Il vino assoluto esiste e qui ne elenco almeno tre

Il vino assoluto esiste e qui ne elenco almeno tre

di Gianluca Rossetti

Esiste il vino assoluto? C’è nelle pieghe dell’eno-qualcosa un’oncia, un mezzo caratello, una radice cubica di pulcianella in grado di farti pronunziare la fatidica frase: ne vorrei sempre una bottiglia in cantina? Risposta: “non si può, non sta bene, occorre valutare per tipologia, per annata, per rateo di enteroclismi del produttore. Anche un Grüner Veltliner del Sinai da 21,5% ha la sua dignità”. Certo, come no. Ma forse non ne terrei da parte una cassa per la cresima dei nipoti.

Partiamo da una definizione fatta in casa, tanto per capirsi: vino assoluto “imho” (sottolineato, grassetto, corpo 18) è quello che stappi e bevi fiducioso nel domani anche se sei un apocalittico, che non costa un mutuo, che non richiede tempistiche da DeLorean per essere apprezzato o che comunque dice qualcosa, qualunque cosa. Anche non di sinistra. Insomma: un vino parlante.

Rossese di Dolceacqua Superiore Luvaìra 2016 – Maccario Dringenberg
Non esiste bottiglia che io abbia terminato in minor tempo nell’ultimo biennio. Dite un accidente che vorreste dentro il bicchiere e lui ce l’ha: complessità e facilità di beva, lunghezza e dinamica, piano e forte, Italia e Francia, Cochi e…. vabbé, se semo capiti. Se avete occasione, ordinatene bastimenti. Non patirete coliche via internet banking e il godimento sarà adolescenziale.

Barolo del Comune di Serralunga d’Alba 2013 – Schiavenza
Che colore: conservo le foto tra Le Ore e Electric Ladyland. Prossimo addirittura alla bevibilità: roba non da poco, considerato il millesimo recente. Un profluvio di spezie e frutta viva, croccante. Goloso, ferocemente tannico e pure caldo. Come addentare una caviglia a caso di Amore e Psiche: molari rotti ma inspiegabilmente in estasi.

Barolo Cannubi 2009 – Borgogno
Giocando di paradosso direi che è meno pronto del precedente. Scuro, cupo, quasi ostile per un risveglio che gli deve esser parso precoce. Una fumeria tra tabacco, lapsang souchong e carbonella poi ramaglie, pepe nero e limatura di ferro. Fiori ancora freschi, fruttato ancora integro. Sfacciato, prepotente, ammantato d’alcol (14,5%). Lo bevi oggi e te lo scordi dopodomani. Mi è parso davvero una sciarada, non ne ho compreso ogni dettaglio e forse anche per questo vorrei ritrovarmelo in cantina. Costa non poco, fa ragionare anche di più. Per cui vale ogni euro.

Crediti immagine: Coravin.com

avatar

Gianluca Rossetti

Nato in Germania da papà leccese e mamma nissena. Vissuto tra Nord Reno westfalia, Galatina (Le) e Siena dove ho fatto finta di studiare legge per un lustro buono, ostinandomi senza motivo a passare esami con profitto. Intorno ai venti ho deciso di smettere. Sai com'è, alla fine si cresce. Sommelier Ais dal 2012, scrivo abbastanza regolarmente sul sito di Ais Sardegna. Sardegna dove vivo e lavoro da diciotto anni. Sono impiegato nella PA. Tralascerei i dettagli. Poi la musica. Più che suonare maltratto le mie numerose chitarre. E amo senza riserve rock prog blues jazz pur non venendo ricambiato. Dimenticavo, ho un sacco di amici importanti ma non mi si filano di pezza.

2 Commenti

avatar

Stefano

circa 6 anni fa - Link

Tutta 'sta solfa per dire che ti sono piaciuti questi tre vini?

Rispondi
avatar

Marcovena

circa 6 anni fa - Link

Opificio del Pinot Nero Dieci e mezzo. Dieci anni e mezzo di lenta e insistente azione. C'è più storia dentro questa bottiglia che in un romanzo. 50€ in enoteca...reperibilità scarsa...e il mistero si infittisce.

Rispondi

Commenta

Rispondi a Stefano or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.