing no?! Ovviamente non comprero' mai piu' vini da Morgante.

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Dan

circa 15 anni fa - Link

Molta carne al fuoco, e importante, in questo post. La costruzione del prezzo del vino, prima di tutto. Come per ogni altra cosa, due modi: uno più furbo, uno a mio parere più etico. Nel primo caso ti domandi qual è il massimo che la “tua” gente è disposta a pagare per la tua bottiglia, il tuo nome, le tue sponsorizzazioni, e spari alto, più che puoi. Magari centinaia di euro, in cantina eh, mica alle aste dei grandi, che quella è un’altra storia. Nel secondo caso valuti il costo di produzione, il lavoro, i diradamenti e le rese, il tempo in cantina, poi ci aggiungi quel margine che ti consentirà di rinnovare gli impianti, i legni, di avere un 8m2 al Vinitaly, e magari di comprare tra un po’ quell’ettaro del vicino (che è sempre più verde…). Difficilmente, così, superi le decine di euro, magari tante, ma decine. Chi dei due potrà abbassare i prezzi alla bisogna? Già, ma abbassare i prezzi mai! Come ci dicono i managers di cui sopra. Nei convegni. Perché poi dalla teoria alla pratica ce ne passa, e il proprio personale mercato lo affrontano in modo ben diverso. Enoteche, ristoranti, hotel mi raccontano altre storie, di grandi nomi. 30 + 6 caro Andrea? 30 + 30…, e il listino? Ma quello è per giocare, fallo tu, caro cliente. E se alla mescita, giù ancor di più. Pagare? Quando vorrai e potrai. Questo le grandi cantine se lo possono permettere. Investitori di lungo periodo alle spalle, sovvenzioni regionali per rifare cantine da rivista, l’importante è occupare il mercato, al bilancio ci penseremo l’anno che verrà. I piccoli produttori i prezzi non li abbassano semplicemente perché non possono. Perché i prezzi sono già quelli giusti, perché non gonfiano i listini per poi soddisfare le vanità contabili di clienti incantati dallo sconto. Perché puntano a vendere la loro qualità. In compenso sono disponibili –sono costretti- a assecondare tutte le esigenze: sono pochi ormai tra i clienti quelli che fanno cantina, che investono nel tempo: ma allora, se compri le 18 o le 24 bottiglie, santo cielo, e se le paghi a 60 o 90 giorni, e se ti faccio le consegne tailor made anche ogni 15 giorni, ma le vuoi ricaricare del giusto, farle girare, dare la possibilità a tanti di stappare serenamente un buon vino ad un prezzo corretto? Se la crisi la sentono tutti, le risposte sono però diverse. Chi fa un ricarico del 300% e non si smuove “perché me lo impongono gli studi di settore”, chi non fa magazzino e ricarica di poco (e il vino lo vende ben di più), chi crea una seconda lista da affiancare a quella alta e sulle orme di Slow Food va a caccia di vini scoperta, da poco prezzo, insomma. So di un luogo, bellissimo invero e con altissimi costi di gestione, che lo champagne lo mesce al costo di una bottiglia per bicchiere, più o meno, ma è comunque molto attento al prezzo d’acquisto. Troppo spesso ultimamente, avendo tra le mani un bicchiere di vino più che imperfetto, mi sono sentito dire da chi lo aveva in lista “sì, ma sapessi a che prezzo me lo danno!”.

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Franco Ziliani

circa 15 anni fa - Link

complimenti a Dan Lerner per la lucidità e l'intelligenza del suo commento, merce davvero rara girando tra siti e blog del vino...

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Tomaso Armento

circa 15 anni fa - Link

Mah, sarà ma io quando non si mettono in relativo i commenti e le considerazioni faccio sempre molta fatica a ragionarci su ed esprimere opinioni personali. Non è questione di non voler prendere posizione è che è difficile dire che si sta vendendo caro o meno se non si entra un minimo nel dettaglio di ciò che parliamo. Nell'articolo Fiorenzo (provocatoriamente) cerca di far emergere un aspetto che nel vino, ma come forse in altri settori fa "parlare": la leva prezzo. A me piace porre le questioni in relativo per evitare di ritrovarmi a Genova pensando di essere a Venezia solo perchè entrambe le città sono sul mare....Forse sono fatto male, ma personalmente quando vedo vini venduti franco cantina con doppia cifra triplicati in rivendita legati per forza ai base mi vien da pensare quanta è vendita, quanto è sell-in e quanto è magazzino....chi ha orecchie per intendere intenda. Quando si parla di vini che non possono scendere di prezzo a quali ci riferiamo? Che tecniche di produzione ha adottato il piccolo? E quali investimenti commerciali? Quelli strapagati mi sa che li conosciamo tutti, ma sicuramente non sappiamo con che volumi occupano il mercato, quindi quanto sono davvero significativi. Ergo come fare l'analisi? Io lo dico da molto che le politiche di pagamento lunghe e gli sconti alla 30+30 sono mosse dei grandi per non perdere quota e creare barriera ai piccoli. Credo invece che l'inefficienza distributiva sia da smontare scendendo a valle, cercando di saltare degli anelli delle vendite: io vendo il 98% da solo, la mia famiglia ormai lo fa da più di 30 anni....invece di pensare a calare i prezzi mi trovo finalmente (a partire da quest'anno) a dover gestire la crescita, boh! Eppure faccio Dolcetto d'Ovada come DOC oltre ad altre etichette.... Non che voglia demonizzare la distribuzione, anzi sto crescendo proprio grazie all'interesse crescente di enotecari verso i miei vini, ma da quanto vedo le persone sono diventate attentissime al rapporto qualità prezzo: che la crisi li abbia infurbiti? Ben venga!

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