La 2008 è la migliore annata di sempre per le bollicine europee, la Riserva Mosnel lo conferma

La 2008 è la migliore annata di sempre per le bollicine europee, la Riserva Mosnel lo conferma

di Andrea Gori

Si può essere più o meno d’accordo, ma i fatti, i punteggi e i primi assaggi parlano chiaro. In un settore dove la critica non è così determinante come altrove (in Champagne) la vendemmia 2008 ha fatto strage di 98+, e ancora non sono usciti mostri sacri come Krug e Dom Perignon. Ma sono disponibili gli altri millesimati importanti, e ogni volta si è assistito a grandissime performance. Non fa storia a sé la Franciacorta, che nella 2008 pare aver trovato una quadra formidabile tra freschezza, vendemmia non troppo anticipata in agosto, equilibrio di frutto e maturità delle uve. Ha trovato soprattutto aziende che hanno capito per tempo cosa stava succedendo nel vigneto, e hanno lavorato di conseguenza, elemento fondamentale per avere un grande risultato.

Non poteva esserci annata migliore in effetti in casa Mosnel, tra le aziende fondatrici della Franciacorta, per presentare una nuova etichetta, la prima Riserva della loro storia. A dire la verità non è del tutto nuova perché questa Riserva esce come ideale proseguimento del progetto QDE (Questione D’Etichetta), una serie di millesimati riserva che ogni anno legavano la loro veste ad un concorso di idee e design, scelti in annate dove ci fossero le condizioni per una lunga permanenza sui lieviti e spesso dosaggi molto bassi. Del resto quando c’è la grande annata l’equilibrio spesso è ricavabile dalle uve stesse.

Il basso dosaggio è una delle caratteristiche fondanti di Mosnel, azienda agricola a Camignone dal 1836 e fin dalle origini Martinotti dell’azienda moderna, insieme a Berlucchi e altri pionieri fece nascere la Franciacorta nel 1961. Anche quando Emanuela Barzanò Barboglio (madre di Lucia e Giulio Barzanò, attuali proprietari e conduttori dell’azienda) produceva spumanti in autoclave, il gusto è sempre stato improntato alla freschezza e sapidità piuttosto che dolcezza e accomodanti morbidezze. La linea attuale della casa non si discosta dai vini che piacevano ad Emanuela, un personaggio carismatico forte, cacciatrice e spirito indomito d’altri tempi.

Tutta la linea  ripercorsa durante la degustazione del mattino in azienda (che oggi conta 41 ettari di proprietà, in regime biologico) è stata proprio studiata per mettere in evidenza il carattere dei vini Mosnel, la cui gamma ha almeno due elementi distintivi: il basso dosaggio e l’uso del pinot bianco, uva storica per cui Flavio Polenghi, tecnico di cantina, ha parole di elogio. Il pinot bianco si rivela nei vigneti del Mosnel ben più floreale, sottile e fine dello chardonnay sia al naso che al palato, ma soprattutto ne è un complementare ideale, con epoche di vendemmia sfalsate (il pinot bianco è più tardivo) e in ogni vendemmia ha qualità e tono differenti rispetto allo chardonnay, che è comunque spesso più ampio e largo, ha più ciccia: utilizzati nel blend garantiscono una costanza preziosa nei non millesimati, ma anche nei millesimati offrono un bilanciamento importante se si vuole lavorare a basso dosaggio.

Mosnel Franciacorta Pas Dosè.
30 mesi sui lieviti ma stesso uvaggio, 60% ch 30% pn e 10% pb del sans année. 
Cedro, lime, ginestra, sale, pepe bianco e sambuco. Bocca ampia, diretta e saporita, con lime e arancio, tocco tropicale fresco, cremosa e sapida ma aggressiva, dove l’affinamento in legno aiuta ad avere equilibrio speciale, che rilancia in freschezza senza penalizzare frutto. 89

Mosnel Franciacorta  Brut.
60% ch 30% pb 10% pn, 24 mesi sui lieviti, 5gr/lt zucchero.
Carezzevole, dolce di robinia, agrumi canditi e miele, biancospino e sambuco. Bocca con note di sottobosco e rafano, grintosa e asciutta con finale di nocciole e mandorle che intriga e disseta con sua freschezza sostenuta. Il più “Franciacorta” della batteria, comunque molto riconoscibile. 88

Mosnel Franciacorta  Satèn 2013.
100% ch di cui 40% legno.
Rose, ginestra, anice, cipria e vaniglia, pesca bianca e sale. Pepato e grintoso al sorso con struttura importante, non in sintonia con la tipologia come viene in genere interpretata e comunque bellissimo: bocca con lytchees, burro e anice, carnosità e freschezza mentolata. Lungo finale in agilità. 92

Mosnel Franciacorta Ebb 2013.
100% ch, deg. giugno 2017, no malolattica: vigneti più longevi, vino nato nel 2003 (annata molto sui generis) e dedicato ad Emanuela Barzanò Barboglio, vinificazione tutta in legno.
Ha larghezza e croccantezza superiore, sambuco e agrumi, limone e ananas, tropicale, brioche e burro. Bocca di zenzero e bergamotto, ficcante e molto meno dolce del naso ma con carica ed energia esuberante e luminosa. Freschezza sugli scudi con note mentolate a completare un quadro molto affascinante e ricco. 91

Mosnel Franciacorta Riserva 2008.
Pas dosé, 60% ch 20% pn 20% pn, deg. ottobre 2017, parziale malolattica, 102 mesi sui lieviti.
Ha note floreali, profondo e stordente di magnolia e gelsomino, fior d’arancio e fico maturo, gioca su note fresche sorprendenti e carezzevoli, appuntite ma senza tralasciare mandorle e frutta esotica più albicocca, zenzero orzo e iodio, timo alloro e oolong tea. Cremosità del sorso che conquista con note balsamiche che esaltano la freschezza del frutto, dando spazio anche a note di evoluzione, confettura e tostature di caffè indonesiano. 95

risotto con scampi francesco oberto cherasco

Il pranzo ci permette di provarlo con i piatti di Francesco Oberto, giovane chef stellato piemontese da Cherasco (CN). Se l’Asparago di Santena con senape fatta in casa si rivela sfidante ma ben riuscito sul Pas Dosé 2011, la stoffa della Riserva 2008 si mostra appieno sulla Tartare di gamberi rossi e spuma di Roccaverano e soprattutto sul Risotto zafferano e scampi, giocato in maniera molto decisa da Francesco. Sul Rombo piselli paleta iberica de bellota la sfida-non-sfida affianca al 2008 Mosnel la Riserva Lunelli e Moet et Chandon entrambi 2008, a suggello dell’eccezionalità di prestazioni delle uve da metodo classico in questa annata. C’è spazio anche per una 3 litri conclusiva di QDE 2004: mostra una freschezza e un equilibrio impressionanti, che fanno immaginare meraviglie per la resa nel tempo di questo 2008.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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