Iniziamo a parlare seriamente di vino in lattina. Ho bevuto i Quartin (e poi intervistato chi ci sta dietro)

Iniziamo a parlare seriamente di vino in lattina. Ho bevuto i Quartin (e poi intervistato chi ci sta dietro)

di Massimiliano Ferrari

È storia ormai stranota, i giovani e i giovanissimi si filano poco il vino. Articoli, report e approfondimenti di ogni genere hanno sviscerato il tema in lungo e in largo arrivando alle conclusioni di cui sopra: millennials e generazione Z si stanno allontanando in modo progressivo dal vino e da tutto ciò che ci gira intorno. Eric Asimov, in un pezzo di inizio febbraio uscito sul New York Times (i primi tre che volessero leggerlo senza essere abbonati devono solo indicare la mail nei commenti e glielo regaliamo noi, ndr),  ha tracciato i contorni di questa situazione relativamente al mercato americano. Bottiglie che costano sempre di più, un marketing ad uso e consumo degli over 50 sono solo alcune delle ragioni che rendono il mondo del vino poco appetibile per i bevitori di domani. È interessante notare però che, parallelamente a questo disamore, si vadano consolidando nuovi trend che provano a rianimare un mondo del vino sempre più anziano e immobile nelle sue abitudini. New York Times La lattina non è il nuovo che avanza: già negli anni Ottanta ci furono i primi esperimenti, ma il suo ritorno sulle scene sta attirando attenzione e consenso. Complice anche l’aumento del costo di materie prime come il vetro, il vino in lattina sta diventando un fenomeno in crescita che negli USA registra considerevoli aumenti in fatto di fatturato e volumi. Sull’Italia non c’è molto da argomentare. Salvo rare eccezioni, il settore del vino è ancorato a tradizioni e consuetudini radicate e la lattina porta con sé il classico pregiudizio della scarsa qualità e uno sguardo critico che vede vino e lattina come elementi incompatibili fra loro. I progetti in questo senso sono ancora pochi e la lattina viene vista come fumo negli occhi dai consumatori. È stata una bella sorpresa quindi imbattermi nel progetto di Quartin, nuovo brand che si sta affacciando in Italia nel mercato del canned wine. Non ho resistito e ho ordinato al volo le lattine, le ho bevute e mi sono messo in contatto con Lorenzo Foffani, creativo con il pallino del vino che, insieme a quattro soci, ha creato appunto Quartin. Prima di leggere l’intervista, due parole sui vini che al momento compongono il catalogo di Quartin: una ribolla gialla e un sauvignon blanc per i bianchi, un refosco come rosso. Innanzitutto, prima del vino la lattina per funzionare deve spiccare, essere graficamente incisiva, comoda da maneggiare e quelle di Quartin centrano il primo obiettivo. Non ancora pronto per un assaggio direttamente dal contenitore ho bevuto i tre vini in un classico calice e la verità è che mi hanno stupito. I due bianchi, ribolla e sauvignon, si distinguono per un gusto nitido, pulito, varietali il giusto senza diventare caricature. Il refosco è un rosso agile, leggero e immediato, forse il meno dotato in termini di personalità ma in ogni caso goloso e sbarazzino. E ora l’intervista con Lorenzo Foffani.


Quando e perché nasce Quartin? Quartin è la storia di cinque appassionati di vino, ognuno per un motivo diverso. Lorenzo Canali e Andrea Marchesi sono soci e fondatori della Bottega del Vinaiolo, un’insegna con tre wine-shop in giro per Milano, e sono grandi tifosi dei formati alternativi sostenibili. Andrea è un grande esperto delle cantine italiane, assaggia i vini, si informa su tecnologie, innovazioni, processi, normative. Lorenzo si muove solo in bicicletta e parla di vino con importanti distributori, ma soprattutto con con ogni vecchietta del quartiere. Fausto Trucillo è responsabile della digital transformation di una casa editrice, e spesso si interroga sulla possibilità di nuovi canali di distribuzione per le cose che fanno bene all’anima, come la lettura o un bicchiere in compagnia (possibilmente le due cose insieme). Insieme a mio fratello Guglielmo, abbiamo una piccola cantina di famiglia e conosciamo da vicino la passione che c’è dietro ad un vino di qualità e la difficoltà di stare dietro alle logiche di mercato. Lui si occupa di scienza e ricerca, mentre io di brand e comunicazione. Entrambe queste cose sono risultate utili al progetto Quartin. Per motivi diversi, ci siamo resi conto che si poteva portare una forte innovazione al vino, provando a sostenere le cantine indipendenti, utilizzando un contenitore più sostenibile, e proponendo un utilizzo più informale, libero e leggero. Tutto questo semplicemente con la lattina da 250 ml. Un Quartin, appunto. Il fatto che il vino finisca in una lattina per tanti è visto come un declassamento, un modo per trattare il vino come qualsiasi altro prodotto alimentare. Il vino sta diventando una commodity? La lattina è semplicemente un contenitore: ci sono vini particolarmente adatti, e altri invece no. Giudicare un vino dal suo contenitore è come giudicare il libro dal formato in cui è stampato. Alcune storie è bello leggerle stampate e tenerle in libreria con la copertina rigida, altre magari le leggi solo in formato digitale. Il vino è tutt’altro che una commodity. Molti riscoprono il piacere del territorio, altri approfondiscono l’esperienza organolettica, altri invece lo accompagnano a momenti conviviali. Quartin non è un’operazione di marketing di una multinazionale, è una piccola start-up che crede in chi prende la qualità sul serio, senza prendersi troppo sul serio. Ci piace fare le cose per bene (le nostre lattine sono state premiate tra le più buone al mondo) e insieme essere provocatori e irriverenti: nessuno poteva fare questo meglio di DUDE, l’agenzia che dal primo minuto ha lavorato al nostro fianco trasformando la nostra visione in un brand. Dalla prima lattina di Giacobazzi negli anni ’80 ad oggi cos’è cambiato per il vino in lattina anche a livello tecnologico? Inizialmente la lattina era utilizzata per avere vino in un formato più pratico ed economico, sfruttando la minore quantità di prodotto ed un contenitore ad un prezzo più basso del vetro. Oggi la lattina è utilizzata per avere un prodotto ad un più basso impatto ambientale rispetto alla bottiglia: per questo motivo nel Regno Unito alcune catene ad esempio stanno abolendo il formato mezza bottiglia sostituendola con le lattine. Esistono ancora quelle economiche che puntano al grande volume, ma la novità è che sta nascendo una fascia di prodotto medio alta, attenta al prodotto ed all’ambiente. Nel frattempo è cambiato il modo di fare il vino, si utilizzano tecnologie che in passato non c’erano, si fanno più analisi, c’è molta più attenzione al prodotto e a come viene trattato e seguito. Allo stesso tempo si sono evoluti i packaging delle lattine, che sono stati realizzate in modo sempre più idoneo al contenimento del vino. Infine stanno evolvendo le normative di riferimento. Insomma, sono cambiate un sacco di cose, e noi ci auguriamo che sia sempre nell’ottica di una maggiore qualità e sostenibilità. Come si diceva prima nella metafora dei libri, ogni storia ha il suo formato, la tecnologia aiuta semplicemente a scegliere il proprio. Noi stessi siamo consumatori di vino in bottiglia, ma per una passeggiata sul lungomare, una gita in barca, un delivery a casa o semplicemente per non lasciarla aperta in frigo, meglio una lattina. I vostri prodotti per il momento sono Ribolla, Refosco e Sauvignon. Avete in progetto di ampliare la gamma nel prossimo futuro? Certamente. Abbiamo in cantiere diverse opzioni, tra cui un rosato e un frizzante. Ma siamo partiti con prodotti molto specifici come la Ribolla e il Refosco proprio per entrare da subito in sintonia con il territorio, senza strizzare l’occhio al mercato internazionale. Sono in tanti a vendere vino in lattina nel mondo, noi siamo stati tra i primi a volerlo fare in Italia e per questo crediamo sia importante rimanere legati al territorio e alle sua specificità. Qual è stata la risposta di un mercato molto tradizionale e spesso restio alle novità come quello italiano? Non vogliamo piacere a tutti, né dobbiamo convincere gli appassionati della bottiglia. Sappiamo che su 10 persone, 7 non sono interessate a provare la lattina, mentre 3 sono curiose. Tra queste, una solo la proverà sicuramente. Se da un parte significa che c’è ancora molta strada da fare, dall’altra sappiamo che un 30% del mercato è già aperto all’idea. Ed è proprio agli animi aperti che vogliamo rivolgerci. Quelli che non hanno troppo timore di sentirsi fuoriluogo, anzi. Perché il vino migliore è sempre quello che si trova al momento giusto, nel posto sbagliato. Chi immagini possa essere il vostro consumatore ideale? Non ci piace tanto pensare all’idea del “consumatore”, di chi consuma qualcosa. Tanto mendo un consumatore ideale, che probabilmente non esiste. Ci piace pensare a persone curiose, che per una cena con amici prendono una bottiglia, ma quando sono da sole si aprono una lattina che almeno non rimane aperta. Ci piace pensare a chi si porta una lattina in bicicletta per premiarsi alla fine di una pedalata, o a chi la tiene nello zaino per berla a un festival, in cima a una montagna, durante una passeggiata al mare. Ci piacciono persone attente a quello che conta, al vino buono, a chi lo produce e a un packaging con un impatto minore possibile. Persone che sanno scegliere la qualità e vivere col sorriso, senza troppa paura di sentirsi fuoriluogo se fanno cose diverse dagli altri. Come vedi il futuro del vino in lattina? Da dati e ricerche sappiamo che il vino in lattina è un mercato in crescita e continuerà ad esserlo per parecchio tempo, mentre in Italia sta iniziando a muovere i suoi primi passi. Incontriamo sempre più persone interessate, ma se guardiamo al futuro cerchiamo di mantenere uno sguardo d’insieme, non solo sul packaging. Ci importa che il vino sia fatto per bene, in luoghi dove c’è passione e tradizione e che il modo di berlo sia sempre sostenibile, leggero e irriverente. Forse ci saranno confezioni ancora più innovative e noi sicuramente le terremo in considerazione, rispettando la qualità ma senza paura di rompere gli schemi. Un brindisi alla curiosità.

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Massimiliano Ferrari

Diviso fra pianura padana e alpi trentine, il vino per troppo tempo è quello che macchia le tovaglie alla domenica. Studi in editoria e comunicazione a Parma e poi Urbino. Bevo per anni senza arte né parte, poi la bottiglia giusta e la folgorazione. Da lì corsi AIS, ALMA e ora WSET. Imbrattacarte per quotidiani di provincia e piccoli editori prima, poi rappresentante e libero professionista. Domani chissà. Ah, ho fatto anche il sommelier in un ristorante stellato giusto il tempo per capire che preferivo berli i vini piuttosto che servirli.

16 Commenti

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Aldo

circa 1 anno fa - Link

Se sono in tempo leggo volentieri l’articolo del nyt. Grazie

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Gaetano

circa 1 anno fa - Link

Grazie X il link del NYT.

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Gea

circa 1 anno fa - Link

Grazie, leggerò con piacere l'articolo del NYT

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Elisa

circa 1 anno fa - Link

Buongiorno, se possibile e ancora in tempo per l’articolo del NYT : elisa@riecine.it

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Marco Gallardi

circa 1 anno fa - Link

Mercati come quello USA , o come quello Cinese, al quale io faccio riferimento sono senz'altro più accessibili a formati diversi dalla bottiglia di vetro. Come dice Lorenzo Foffani il packaging conta moltissimo, ma in ogni caso dentro ci deve essere la giusta qualità'. Qui in Cina ne sono arrivati parecchi di formati diversi dalla bottiglia, ma quella che pare abbia un certo apprezzamento e' proprio la lattina.

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Gianni Moriani

circa 1 anno fa - Link

Se mi fate leggere l'articolo del nyt vi sarò molto grato

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Piccolo consiglio: se vi registrate al NYTimes avete alcuni articoli in lettura gratuita. ;) Altra nota pratica, l'articolo riprende dati di una ricerca che potete scaricare per intero qua: https://www.svb.com/globalassets/trendsandinsights/reports/wine/svb-state-of-the-wine-industry-report-2022.pdf

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Nelle Nuvole

circa 1 anno fa - Link

Che fatica andare appresso a queste tendenze; almeno che il vino sia versato in un bicchiere e non trincat..., ehm, bevuto direttamente da contenitore, vi prego, vi prego, vi prego con tutta la forza del mio cuore boomer.

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...CITO : "... utilizzando un contenitore più sostenibile, e proponendo un utilizzo più informale, libero e leggero...." RISPONDO: " ... li assaggerò senz'altro , per scienza e conoscenza . Mi domando : è davvero necessaria , questa operazione ? Quando si parte con lo stimolo alla : sostenibilità , al "...il modo di berlo sia sempre sostenibile, leggero e irriverente "... magari aggiungendo che chi lo beve sarà più simpatico , scanzonato , felice di vivere e anche più bello , mi cadono i cog****ni dai lati delle braghe , ma sono io sbagliato e boomer ...

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Marco

circa 1 anno fa - Link

Una simpatica alternativa al vino in brick...

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Matteo

circa 1 anno fa - Link

Secondo me è un'idea può funzionare tra i giovani, la comodità di portarsi una lattina di vino bianco fresco in spiaggia ad esempio. Da ragazzo ci capitava di comprare panini e bottiglia di vino invece della birra per andarlo a bere in un parco o boschetto e accorgersi dopo che non avevamo il cavatappi...quanti sugheri pigiati dentro la bottiglia ci saremmo risparmiati ahah

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

... chiederemo a Monsieur DE Villaine se è disposto a mettere una aliquota di Romanée Saint Vivant in lattina , per condensare il succo dei 2 articoli...

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Giuseppe

circa 1 anno fa - Link

Dubito rimpiazzera' le mie amate bottiglie di vetro in cantina pero` cosi` almeno avro` un alternativa alla birra quando vado a camminare in montagna o a pedalare sugli sterrati con gli amici(*). Buona giornata a tutti (*)non funzionera' con tutti ho un amico - che credo legga anche Intravino - che si porta sempre nello zaino una buona bottiglia e, se riesce, pure i calici giusti per bercela arrivati a destinazione... un mito! :-)

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Michel Rolland, enologo francese: "Il vino È ALCOLICO. Punto. Tanto, poco, troppo: la sostanza non cambia. Il vino è alcol. Tutto il resto non è vino. Deve essere chiamato bevanda. E io non ho nulla in contrario. Anzi”. “Mi dicono che sta crescendo l’interesse per i dealcolati e le proposte in LATTINA. Sono vini di marketing. O meglio, non sono vini per me. Ma se l’attenzione cresce, e con essa le richieste del mercato e dei CONSUMATORI, sono davvero contento e felice. Mi fa piacere. Ma la mia idea non cambia" (Michel Rolland, enologo) ____ Per me il vino è alcolico(e preferisco il vetro): sono uno dei pochi, nei dibattiti, a evidenziare l'importanza dell'alcol in un vino(e senza nascondere, però, i rischi per la salute). Ma penso che i VINI DEALCOLATI avranno successo e l'ABBINAMENTO con la LATTINA è perfetto. Comunque, secondo me, anche i vini alcolici saranno venduti in lattina per alcuni motivi che sono stati evidenziati nel dibattito. Escludo i grandi vini.

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

....CITO da MIchel Rolland : " ...Oxygenée , oxygenée , oxygenée..."

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Dal Web: "Micro-oxygénation du vin (ou micro-bullage)" [...] "Un promoteur médiatique : Michel Rolland" "Pourtant, cette technique en passe de devenir une technique standardisée est à la mode. Elle l’est d’autant plus qu’elle a pour chantre et co-inventeur un œnologue très médiatique, Michel Rolland, très présent dans le monde du vin de Bordeaux et plus particulièrement à Pomerol. Il fut la vedette bien involontaire du film de Jonathan Nossiter, Mondovino. Ne s’est-il pas donner par ailleurs le surnom de flying wine maker, le vinificateur volant, exportant cette technique (et d’autres encore) dans  bien des wineries de part le monde !" (Conclusione dell'articolo che illustra la tecnica della microssigenazione che ha reso famoso Michel Rolland) https://dico-du-vin.com/micro-oxygenation-ou-micro-bullage-vinification/ PS "...Oxygenée , oxygenée , oxygenée..." Caro Vinogodi, oltre a ossigenare il vino l'uomo contemporaneo dovrebbe ossigenare il cervello per orientarsi meglio in un mondo complesso che spesso confonde. Saluti

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