Il libro da comprare assolutamente: Il Vino Perfetto di Jamie Goode

Il libro da comprare assolutamente: Il Vino Perfetto di Jamie Goode

di Andrea Gori

Cerotto, medicina, cavallo, chiodo di garofano, sudore, rancido, formaggio. Tra i tanti deliziosi profumi che il brett regala ai vini ce ne sono di incantevoli e decantati in maniera immaginifica dagli amanti dei vini naturali. Ma se vi dicessero che anche nella maggior parte dei vini di Bordeaux tanto lucidi e perfetti con i loro cabernet sauvignon e merlot ce n’è talmente tanto che vi verrebbe da posare il bicchiere ci credereste? E che qualcuno faticherebbe anche  a riconoscere certi vini senza il brett perchè li ha sempre bevuti con “brett inside”? Anche profumi come lillà, mela, pera, cera d’api possono derivare dal brettanomices, un lievito che prospera in assenza di solforosa, alto ph, tracce di zuccheri residui, alta torbidità e cantine troppo calde.

Il concetto de “ll Vino perfetto” attorno a cui ruota “Flawless”, l’ultimo libro di Jamie Goode appena tradotto in Italia dai tipi di Edizioni Ampelos, affronta di petto la situazione odierna dove le maggiori conoscenze chimiche e biologiche del vino riescono a rintracciare l’origine di una marea di profumi generalmente ricondotti ai vini naturali ma non esclusivi di questi, anzi.

Soprattutto il brett non è l’unico attore in gioco quando si parla di pregi e difetti di un vino perché, ad esempio, anche l’ossidazione voluta o subita, gioca un ruolo fondamentale nelle caratteristiche di un vino e anche qui ci sono vini che non esisterebbero senza ossidazione e altri che ne vengono irrimediabilmente compromessi.

O ancora i composti solforati volatili, responsabili dell’odore di uova marce e fognatura difettosa ma anche indispensabili in certe quantità per i profumi dei vini che piacciono in riduzione come certi sauvignon blanc o altri vini, spesso quelli tappati con chiusure a bassa trasmissione di ossigeno, quei vini che ci garba tanto definire “minerali” ma che dovremmo chiamare più correttamente “solforati”. Rientrano in questa categoria tanti Bourgogne blanc con quella bellissima riduzione da fiammifero che fa tanto Coche Dury o Roulot o anche il vostro tanto amato Ente). E come non rammentare i difetti della fermentazione malolattica responsabili di aromi come burro e derivate caseari che secondo molti contraddistinguono i migliori chardonnay di Borgogna?

Il libro consta di capitoli dedicati ciascuno ad un difetto e si va dai più modaioli, appunto brett e solforati, fino ai classici senza tempo di muffe e tappi o gusto di luce o ancora il calore stesso (molto più diffuso di quanto pensiate quando il vino viaggia per migliaia di km in giro per il mondo) e pure il sapore di topo, quella note dolcemente terrosa non del tutto sgradevole.

Sorprendenti i capitoli dedicati alle coccinelle che se “vinificate” in maniera importante insieme agli acini possono trasferire aromi di erbe e peperone che neanche il peggiore cabernet poco maturo o ancora l’eucalipto i cui oli contenuti nelle foglie marcano tanto certi vini con tanti saluti all’idea di profumo tipico di certe zone dell’Australia o a Bolgheri.

brett jamie goode

La tesi del libro sposta e non di poco il dibattito sui vini naturali e quelli cosiddetti tradizionali mettendo più in alto l’asticella. Vogliamo vivere in un mondo di vini accettabili e precisi,  buoni piacevoli e senza difetti oppure siamo disposti ad accettare qualche difetto se il produttore rinuncia volontariamente ad usare certi metodi di lavoro e vinificazione?

E’ fuori di dubbio che tonnellate di So2, controllo di temperatura, acciaio e lieviti selezionati insieme ad una igiene da sala operatoria in cantina siano oggi in grado di eliminare ogni difetto elencato, ma è davvero quello che vogliamo? Dove si parla di difetto e dove si parla di stile?

E il famoso territorio come facciamo a non perderlo in tutto questo? Il libro prova a dare qualche risposta (che non vi sveleremo certo qui) ma soprattutto vi pone continue domande e vi mette continuamente sotto esame per capire se vi state davvero innamorando di uno strabismo del vino o davvero dell’espressione di un vigneto o ancora della mano di un artista del nettare degli Dei.

 

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

11 Commenti

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Giacomo

circa 3 anni fa - Link

Il brett... qui mi tocca rivalutare le vinapule d'me barba Ciano... era avanti di trent'anni con le sue malolattiche involontarie, con i suoi merdini e puzze varie.... garagista antelitteram bisolfito free.... a pör pan....

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Stefano.cap.1

circa 3 anni fa - Link

Facendo un approfondimento circa la "mineralità"....di naso..... sembra una linea di indagine molto seria quella di seguire le tracce di Zolfo delle molecole organiche del vino, piuttosto che quelle inorganiche a cui si vuole sempre ricondurre odori che esse stesse non possono dare per problemi di mancanza di volatilità. è infatti singolare come molte dei descrittori ricondotti alla mineralità siano contraddistinte da sostanze contenenti atomi di zolfo.... anche l'odore salino e salmastro e di salsedine che ci ricorda il mare in realtà è provocato dal Dimetoilsolfuro (appunto contenente atomi di zolfo) che deriva dalla degradazione del fitoplancton e delle alghe presenti a mare. Pare sempre più chiaro logico ricercare queste molecole che ricordano questi odori nella postfermentazione..... l'importante sarebbe non ricondurre più l'odore dei vini, almeno in maniera diretta, ad elementi inorganici del suolo. E poi....non si può descrivere un odore col suo nome oppure parlare di pungenza al naso per odori che non ricordiamo senza dover per forza usare questo termine che da tanti illustri esperti viene bocciato? almeno al naso!

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Sancho P

circa 3 anni fa - Link

Libro e articolo interessanti. I chiodi di garofano, mi fanno venire in mente il grado di tostatura del legno delle barrique, ma probabilmente sbaglierò io. Rimango dell'idea che nel vino, il difetto abbia una carica omologante e produca un appiattimento organolettico evidente. Non è oro tutto quello che luccica. Tra un Clos Rougeard ed alcuni prodotti con delle volatili che saltano dal bicchiere c'è un oceano. Così come non capisco la demonizzazione della figura dell'enologo ed il terrore per il controllo delle temperature. Ma appunto, il mondo è bello perché è vario.

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Lanegano

circa 3 anni fa - Link

Sabato scorso ho bevuto un 'La Grande Chatelaine' 2011 di Giboulot, noto per essere un 'integralista' del non interventismo in vigna e in cantina: aperto per ossigenarlo aveva una volatile altina, dopo due minuti esatti è scomparsa regalando un vino sensazionale. Mi è accaduto lo stesso recentemente con un vecchio Nicolas Joly. Credo la differenza la faccia il manico e la qualità della materia prima. Un vino pesantemente 'brettato' è un vino difettato. Un vino sterilizzato, artificioso, dopato e ipercostruito è un vino inutile. In my opinion, of course. Tutto il resto è vita....

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Invernomuto

circa 3 anni fa - Link

"E’ fuori di dubbio che tonnellate di So2, controllo di temperatura, acciaio e lieviti selezionati insieme ad una igiene da sala operatoria in cantina siano oggi in grado di eliminare ogni difetto elencato, ma è davvero quello che vogliamo? Dove si parla di difetto e dove si parla di stile?" l'autore si pone anche la domanda opposta? No perchè altrimenti è vincere facile. Insomma è un libro che si pone nel mezzo o come al solito tifa una delle due squadre? Perchè se è polarizzato rimane li tranquillo sullo scaffale e pace.

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Nic Marsél

circa 3 anni fa - Link

L'aroma di chewingum (artificialissimo) in un vino rosso come viene classificato? Pregio o difetto? E quello rassicurante di caramella di frutta finta?

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Spetnat

circa 3 anni fa - Link

Pur rimanendo molto deluso quando trovo vini naturali con dei difetti, li preferisco comunque ai convenzionali finti e costruiti.

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Sancho P

circa 3 anni fa - Link

Secondo me non vanno classificati nè come pregi, nè come difetti. Sono scelte consapevoli dei produttori, che attraverso determinati lieviti ecc, metteno costruiscon vini con determinate caratteristiche organolettiche. Di solito non è il procedimento seguito per i grandi rossi, ma è prassi comune per certe tipologie e categorie di vini. Ben altra cosa sono i difetti prodotti da fermentazioni problematiche. E non entro nel dettaglio perchè non serve. Non mi piace la banalità dei primi, ma neanche l'effetto omologante di quei vini dove arresti conclamati delle fermentazioni producono quei "sentori" oggi cosi ricercati ma che per me rimangono inequivocabilmente difetti. Ognuno beva i vini che più gli aggradano, ma le crociate non mi piacciono.

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marcow

circa 3 anni fa - Link

In questi casi bisognerebbe leggere il libro per esprimere un'opinione più ponderata. Oppure approfondire con qualche altro articolo ma non basta. E, nel web, ho trovato questa recensione di un wine blog straniero. È una mezza stroncatura. Come ho detto non ho elementi per valutare perché bisognerebbe aver letto Flawless ma penso che, l'articolo del link, sia un punto di vista interessante anche perché l'autore argomenta la sua critica al libro di Goode. https://www.hudin.com/a-book-review-of-the-goode-guide-to-wine/ _____ Alcune ulteriori considerazioni. Un ESPERTO, dopo tanti anni che i vini naturali sono sul mercato, dovrebbe avere le idee più chiare e, oltre a porre delle domande intelligenti, dovrebbe dare delle risposte meno vaghe. La recensione che vi ho segnalato cerca di spiegare perché ho avuto questa impressione leggendo la recensione di Gori.

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John

circa 3 anni fa - Link

La recensione a cui fai riferimento è di "The Good Guide to Wine", non "Flawless" però...

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marcow

circa 3 anni fa - Link

Hai ragione John e hai fatto bene a correggere. __ Secondo me, comunque, non cambia il senso di quello che ho voluto esprimere sulla recensione del libro di Goode. E, ripeto, sono - - "impressioni"- - che andrebbero "approfondite" con la lettura del libro: "Il vino perfetto". __ Saluti, John.

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