Il mito greco di Erigone, il vino e l’altalena

Il mito greco di Erigone, il vino e l’altalena

di Redazione

Federica Benazizi è una giovane sommelier di Roma con tanta voglia di scrivere. E noi abbiamo voglia di leggerla.

Tutti ci siamo stati da piccoli e ci siamo divertiti ad ondeggiare nell’aria.
Alcuni di noi, me compresa, approfittano di quando piove per invadere le aree gioco dei parchi alla ricerca del ricordo di emozioni dimenticate (lo scivolo no, perché ti fai i pantaloni un casino).

L’altalena ha proprio un gran fascino, anche per gli adulti, ma vi siete mai chiesti il perché? Sento già le possibili risposte:
– per il movimento ondulatorio che crea una vertigine “controllata”
– il cambio straniante di prospettiva di quando si è su, giù e ancora su
– il vento sulla pelle
– la sensazione di vuoto sotto di sé.

L’altalena, se non fosse un “gioco per bambini” potrebbe essere assimilata ad una potente sbronza e, in effetti, ha origine in un antico mito greco in cui si narra del dono della vite e del vino agli uomini e delle sue prevedibili conseguenze: sesso, morte e suicidi di massa.

Il mito di Erigone

Erigone era la giovane e bellissima figlia di un ricco ateniese, Icario, che ospitò Dioniso quando il dio discese ad Atene per donare agli uomini la vite e il vino. Presto Erigone e Dioniso consumarono il loro amore, dal quale nacque l’eroe Stafilo.

Stafilo compare nella mitologia greca, anche come frutto dell’amore tra Arianna e Dioniso dopo che la poverina fu abbandonata dall’ex Teseo, sull’isola di Nasso (da cui l’espressione piantare in (N)asso).
Molto simpaticamente, il termine “stafilo” indica nella terminologia scientifica una struttura o disposizione a grappolo (d’uva). Compresa quella del temibile Staphylococcus Aureus, che ricordiamo per averci terrorizzato durante l’infanzia in quanto portatore di morte e primo contatto con la lingua latina.

Ma andiamo avanti.

Dioniso regalò al suo ospite un otre di vino, allo scopo di farlo assaggiare anche ai suoi vicini. Icario, quindi, lo donò ai pastori che, una volta ubriachi, pensarono di essere stati avvelenati e uccisero a bastonate il povero Icario. Grazie al cane di quest’ultimo, Mera, Erigone trovò il cadavere del padre abbandonato ai piedi di un albero e per il dolore s’impiccò ad un ramo di esso. La povera Mera rimase sulla tomba della giovane fino alla sua morte, dopo la quale Dioniso la trasformò nella costellazione del Cane.

E dopo questo giro di morti tragiche, tra l’altro provocato da Dioniso e dalla sua decisione bislacca di donare qualcosa la cui potenza non poteva essere controllata (tipo il vino dei Castelli, che a detta di un mio amico, te fa litigà) arriva il gran finale, a cui sicuramente si sono ispirati quelli di “E venne il giorno” (The Happening, 2008), film catastrofista e inquietante di quel matto di M. Night Shyamalan che si apre con un sacco di gente che comincia a saltare dalla finestre.

La collera di Dioniso non tardò ad arrivare e inviò una maledizione su Atene, a causa della quale tutte le giovani ateniesi impazzivano e si impiccavano. I cittadini, allora, punirono i pastori e istituirono una festa in onore di Erigone.

Durante i riti dedicati ad Erigone, che si svolgevano nel terzo giorno delle Anthesterie, festività legate al culto di Dioniso e al passaggio dall’infanzia alla pubertà (Anthos in greco significa fiore, il che ci fa pensare che si trattava di celebrazioni molto hippie, dedicate alla vita e soprattutto alla vite), i giovani ateniesi si “appendevano” agli alberi dondolandosi e cantando per mimare il gesto dell’impiccagione, non prima di essersi ubriacati, però.

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I romani, invece, avevano il rito degli oscilla, durante i loro Liberalia, in cui i fanciulli e le fanciulle appendevano dischi votivi agli alberi sacri decorati con simboli relativi alla sfera dionisiaca. Il rito finiva con una processione di adolescenti ubriachi, in testa al corteo una figura fallica, e con la consumazione di dolcetti a base di olio e miele.

Mastica e sputa, canta De André in “Ho visto nina volare”, mentre il suono ossessivo dei tamburi di sottofondo evoca la scena dei rituali antichi legati al mito di Erigone, di Dioniso e dell’altalena.

Federica Benazizi

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