In my comfort zone (un Tai Rosso dei Colli Berici)

In my comfort zone (un Tai Rosso dei Colli Berici)

di Nicola Cereda

“Io avevo avuto l’orgasmo … Niente a che vedere con quelli che mi organizzo da solo, ma un discreto orgasmo per essere in due” (Giorgio Gaber, Dopo l’amore)

Una volta rifornita a dovere la cantina, la nostra casa resta il miglior luogo dove bere vino e apprezzarne ogni sfaccettatura. Vuoi mettere il relax della comfort-zone? Magari soli soletti, con la possibilità di personalizzare l’ambiente con son et lumière, scegliere bicchieri e companatico preferiti, vestirsi comodi e lasciarsi andare, liberi dalla preoccupazione di dover guidare un’automobile per raggiungere il letto? Una delle cose che gradisco particolarmente è la possibilità di gestire al meglio la temperatura di servizio.

Non sono un fanatico e non possiedo termometri professionali ma confesso di essere stufo di bere vino a temperature palesemente errate. Prima della pandemia, come tutti, amavo uscire per stare in compagnia, bere e mangiare, in ordine di preferenza. Ed è proprio nei locali dove il vino la faceva da padrone che ho visto infliggergli le peggiori torture. Mi ha sempre provocato un certo fastidio seguire con lo sguardo la “mia” bottiglia di rosso prelevata direttamente dallo scaffale là in alto, dove fa più caldo. Facile facile a 25 gradi indipendentemente dalla stagione.

Farlo notare era un po’ da spocchiosi ma le risposte non di rado tradivano un livello di professionalità, spiace dirlo, discutibile. È che quando m’arriva un calice di rosso importante, diciamo da sette/otto euro, caldo quanto un brodino, mi vien voglia di vendere l’anima al luppolo. Ora che è andato tutto in vacca, mi rendo conto che non è certo il momento di mettere i puntini sulle “i”, che i problemi son ben altri. Eppure il pensiero sorge spontaneo mentre mi gusto fresco il giusto, nel mio esilio dorato in modalità Fantozzi pre-partita, un Tai Rosso dei Colli Berici.

Ammetto di essermi preso una sbandata per questa DOC, le cui uve (tocai rosso) vantano una parentela molto stretta con la garnacha  spagnola, la grenache francese e il cannonau sardo. La specificità della mattonella veneta si esprime attraverso vini molto meno concentrati e potenti rispetto ai fratelli mediterranei. Qualcosa a metà strada tra la speziatura di un Bardolino, il frutto di un St.Magdalener e l’aromaticità di un Lacrima di Morro d’Alba. Accettate un suggerimento? Evitate le versioni riserva (ufficio complicazioni cose semplici) e tuffatevi nell’irresistibile immediatezza del Colli Berici DOC Tai Rosso 2018 dell’azienda Pegoraro.

Se l’annata 2017 mi aveva conquistato, il nuovo millesimo si conferma con lode. Elegante, leggero, versatile. Rosso rubino scarico, sbuffi di rosa e geranio, frutto gaudente (lampone su tutto), spezie assortite (un ricordo di infuso di karkadé), una punta di tannino fine e ben integrato, acidità quanto basta e beva pericolosa. Otto euro (!) presso la cantina di Barbarano di Mossano (Vicenza), ricavata in un ex-convento del 1200, attorno alla quale si estendono gli otto ettari di proprietà gestiti in regime di lotta integrata.

Non servitelo a più di 15 gradi centigradi (o a qualcosa che somigli ad una temperatura di cantina), rischiereste di rovinarne il carattere gioviale e spensierato, esibito per giunta con una certa classe. Infine, dai gradi di servizio al grado alcolico. Anche qui buone notizie: se nella calda annata 2017 era limitato a soli 12°, nel 2018 registra un 12,5° che fa molto “francese”.

Salviamo dalla febbre almeno il vino! Ci ripagherà con un sorriso ad ogni sorso.

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Nicola Cereda

Brianzolo. Cantante e chitarrista dei Circo Fantasma col blues nell'anima, il jazz nel cervello, il rock'n'roll nel cuore, il folk nella memoria e il punk nelle mani. Co-fondatore di Ex-New Centro di arte contemporanea. Project Manager presso una multinazionale di telecomunicazioni. Runner per non morire. Bevo vino con la passione dell’autodidatta e senza un preciso scopo. Ne scrivo per non dimenticare e per liberarmi dai fantasmi delle bottiglie vuote.

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