Il video di Attilio Scienza. Dilemmi per vignaioli su riscaldamento globale e futuro della viticoltura

Il video di Attilio Scienza. Dilemmi per vignaioli su riscaldamento globale e futuro della viticoltura

di Andrea Gori

Il video di Attilio Scienza visto a Taormina Gourmet, nel corso del seminario dedicato ai cambiamenti climatici, fornisce numerosi spunti di discussione. Non contiene solo certezze ma interessanti domande, da porre ai vignaioli di tutta Italia: il fenomeno non è stato così uniforme ovunque. Appare certo però che si debba parlare di “fenomeno 2017”, e in fretta. L’andamento stagionale di questa annata è un episodio, o è davvero l’inizio di un nuovo ciclo (forse già annunciato nel 1997 e 2003) destinato a durare? Paesi come la Svezia e l’Inghilterra sono pronti a diventare produttori importanti? (Tra l’altro abbiamo assaggiato un solaris niente male, e l’eccellenza del metodo classico inglese si sta affermando). La temperatura probabilmente aumenterà di 1 o 2 gradi entro un paio di decenni, e giocoforza cambierà la geografia del vigneto, almeno usando le attuali varietà. Ne consegue che dovrà anche cambiare il modo di coltivare la vigna: inerbimento, concimazione azotata, chioma, aratura e arieggiamento del suolo, eliminazione del potassio – e non si potranno più seguire i modelli francesi degli anni ’60 o ’70, su cui si basano molte scelte in campo agronomico.

Se vogliamo affrontare il problema dello stress a cui sarà sottoposta la vite con i cambiamenti climatici, serve agire con rapidità. Ma quale sarà il futuro a medio termine che ci aspetta, e quali le armi a nostra disposizione? Secondo Attilio Scienza, non sorprendentemente, il futuro è quello della cisgenetica, che deve essere sviluppata attraverso strumenti che permettano di avere dati precisi, per allevare nuove varietà di vitigni o modificare quelli attuali. Non si possono comunque produrre nuove varietà senza grandi risorse finanziarie, che pure possono essere reperite, ma dobbiamo dapprima rassicurare i consumatori, e il pubblico generale: non stiamo pasticciando con il DNA ma semplicemente velocizzando quello che si è sempre fatto con gli incroci, dai tempi dei tempi. Ora ci chiediamo (e chiediamo a voi): la cisgenetica è davvero l’unica strada possibile a lungo termine? Entro quali limiti la gestione di chioma, irrigazione, metodi di potatura e altre pratiche possono far fronte ad annate così calde e siccitose? I dati ufficiali parlano di circa il 15-20% in meno tra Francia, Italia e Spagna, ma “solo” un -8,2% a livello globale: se non ci fosse stata la gelata in primavera, la perdita di produzione di quest’annata sarebbe stata così grande?

Noi le risposte non le abbiamo, chi coltiva la vite forse sì. In ogni caso il futuro è già adesso, qualsiasi cosa vogliamo fare va fatta velocemente e su questo siamo pienamente d’accordo con Scienza.

 

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

10 Commenti

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Salvo

circa 6 anni fa - Link

Il tema di questo articolo meriterebbe un trattato per via della sua importanza cruciale. Io ancora devo capire se si sta innalzando la temperatura globale o se le stagioni stanno "traslando" nel tempo. Ad esempio, l'estate negli stati nord orientali degli Stati Uniti è stata molto mite, ma siamo quasi a novembre e le medie sono di 22 gradi centigradi.
In ogni caso, l'argomento esige una serie di valutazioni tecniche; di certo abbiamo poco se non che nel lungo periodo questo fenomeno potrebbe ridisegnare la geografia dei confini delle aree chiave per la coltivazione della vite. Del resto, sappiamo che questo è già accaduto, la storia ce lo insegna.

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Samuele

circa 6 anni fa - Link

Le mie vigne, siamo a Lucca, non hanno sofferto per la siccità tranne chiaramente gli impianti molto giovani. Le vigne con un'età di dieci anni o più si sono comportate comunque molto bene, solo per il sangiovese è stato necessario aspettare la pioggia e spostare più avanti la vendemmia. I danni più grossi li ha fatti la gelata di Aprile, quella l'abbiamo sentita. Non so se ci saranno ancora annate così ma se verranno tempo di più le gelate tardive che la siccità.

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Duccio

circa 6 anni fa - Link

Confermo la versione di Samuele: sono collaboratore di un agronomo in Toscana (ma che opera in tutta Italia) insieme ad altri ragazzi. Vi posso dire che le vigne a biologico da noi controllate hanno sofferto più per la gelata (ma neanche tutte) che per il caldo. Non lo dico per farci pubblicità è ovvio, ma applicando certe tecniche possiamo se non ovviare sicuramente attutire danni provocati da annate del genere. Senza entrare troppo nel tecnico io dico no, la cisgenetica non è assolutamente l’unica strada!

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ennio venuto

circa 6 anni fa - Link

quali sarebbero queste tecniche? in toscana -40% in meno quindi i danni ci sono stati eccome!

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Stefano Cinelli Colombini

circa 6 anni fa - Link

I danni ci sono stati, altroché se ci sono stati. Ma non è questo il punto in discussione, il punto è come reagire. La cisgenetica, le varietà più resistenti alla siccità e simili cose sono bellissime, ma presuppongono che queste piante esistano, e invece le avremo in quantità ragionevoli tra molti anni. Inoltre presuppongono che si debbano fare vigne nuove, e con un tasso di ricambio del vigneto anche alto questo vuol dire che se ne parla tra decine di anni; e nel frattempo che si fa? Le aziende devono produrre ora, non nel 2037. Per l'ora l'unica soluzione è una, e una sola; irrigazione a goccia, gestione della chioma e delle concimazioni adatta alla siccità e attenzione massima a concimazioni e lavorazioni. In altre parole, agricoltura di precisione, o si fa così o la viticoltura italiana non arriverà viva al ricambio auspicato da Scienza. Ammesso mai che sia fattibile, cosa tutta da appurare.

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Raffaele

circa 6 anni fa - Link

Sono assolutamente d'accordo. Va bene la cisgenetica per una programmazione a lungo termine ma a breve e medio termine serve altro. Agricoltura di precisione sicuramente con sistemi di monitoraggio che garantiscono un 30 40% in meno di fabbisogno idrico. Ne esistono già e sono usati da anni.

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luis

circa 6 anni fa - Link

Personalmente ritengo sia necessario percorrere entrambe le vie, senza troppi tabù (tipo irrigazione da una parte ed ogm dall'altra). Certamente il rinnovo dei vigneti ha dei costi enormi e delle tempistiche pluridecennali, ma sul lungo periodo potrebbe veramente essere la soluzione al problema. E' chiaro che nel frattempo si debba puntare a delle pratiche colturali sempre più mirate alla gestione della singola varietà e del singolo vigneto. Personalmente sono ottimista: non ci mancano i mezzi culturali e scientifici per intervenire con cognizione di causa.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 6 anni fa - Link

Di certo il 2017 ha dimostrato che il tempo della coltura della vite esclusivamente in asciutto in molta parte d’Italia è da ripensare. Se il clima continua a passare da annate follemente umide come il 2014 a annate follemente asciutte come il 2017, passando per venti a oltre 40c per una settimana come nel 2013 e per le gelate un anno si e quello dopo forse, beh allora zone, esposizioni e sistemi di allevamento vanno ripensati nella chiave della sostenibilità. E con sostenibilità non intendo eco compatibile, intendo in grado di reggere a (quasi) qualunque clima. È fattibile, e credo sia molto opportuno farlo.

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Carlo Tabarrini

circa 6 anni fa - Link

Sgomento per l'associazione fermentazione spontanea/bio. La realtà va cercata nella realtà.

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Andrea Gori

circa 6 anni fa - Link

un interessante commento da Nunzio Puglisi da YouTube in calce a questo video "Pregiatissimo professore, pratiche agronomiche applicate sull'Etna da sempre. Personalmente, negli anni ottanta, mi occupai anche delle selezioni massale sulle nostre varietà autoctone con risultati veramente eccezionali. Selezioni massale fatte per la prima volta sulle nostre varietà autoctone con obiettivi mirati quali: Fertilità basale bassa; Acino medio piccolo; Grappolo spargolo. Scelta del porta innesto compatibile ai vari tipi di terreno, scalzature a fine inverno eliminando le radici avventizie e facendo si che l'apparato radicale si sviluppasse in profondità, cimature, all’occorrenza, e defogliature in vari passaggi iniziando con le foglie interne e proseguendo dal lato del sole. Ecco, sono passaggi da me sempre praticate. Ho sempre lavorato il terreno. Diversamente non potrei produrre del traminer aromatico in Sicilia anche se a 1100 metri e nel versante nord dell'Etna. D'accordo nell'abbassare la densità di impianto per ettaro. I miei 8300 ceppi rispetto ai 6000, 5000 in annate come questa ne risentono nonostante abbia eliminato la forma di allevamento a guyot e praticato, cosi come praticata nelle varietà autoctone da sempre, la potatura a doppio cordone speronato lavorando su 4/5 speroni al massimo. Andare a creare ulteriore stress laddove di stress ve n'è abbastanza non ha senso. Tanto è che la qualità nasce da "uno stress moderato". Un altro suggerimento molto importante è quello di abbassare l'impalcatura portandola massimo a 70 centimetri dal suolo. Personalmente contrario all'apporto di azoto. E' vero fa sviluppare la vegetazione, sinonimo di ombra, ma la vegetazione affinchè cresca non ha bisogno di solo azoto ma di macro e micro elementi e se non reintegrate si creerebbero carenze enormi sia idriche che di elementi nutritivi con disastri non indifferenti. Per chi non sa gestire un suolo, una vigna è un'arma a doppio taglio. Non me ne voglia, accetti queste mie righe come contributo al bene comune. E se mi permetto solo per esperienza diretta vissuta in vigna sin da bambino e aver frequentato scuole agrarie ed essermi confrontato con parecchi viticoltori, vivaisti appassionati. Nunzio Puglisi"

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