Il Zoigl, la birra comunale sopravvissuta al Medioevo

Il Zoigl, la birra comunale sopravvissuta al Medioevo

di Thomas Pennazzi

Ci sono storie affascinanti dietro ad un boccale di birra. Storie con le gambe lunghe, instancabili camminatrici, che ci mettono secoli ad arrivare fino a voi lettori. Ma che vi arrivano intatte, seppure ormai ridotte ad un filo, quello che esce dalle spine di una tradizione scampata alle ingiurie del tempo, forse per miracolo, forse piuttosto per un amore mai consunto.

Le tracce di questo tesoro dorato, che resiste intatto nell’Alto Palatinato (Oberpfalz), la provincia bavarese stretta tra le gloriose terre brassicole dell’Alta Franconia e della Boemia di Pilsen, affondano nel Medioevo.

La storia del Zoigl nasce infatti da consuetudini remote: nell’antico diritto imperiale tedesco ognuno poteva produrre in casa la propria birra, senza essere soggetto a tassazione. Ma se voleva venderla doveva ottenere un privilegio dal signore locale dietro pagamento di un compenso; oggi la chiameremmo una licenza. Nelle città bavaresi più grandi questo diritto venne concesso molto presto dai duchi ai singoli birrai, che si eressero poi in corporazione, incaricata di esigere le tasse sulla bevanda.

Quando il signore del luogo donava invece ai paesi più piccoli il Freiheitsbrief, lo statuto con cui il villaggio veniva innalzato a sede di Mercato oppure al rango di Città, concedeva ai novelli cittadini alcuni diritti fiscali e giuridici, tra cui quasi sempre l’esclusiva di produzione e di vendita della birra nel proprio circondario: questo diritto donato ad ogni capofamiglia del borgo era di regola esercitato collettivamente nel birrificio municipale.

Perché in queste povere cittadine la risorsa più costosa e preziosa, impossibile da possedere singolarmente e perciò amministrata dal Comune, era l’impianto per fare la birra; che nell’Alto Palatinato dava e dà ancora vita ad un’antica tradizione di fabbricazione e consumo della spumeggiante bevanda, ormai scomparsa nel resto della Baviera settentrionale: il Zoigl, detto anche Zoiglhaus (casa con insegna, nel dialetto locale).

Questa usanza, praticata un tempo in tutti i 75 Comuni dell’Alto Palatinato del Nord (ma anche nella parte orientale della Franconia sotto altri nomi) sopravvive oggi solo in cinque di questi (Eslarn, Falkenberg, Mitterteich, Neuhaus, e Windischeschenbach) grazie ad una ventina di cittadini-birrai attivi su più di cinquecento possessori di licenze dormienti.

In cosa consiste la particolarità del Zoigl, che, ricordiamolo, non è uno stile brassicolo ma un giacimento gastronomico e culturale bavarese? In un’usanza, divisa in tre momenti, uno collettivo e due domestici. La birra viene dapprima ammostata e cotta nel Kommunbrauhaus (birrificio comunale) dalle famiglie titolari dell’antica concessione (Braurecht: diritto di brassare), una singolare forma di diritto fondiario che appartiene alla casa e non alle persone, perché predisposta per la peculiare attività. I documenti oggi esistenti di questi usi municipali datano perlopiù tra il 1400 ed il 1500, ma hanno radici più profonde.

Chi possiede una casa con licenza ha il diritto di affittare l’impianto pubblico pagando un diritto al Comune (Kesselgeld: contributo di caldaia); cuoce quindi la sua birra portandosi dietro le materie prime e la legna da ardere, e il giorno dopo torna a prelevare il mosto dal Kühlschiff (la vasca di raffreddamento), e se lo porta a casa con una botte a rimorchio, sempre del municipio.

Il secondo momento è il più intimo. Le case-birreria sono dotate di proprie cantine per la fermentazione e la maturazione della birra, in cui il birraio domestico prepara la sua bevanda secondo la ricetta, segretissima, tramandata da generazioni insieme ai propri lieviti. La cotta portata dal birrificio municipale viene dapprima inoculata con i lieviti in un grande fermentatore, e dopo una decina di giorni trasferita nei contenitori di maturazione, da dove la birra verrà spillata tal quale nei boccali.

La faccenda potrebbe terminare qui, ad uso della famiglia produttrice.  E non di rado avviene che due o più titolari del diritto preparino una cotta (ein Sud) da dividere tra di loro; ognuno poi si porta in cantina la propria parte, e una volta fatta la fermentazione, imbottiglierà la birra per il consumo domestico.

Il birraio assieme alla fabbricazione ha però il pieno diritto di vendere la birra al pubblico (Schankrecht) in una stanza di mescita accessibile dalla via, diventando oste a casa propria; la Zoiglstube di solito occupa la gran parte del piano terreno dell’edificio; d’estate ci si può sedere in giardino o in cortile.

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La Zoiglstube viene aperta al pubblico secondo un turno stabilito tra gli artigiani birrai del villaggio, e la famiglia è autorizzata a vendere oltre alla propria birra anche qualche piatto casalingo: i clienti vengono informati del turno tramite l’esposizione sulle facciate delle taverne di un’inequivocabile insegna (il Zoigl, Zeichen in alto tedesco): da qui il nome della consuetudine).

La più frequentemente usata è la stella a sei punte in ferro battuto, il simbolo alchemico del birraio, ma può essere anche una ramazza o una frasca, antico ed universale contrassegno europeo della mescita: a nord delle Alpi questa è d‘abete o di betulla. Quando il turno o la birra finisce, il padrone stacca l’insegna dalla casa e il bevitore se ne va a cercare, a naso all’insù o col calendario alla mano (oggi c’è pure una Zoigl-app), il nuovo Zoigl.

La tradizione dell’Alto Palatinato è mantenuta viva dalla passione dei birrai, dalla volontà dei Comuni, e dal concorso dei clienti locali, attratti dalla genuinità della birra, dall’atmosfera familiare e dai prezzi popolari della schiumosa bevanda; fino a qualche anno fa i tavernieri si meravigliavano dei rari visitatori forestieri che arrivavano misteriosamente col passaparola. Oggi l’usanza è nota in tutta la Germania, ed è diventata un’attrazione turistica in una terra altrimenti povera e profondamente provinciale.

La birra è, come si può immaginare, del tutto tradizionale, affine alle Kellerbier della Franconia: preparata a fuoco di legna, chiara od ambrata, a bassa fermentazione, non filtrata e non pastorizzata, spesso poco carbonata (Ungespundet), viene prelevata direttamente dalla cisterna di maturazione. Ogni cotta, benché sia fatta con la stessa ricetta di sempre, conserva una variabilità dovuta alla mano del birraio ed alla stagione che rende la birra sempre nuova. Ma non fatevi ingannare, non esistono in commercio autentiche Zoigl in bottiglia dei birrai comunali (l’oste però vi preparerà un bottiglione da un litro per portarvela a casa, se vi è piaciuta): se volete godere di questa esperienza socio-gastronomica unica, dovete andare per forza nelle Zoiglstuben dell’Alto Palatinato.

Vi sembra tanto estranea questa tradizione? Allora guardatevi intorno. Nel mondo del vino d’area germanica sopravvivono le stesse usanze: nel Rheingau sotto il nome di Strausswirtschaft o Besenschank (ossia osteria del mazzo di fiori/mescita della ramazza), in Austria Heuriger e Buschenschank (cantina del vino novello/taverna della frasca), in Sud Tirolo Törggelen (da torculum, il torchio), nel Carso ed in Friuli Osmizza e Frasca; tutte queste strambe osterie d’antica consuetudine hanno in comune l’insegna vegetale, la produzione propria di bevanda e cibo casalinghi, e l’apertura a tempo, con una fiscalità agevolata.

Il Zoigl è tutto qua, nella semplicità di un rito che si tramanda con passione da tempi lontani, nella ricetta della convivialità data da un boccale di birra artigianale, e magari da un bretzel, e una salsiccetta coi crauti: nell’Alto Palatinato questo basta a creare la Gemütlichkeit, quell’intraducibile momento di benessere collettivo che affratella i bevitori, e che nelle nostre osterie è ahinoi sconosciuto.

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto fatica a ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito (il cognac), e per qualche anno ne ha scritto in rete sotto pseudonimo.

2 Commenti

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alberto

circa 3 anni fa - Link

Complimenti! Bellissimo articolo.

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marcow

circa 3 anni fa - Link

Questa è la conclusione dell'articolo di Thomas Pennazzi: "Il Zoigl è tutto qua, nella semplicità di un rito che si tramanda con passione da tempi lontani, nella ricetta della convivialità data da un boccale di birra artigianale, e magari da un bretzel, e una salsiccetta coi crauti: nell’Alto Palatinato questo basta... a creare la Gemütlichkeit... quell’intraducibile momento di benessere collettivo che affratella i bevitori, e... che nelle nostre osterie... è... ahinoi sconosciuto". __ Che dire? Che il Web e i Social non potranno mai ricreare quel senso comunitario descritto in modo mirabile da Thomas Pennazzi.

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