Il giornalismo del vino non esiste

Il giornalismo del vino non esiste

di Alessandro Morichetti

Antefatto

Siamo stati a Wine2Wine, business forum svoltosi il 7-8 novembre a Verona. Una delle poche manifestazioni sul vino in cui praticamente non si beve perché il focus è ascoltare ed eventualmente parlare. Due giorni, tre aule di diversa grandezza e una lista corposa e continua di 50+ sessioni sul tema Wine Communication con 100+ relatori. Partecipare come Media Partner è stata una ottima scelta e sono rimasto fino alla fine dei lavori per ascoltare il più possibile. Presenti per Intravino, a targhe alterne, io, Jacopo Cossater, Andrea Gori e Jacopo Manni.

Ovviamente, ci sono state sessioni più o meno interessanti: quella di Konstantin Baum MW per me è stata tra le più, quella sulle guide del vino decisamente tra le meno, e il meme di Italian Wine Drunkposting ha centrato solo una parte del problema: noia, autocelebrazione e assenza di info utili (quanto vendono? chi le compra? a cosa servono? quanto fatturano rispetto ai tour annessi e connessi? Boh, non si sa).

IWDP

Passiamo però alla questione che ci è stata più a cuore, il panel a cui siamo stati invitati insieme ad altri rappresentati del settore.

Giornalismo del vino

Esiste? Che cos’è? Come funziona? A cosa serve?. Ci sono tre strade per scoprirlo: 1) Vivo?, 2) Morto o 3) X. Seguire il flusso e leggere fino in fondo potrebbe essere la scelta migliore.

1) Vivo?

Andrea Gori, in prima fila durante la sessione, ha registrato tutti gli interventi e non abbiamo fatto in tempo a scendere dal palco che già li aveva caricati su Spotify. Quindi se avete cuffiette, 45 minuti di tempo e l’argomento vi interessa, basterà solo premere play per ascoltare i partecipanti: Ferraro, Torcoli, Regoli, Piccoli, Carrera, Tonelli, Morichetti, alle direttive del ct Chiara Giannotti. Come esserci stati.

Poi nei commenti ci direte se c’era qualcosa di interessante o se vi dobbiamo rendere 45 minuti di vita persa.

Goritron

2) Morto

Sette relatori in 45 minuti non sono stati una buona idea per sviluppare al meglio il discorso quindi riformulo tutto partendo da zero e ampliando a piacere.

Le basi, anzitutto.

Le notizie di qualità presuppongono un giornalismo originale, che scava per trovare la vera storia che si cela dietro la storia. Un giornalismo d’inchiesta che indaga sui torbidi intrecci tra denaro, politica e condotte aziendali. Un giornalismo di reportage internazionali da luoghi difficili da raggiungere e aree di conflitto pericolose. Storie che richiedono le competenze di professionisti in grado di utilizzare sia strumenti di reportage all’avanguardia, come banche dati e crowdsourcing, sia le tecniche del vecchio giornalismo di strada “consuma-scarpe”, per colmare le lacune nella trama di fondo.

Storie presentate in modo accurato, sfruttando la tecnologia digitale per fornire resoconti diretti dal campo e supporti visivi che spieghino ulteriormente in che modo si sono svolti i fatti. Storie impaginate in modo da rispettare l’intelligenza dei lettori, piuttosto che sfruttarne le emozioni. Non ne sono rimasti molti di posti in cui le notizie di qualità siano fatte bene, o dove vi sia anche soltanto l’ambizione di farle.

Sto leggendo Mercanti di verità – Il business delle notizie e la grande guerra dell’informazione di Jill Abramson, docente ad Harvard ed ex direttrice del New York Times. Volume che consiglio caldissimamente perché ripercorre con dovizia di particolari e migliaia di aneddoti (904 pagine per 24 euro) la traiettoria di 4 realtà editoriali tra le più rappresentative del panorama americano e quindi mondiale: BuzzFeed, Vice, The New York Times, Washington Post. Sarà abbastanza evidente a tutti che se il giornalismo è quella cosa bellissima sopra descritta, anche in assenza di conflitti e intrighi internazionali non è così facile trovare buoni esempi di pratiche giornalistiche, tanto nella stampa generalista quanto nella nicchia enogastronomica.

Il giornalismo del vino sostanzialmente non esiste, per varie ragioni che possono essere dedotte consultando con frequenza i contenuti di settore.

Speaker

In primis, c’è il tema dell’indipendenza.
Se a finanziare uno spazio informativo sono le stesse aziende oggetto d’indagine – tendenzialmente le più grandi e con un budget da dedicare alla promozione – c’è un problema evidente. Ho conservato per anni lo screenshot di una nota testata in cui si potevano facilmente collegare i due articoli di apertura con le rispettive aziende presenti in pagina col proprio banner. Casi come questo sono frequenti e chiunque dica di poter parlare liberamente di aziende da cui riceve soldi mente sapendo di mentire.

Da che mondo è mondo, un’azienda che supporta le mie attività si aspetta quantomeno che io non ne parli male, che alla peggio non ne parli proprio ma che, se ne capita l’occasione, ne parli con accezione tendenzialmente positiva. Ogni eccezione conferma la regola e sono il primo a fare mea culpa perché lavoro nel vino tra distribuzione e vendita e sono il primo degli impuri.

L’interesse primario di chi fa informazione – con qualsiasi mezzo e a qualsiasi livello di rilevanza – dovrebbe essere quello di offrire un servizio onesto, documentato, trasparente, esposto bene, in maniera personale, magari originale ma comunque non ingannevole.

Il secondo problema riguarda il pubblico dei lettori.
Molto spesso, il destinatario della stampa di settore sono produttori stessi e stakeholders vari (intermediari, Consorzi, organizzatori di eventi…). Il lettore modello che si ha in testa sono aziende stesse, colleghi e altri animali dell’acquario: non gli appassionati, i consumatori disinteressati e curiosi di sapere. Il mondo del vino è pieno di ottimi professionisti, con grandi capacità di scrittura e assaggio, e molti pochi sono degnissimi di attenzione.

La proliferazione dei premi cui stiamo assistendo in queste settimane è solo una delle derive della stampa di settore: i 40 migliori vignaioli, i 100 migliori vini, il vignaiolo green dell’anno, i 30 migliori comunicatori under 30, le 50 migliori aziende over 30 under 50, i 15 viticoltori che salveranno la terra, le 3 migliori wine destinations d’Italia… Insomma, mai come quest’anno rileviamo un potente appiattimento dei contenuti prodotti sui premi elargiti. “Se non sai cosa dire, dai un premio” potrebbe essere il motto. Noi qui con Le 100 migliori cantine d’Italia siamo fermi al 2016 e sarebbe bello aggiornare quella lista, ancora molto bella, ma servirebbe ad offrire un servizio o solo a distribuire menzioni d’onore?

Un altro capitolo su cui la stampa di settore sta riuscendo a dare il peggio è senza dubbio il tema vino-salute. La disinformazione dilagante sui presunti benefici del vino è diventata insopportabile (Vino e salute, smettiamola una volta per tutte). Checché ne dicano Assoenologi e compagnia cantante, eccettuato il prof. Michele Antonio Fino col suo prezioso articolo sul quotidiano Domani – Il vino è un rischio, ma non puntiamo sulla deterrenza del consumo – lo stato dell’informazione su questo argomento è un pianto greco.

Non apriamo nemmeno il capitolo marchette, una battaglia persa.Tutti lo sanno, molti fanno buon viso a cattivo gioco, pochi si arricchiscono, nessuno ne parla. Qui mi piace ricordare un articolo del direttore Tomacelli datato 25 gennaio 2010 – Marchette del vino | La parola all’esperto – perché il do ut des all’oscuro di chi sta dall’altra parte dello schermo o del foglio di carta è la triste deriva di un ruolo che meriterebbe di essere nobile.

Insomma, si potrebbe andare avanti a lungo. Trovare buona informazione libera è molto difficile. Lo è spesso quella autoprodottta e/o sostenuta dai lettori che pagano una quota. Di recente mi sono abbonato a Il Post per ascoltare Morning, la rassegna stampa del mattino di Francesco Costa, e non avrei potuto spendere meglio quei soldi che invece non ho mai dato a Repubblica e Corriere. A dire il vero, confesso un altro peccato perché sono un recentissimo subscriber del New York Times, anche se non lo apro tutti i giorni, non parlo bene inglese, non capisco gran parte degli articoli. Mi godo però due cose: l’accesso al quotidiano più autorevole del mondo (e leggere Mercanti di verità ha consolidato questa curiosità mista a piacere) e la rubrica di Eric Asimov, The Pour. Il wine critic di un quotidiano simile è un buon insegnamento perché offre segnalazioni in libertà senza l’assillo del punteggio e con una indipendenza che può permettersi solo lui o quasi. Questo lo stile: “Di recente ho visitato le enoteche di New York per i rossi della Loira e ho trovato una dozzina di bottiglie che consiglio vivamente. Alcuni sono ottimi vini da sete a prezzi moderati. Altri sono troppo costosi per molte persone, cosa che capisco. Ma sono ancora valori eccellenti rispetto a quello che si potrebbe trovare allo stesso prezzo in alcune altre regioni francesi o nella Napa Valley.” Il critico che compra bottiglie al negozio e poi ne parla, nell’apparente semplicità del gesto, ai nostri occhi ha qualcosa di quasi anomalo. Rimpiango l’assenza di Porthos e dei suoi long-form perché erano soldi ben spesi così come la Guida ai vini de L’Espresso nella gestione Rizzari-Gentili, unicum nel panorama italiano per autonomia di pensiero e originalità delle segnalazioni (poi rimpiazzata da prodotti di scarso interesse e diverso impianto editoriale).

Partendo dalla mia esperienza di fruitore, credo che il futuro dei contenuti di qualità possa andare nella direzione di un accesso a pagamento, piccolo o grande che sia. Magari ci faremo un ragionamento anche noi ma il tema degli operatori non indipendenti conduce naturalmente all’ultimo contributo.

Corollario: quasi tutta l’editoria di settore non è indipendente, a prescindere dal settore. Poi parlando di cinema, teatro, libri e musica le stroncature esistono ancora mentre nel vino sostanzialmente no. Però non voglio tenervi a leggere per due ore quindi ne riparleremo.

Wine2Wine

3) X

Uscendo dalla sala di Wine2Wine ho intercettato su Facebook un intervento prezioso per i nostri ragionamenti. Scritto da Tommaso Ciuffoletti, centra molti dei temi in esame e merita di essere letto raw, senza introduzioni né commenti ulteriori perché sottolinea quanto il sistema del vino sia ipersensibile alle critiche e quanto gli attori principali, i produttori, malsopportino qualsiasi lontanissima forma di rilievo negativo. Una roba talvolta con esiti tragicomici: milionari che fanno i gradassi con le formichine, poraccitudine allo stato puro.

Ha detto Tommaso:

Da quando scrivo per Intravino ho sempre cercato di tenermi lontano da marchette di alcun tipo e quando ho scritto per parlar bene di cose mie l’ho sempre dichiarato, quando ho scritto di amici l’ho sempre chiarito, quando avevo – non già un conflitto d’interessi – ma anche solo un sentimento pregiudizialmente positivo verso qualcuno, l’ho sempre reso noto.

Ma nel frattempo ho anche scritto cose che non erano sempre gradevoli. Ho beccato un produttore che faceva il furbetto sulle rese dichiarate, ho scritto del patteggiamento per stalking di Pinchiorri, ho anticipato di un paio d’anni la decisione di un consorzio, ho chiarito alcune questioni antipatiche in punta di diritto, ho raccontato di mancati successi aziendali, ho riportato storie che non sembravano limpidissime in merito a vini e punteggi, ho ricostruito le relazioni tra potenti del vino italiano e Putin… Insomma, non mi sono fatto amici e non me ne volevo fare.

Ed è giusto così. Non ricevere inviti per degustazioni in splendide cornici è qualcosa che mi rende sereno. Lo stesso vale per inaugurazioni, press tour, blablabla. Un tempo ero io quello che invitava ed effettivamente i rompicoglioni era del tutto sensato scansarli. Ma se questo lo capisco, quello che capisco meno è l’aver ricevuto in questi anni messaggi di minaccia, grottesche lettere di diffida, minacce di querele, offese di vario tipo. Da personaggi il cui spessore è ben definito da questi modi. Ho addirittura ricevuto offese e lezioni di giornalismo da ignoti maestri e da altri con volontà didattiche degne di miglior causa. I miei preferiti ovviamente sono quelli che minacciano querela per vedere se ti cachi addosso e togli il pezzo a loro sgradito. E ci tengo a chiarire che mai nessun pezzo è stato tolto, e mai nessun querela è giunta.

Certo qualche volta il mio eccezionale avvocato ha dovuto rispondere a qualche studio legale (una lettera la conservo gelosamente come esempio di cosa vuol dire essere briganti, ma per fortuna anche semianalfabeti), ma mai una querela è giunta. Perché non c’era niente da querelare.

Ma funziona così. Finché scrivi del sentore di bacca rossa nella splendida cornice ed è tutto bellissimo, allora bene così. Ma se ti azzardi ad uscire di lì per raccontare altro – in modo informato, senza intenti diffamatori, solo per volontà di cronaca – il bel mondo di antichi valori e saperi di una volta si rivela per quello che è. E la minaccia di querela arriva proprio per farti capire come funziona. Poi la querela non arriva, ma tanto basta.

Non per questo perdo passione per scrivere e raccontare. Anzi il contrario, perché l’errore sarebbe pensare che i modi dei prepotenti siano quelli a cui arrendersi, anche nel credere che siano la regola. Però credo che sia giusto dirlo e dirlo senza vergogna: il bel mondo del vino è anche questo. E fare informazione in questo mondo non è certo facile. E forse, alla fine, è pure vero che per certi versi… è quasi inutile.
E questo è.

A tal proposito, ve la ricordate la causa persa da Gaetano Manti (Il Mio Vino) contro Scavino, con un risarcimento da 15.000 euro? Querela partita per una recensione non lusinghiera di un vino deludente su una rubrica un po’ perculatoria. A quell’epoca, c’erano giornalisti internazionali che venivano glorificati quando dentro a un bicchiere di Barolo sentivano vanilla, coffee e chocolate. Big boh.

In conclusione, per un resoconto testuale e puntuale di Wine2Wine rimando a WineNews, che è quanto di più distante al mondo da Intravino ma che sulla copertura delle manifestazioni non ha eguali, con una potenza di fuoco in termini di persone e mezzi davvero impressionante. Una specie di ANSA del vino insomma, tanta cronaca e poco commento.

Quello del giornalismo applicato a vino e dintorni è un tema bellissimo e inesauribile, potremmo parlarne per ore. Saremo felici di leggere i contributi che eventualmente verranno ma anticipo una severa moderazione dei commenti affinché il confronto avvenga su binari civili e rispettosi. La libertà di commento è bella ma abbondantemente sopravvalutata e su questo tema noi per primi tendiamo a surriscaldarci velocemente.

[Cover: Simone Di Vito]

avatar

Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

32 Commenti

avatar

Francesca Ciancio

circa 1 anno fa - Link

… e come sempre nessuno nomina gli editori. Sempre colpa della poca etica dei giornalisti, della fame, della predisposizione genetica degli esseri umani a truffare il prossimo😊. Sono anche io sempre più della idea che i contenuti debbano essere - in parte - pagati- e la case history de Il Post è centrata. Ma abbiamo un Francesco Costa del vino? Secondo me qualcuno/a sì , ma non voglio fare nomi, semplicemente perché il punto del mio commento è un altro: che si invitino gli editori e che per una volta spieghino perché siamo messi così . Ci mettano la faccia

Rispondi
avatar

Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Gli editori sono imprenditori e ad oggi fatico a farmene venire in mente uno che sia tale solo grazie all'editoria. Mentre di editori che lo fanno per promuovere i propri interessi altrove, me ne vengono in mente quanti ne vuoi. Dalle holding finanziare che gestiscono testate d'informazione (anche finanziaria - e spero s'abbia idea di quanto l'informazione SIA essa stessa finanza), a produttori di vino che controllano testate dedicate al vino. Ma del resto basta guardare la storia degli assetti del Corriere per ripercorrere una divertente storia dell'editoria in Italia. Non credo insomma che la chiave siano gli editori in senso classico. Certo sarebbe interessante valutare se qualcuno ha voglia oggi di utilizzare le possibilità a disposizione per rischiare del proprio e farsi imprenditore/editore. Ma mi pare siano pochi quelli che s'avventurano. Forse anche perché è un mestiere mica facile. Ma certo andare a parlare con gli editori storici dell'enocritica fatico a immaginare cosa potrebbe portare in termini di nuove informazioni. Meglio sarebbe guardare ad altre esperienze di successo e valutare se possano essere replicate. Partendo anche dal dato di fatto che di solo pubblico italiano non si campa e quindi l'inglese credo sia obbligatorio se si vuole fare un salto oltre. Parere mio, ma di cui sono piuttosto convinto.

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...quoto Tommaso ...

Rispondi
avatar

francesca ciancio

circa 1 anno fa - Link

quando scrivi di altre esperienze di successo a cosa pensi? Lo chiedo per curiosità. Io sono più terra terra: mi piacerebbe prima o poi - perché nel nostro settore non è mai accaduto - che le sedie di un panel di discussione fossero occupate da editori/imprenditori e che costoro spiegassero perché pagano poco o nulla chi scrive di vino e cibo. senza retorica per davvero; cosa li spinge a proporre un tariffario così basso o a proporre collaborazioni gratuite.

Rispondi
avatar

Antonio

circa 1 anno fa - Link

Alla fine io credo che la colpa di tutto ciò sia soprattutto di noi consumatori e/o addetti ai lavori, che non ci decidiamo una volta per tutte a pagare per sostenere progetti di informazione sul vino di qualità. Una rivista sul vino indipendente e in grado di stare sul mercato unicamente grazie alla propria autorevolezza agli occhi dei lettori, senza dover ricorrere a pubblicità e marchette varie, sarebbe di enorme beneficio all'intera comunità. Invece ci si ostina a voler andare a scrocco, col risultato che è ben descritto in questo articolo.

Rispondi
avatar

Jacopo Cossater

circa 1 anno fa - Link

Noi un piccolo magazine indipendente, che non ha pubblicità e si sostiene unicamente grazie ai lettori paganti, l'abbiamo fatto e dopo 12 mesi posso dire sia un successo, almeno fino a qui. Per quanto stia parlando di una nicchia la responsabilità non è quindi sempre e necessariamente dei lettori quanto anche magari di editori che trovano più semplice passare da modelli free, e incassare dalle aziende.

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 1 anno fa - Link

... purtroppo le parole di Tommaso (Ciuffoletti) predispongono all'amarezza , se non proprio allo sconforto, più che all'ottimismo . E all'orizzonte poca luce . Ma anche la confusione , impera , sia fra coloro che scrivono di vino e sia fra coloro che leggono . Perchè la discriminante in chi legge è troppo legata alla cultura personale e specifica , mentre tanti che scrivono posseggono per la maggior parte esperienza dei nuovi strumenti di comunicazione ( Internet) ma sprovvedutezza disarmante relativa alle dinamiche che si muovono attorno al variegato mondo del vino , sia agricolo che produttivo che commerciale ( influencers) , mentre i giornalisti accreditati che scrivono di vino sono sempre meno (Cernilli , Armando Castagno , Sangiorgi e ...io ...siamo eccezioni (risatina). PS : ...mi mancano tanto le grandi firme giornalistiche : i Veronelli , i Gianni Mura , Cesare Pillon , Mario Soldati...)

Rispondi
avatar

Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Cesare Pillon. Che grande signore.

Rispondi
avatar

Lanegano

circa 1 anno fa - Link

Aggiungo Fabio Rizzari, avaro nel pubblicare ma secondo me grande penna 'indipendente'.

Rispondi
avatar

marcow

circa 1 anno fa - Link

La vicenda dell'ESPRESSO la dice lunga su cosa è, in ITALIA, la Grande Editoria. Attualmente non vedo praticabile e realistica né la strada indicata da Francesca Ciancio né quella indicata da Antonio. Attualmente(poi possono cambiare i tempi) l'unica via per un Giornalismo Indipendente è quello fatto da CHI ha un lavoro che gli da indipendenza economica ed è mosso da una GRANDE, GRANDISSIMA PASSIONE. Quando parlo di lavoro che da indipendenza economica cosa intendo? Un lavoro da milionari? Faccio degli esempi: Andrea Gori è un ristoratore di successo. Leonardo Romanelli è un ottimo docente. E così si potrebbero fare tanti altri esempi. Attenzione anche un lavoro collegato al vino (commercio online, enoteca, ecc ... ) da indipendenza economica e non necessariamente dipendenza. ____ Chiaramente per svolgere al massimo la funzione di giornalismo indipendente non bastano indipendenza economica personale e grande passione ma occorrono anche un po' di soldi(pensiamo al solo fatto di acquistare in enoteca le bottiglie da recensire) Ma, secondo me, attualmente non si può fare meglio. Volendo riprendere la proposta di Antonio forse qualcosa va studiato: lo sto pensando adesso per la prima volta. Credo molto nei video(se ne parla anche nell'articolo v. il famoso youtuber tedesco Konstantin Baum a Wine2Wine) e si potrebbero produrre chiedendo un piccolo contributo ai lettori(Anche in collaborazioni con presenze interessanti v. IWD) ___ Chiudo ricordando Antonio Tomacelli. Quando faceva Vero Giornalismo su Temi Scottanti del Mondo del Vino e... veniva attaccato da noi lettori. Abbiamo criticato gli editori, i giornalisti, ecc... ma anche il Consumatore, il Lettore a volte ha le idee confuse... e non sa APPREZZARE il giornalismo indipendente e di qualità. (E lo scambiano, come succede su Intravino, per Gossip, Scandalismo ecc ...)

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...CITO MARCOW : "... l'unica via per un Giornalismo Indipendente è quello fatto da CHI ha un lavoro che gli da indipendenza economica ed è mosso da una GRANDE, GRANDISSIMA PASSIONE...." ... RISPONDO COMPIACIUTO : " ... campo con soddisfazione del mio lavoro perchè prendo una baracca di soldi ( sono "alto" dirigente da oltre 30 anni) e sono mosso da grandissima passione , quindi per proprietà transitiva ho i requisiti per essere indipendente ... peccato che non sono giornalista né pubblicista (risatona...) iscritto all'albo ( sospiro di sollievo...) ...

Rispondi
avatar

marcow

circa 1 anno fa - Link

Vabbè, ma allora qual è la tua idea per avere un giornalismo indipendente?

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...fammici pensare ...

Rispondi
avatar

Giuseppe

circa 1 anno fa - Link

Moltissimi anni fa in una diretta radio (Radio Popolare credo) di quelle "a microfono aperto" come usava allora, un ascoltatore fece pesanti critiche sulla presenza di spot pubblicitari della FIAT nella programmazione della radio. Il direttore rispose cosi` "Se 30 secondi di pubblicita' alla FIAT 4 volte al giorno mi danno modo di criticare per un anno intero l'intero settore automobilistico perche' no?" Ecco fotografa perfettamente la situazione ambigua e scivolosa in cui ci si muove in tutti i settori dell'informazione. E` difficile immagino ma io penso che si possa mantenere una certa indipendenza pur accettando inserzioni et simili. E poi certo sta anche al lettore sgamarsi un po`

Rispondi
avatar

LS

circa 1 anno fa - Link

Per essere indipendenti è necessario essere ricchi, molto ricchi, specie se si hanno grandi ambizioni, oppure si può essere poveri ma consapevolmente felici di esserlo. La liberà in ogni caso ha comunque un costo elevato. Se l'informazione è un prodotto e questo prodotto il cliente non è disposto a pagarlo, allora quel prodotto non ha valore a prescindere dalla qualità giornalistica dello stesso. A mia avviso, il problema non riguarda solo il giornalismo del vino, ma il giornalismo italiano di settore in generale. Aggiungo che la situazione è ben peggiore se guardiamo ai social (che per le nuove generazioni sono strumenti di informazioni).

Rispondi
avatar

Elia

circa 1 anno fa - Link

Veronelli, Mura, Soldati insegnano che parlare di vino è parlare di cultura, storia, religione, filosofia, agricoltura e politica. Insegnano anche che non si dovrebbe parlare solo di quello e che un autore serio ha capacità critica proprio perché sa stare anche al di fuori del mondo del vino. Ma qui si parla di singoli autori. Se invece si vuole mettere insieme un gruppo di persone che parlano di vino in modo credibile (indipendente) per giudicare la qualità dei vini, secondo me si rischia di parlare di bevute più che di vino. Preferisco un reportage, un'inchiesta, una storia insomma. E poi serve un fine...serve sapere dove si vuole andare, poi qualcuno che apprezza e ti viene dietro si trova, magari non tanti, ma buoni.

Rispondi
avatar

marcov

circa 1 anno fa - Link

In un'intervista, chiedono al grande Gianni Mura cos'è la Libertà e L'Indipendenza ai tempi di Internet. DOMANDA "In un giornalismo dove la notizia non esiste più perché diventa subito storia, dato che ne macinano così tante al giorno, la nostra esperienza può rappresentare ancora un qualcosa di libero e indipendente?” “La LIBERTÀ" – fa notare Mura – “non la dà Internet, non la dà un quotidiano di carta, non la dà un microfono, secondo me. Non è il MEZZO con cui ti esprimi che dà la libertà, è la TUA VOGLIA di averla e basta. Io Internet la frequento pochissimo, trovo che abbia dei lati utili e anche dei lati negativi perché si è eccessivamente bombardati da notizie e pochissimo da approfondimenti. Per il resto, credo che dipenda dalle CARATTERISTICHE che UNO HA e che si possono riconoscere attorno ai 20-22 anni, cioè quando ha fatto il suo iter di studi. La libertà non è assolutamente scrivere sempre quello che si vuole, ma è il NON SCRIVERE QUELLO CHE TI DICONO DI SCRIVERE, soprattutto. Ed è una libertà responsabile, non una libertà sfrenata, come quella di diffamare. Ci può essere la libertà di avere dei dubbi, per esempio, e quindi, nel campo dello sport, di non presentare una vittoria come un trionfo quando è rubacchiata. Significa vedere l’altra faccia della luna, o cercarla, o mettersi dall’altra parte per capire. Significa non avere delle certezze assolute, significa rispettare molto chi hai di fronte, che sia un calciatore o che sia un dirigente. Ma anche non farsi mettere i piedi in testa, naturalmente. E’ tutta una serie di cose che poi vengono col tempo". Gianni Mura, un grande giornalista.

Rispondi
avatar

Teddywine

circa 1 anno fa - Link

Parlo da wine blogger - 2 anni fa ho creato il blog Emotional Wines perchè non ne trovavo 1 di mio gradimento - e quindi da appassionato fruitore di vino, partendo da un punto fermo: le Guide di settore sono inadatte a parlare di vino sia per il neofita che per l'appassionato. L'unica lettura che prediligo è "leggere le controetichette dei vini" che infatti pubblico anche sul blog: è un punto di partenza rigoroso per imparare a bere bene e informarsi. Il resto, dipende dal proprio gusto, le proprie passioni, la propria voglia di conoscenza.

Rispondi
avatar

Vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...Teddy, nella vita " normale" vhe lavoro fai?

Rispondi
avatar

Teddywine

circa 1 anno fa - Link

Ti do una risposta "completa" sulla bacheca del blog Emotional Wines: https://emotionalwines.blog/bacheca/

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...ho letto , quindi potrai esibire un contatto in più ... una banale quaestio : percepisci il reddito di cittadinanza oppure è questo blog che ti da da vivere? Nella seconda ipotesi , complimenti e tanta invidia...

Rispondi
avatar

Teddywine

circa 1 anno fa - Link

Un blog volutamentesenza pubblicità e nato per pura passione, non può certo essere fonte di reddito. Ma magari è fonte di informazioni, che spesso valgono più del denaro: chi più sa, meno spende...

Rispondi
avatar

Vinogodi

circa 1 anno fa - Link

"Che"...

Rispondi
avatar

Veritas

circa 1 anno fa - Link

Articolo interessante ed equilibrato, condivido le considerazioni di Alessandro.

Rispondi
avatar

Invernomuto

circa 1 anno fa - Link

Sinceramente non fosse una deformazione professionale, non capirei proprio l'esistenza di un giornalismo dedito al vino, ma scrivendo da anni di musica potrei dire lo stesso anche di quello musicale (che però ha tutt'altro spessore e storia, ma probabilmente è una visione assolutamente personale). Però articolo condivisibile. PS: faccio fatica a ragionare in termini di giornalismo per siti tipo buzzfeed o Vice (che per me è solo una etichetta discografica, non sapevo che qualcuno lo usasse come sito di informazioni). Idem Il Post, che ho scoperto solo lo scorso anno che è considerato una testata giornalistica con tutti i crismi, per me è sempre stato un sito ripubblicato da qualche utente su FB. Ah il tipo citato che parla degli USA è bravo, niente da dire, ma se la sente troppo calda, meglio Marchionna (mi pare si scriva così) che gestisce la parte USA su Internazionale allora)

Rispondi
avatar

marcow

circa 1 anno fa - Link

Dal Web: "I 10 migliori influencer del vino TikTok a cui prestare attenzione!" https://sommelierbusiness.com/en/articles/insights-1/top-10-tiktok-wine-influencers-to-look-out-for-349.htm __ In questo articolo c'è l'ultima novità in fatto di Comunicazione che sta avendo un successo mondiale enorme: TikTok. Anche il mondo del vino la sta utilizzando: non ho visto i video del link ma le storie mi sembrano interessanti. C'è un po' di tutto. C'è anche chi ha perso il lavoro durante la pandemia e non si è arreso. Questo ha interessato anche altri famosi Tiktoker a livello mondiale. Konstantin Baum, da quello che ho visto, non fa video YouTube shorts. __ Stiamo parlando di giornalismo del vino indipendente: che c'entra TikTok? Secondo me i video brevi avranno un loro spazio nella comunicazione del vino. E potrebbe portare risorse a chi fa comunicazione. Non sono un esperto ma c'è da riflettere su quest'ultima tecnologia.

Rispondi
avatar

Matteo

circa 1 anno fa - Link

Purtroppo se ne esce difficilmente, imprenditori che investono nell'editoria lo fanno quasi sempre per raccontare o meglio tacere notizie scomode ai loro interessi (editori puri che non hanno altre entrate in palese conflitto d'interessi non esistono) sponsor spesso pagano per tutelarsi non per pubblicizzarsi. Far pagare il lettore, essere credibili, aver sponsor e pubblicità non collegabili al mondo del vino.(non facile direte su un sito o magazine che parla di vino...) e purtroppo rimanere di nicchia altrimenti qualche grande gruppo con dietro finanziatori occulti vi comprerà per eliminare certe critiche...

Rispondi
avatar

marcow

circa 1 anno fa - Link

Matteo mi ha fatto riflettere. 1Perché si industriali dell'auto si buttano nell'editoria. V. La Fiat che 3 anni fa compra Repubblica e l'Espresso che rivende, dopo un anno. V Elon Musk, Tesla, compra Twitter e vuole licenziare il 50% dei dipendenti di Twitter. Perché investono nell'editoria se fanno auto? Che faranno i dipendenti licenziati? Andranno su TikTok? Dal "Venerdì nero per i dipendenti di Twitter. In migliaia si preparano per dire addio al loro posto di lavoro, in molti lo hanno già fatto dopo la decisione da parte del colosso acquisito da Elon Musk di licenziamenti di massa. L’azienda aveva più di 7.000 dipendenti alla fine del 2021. Nei piani dell'attuale management c'è la riduzione delle buste paga per un ammontare di 800 milioni di dollari entro la fine del prossimo anno, un ammontare che equivale a un terzo degli occupati. Si ipotizza che il neo-proprietario voglia tagliare fino al 50% della forza lavoro della piattaforma di social media, pochi giorni dopo averla acquistata per 44 miliardi di dollari. Il magnate che ha rimosso il consiglio di amministrazione e si è insediato come unico membro del consiglio. Diversi membri dello staff hanno twittato di essere stati bloccati dai loro account di lavoro." (Dal Web Elon Musk e i licenziamenti di chi lavora a Twitter)

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...rilancio da Repubblica : ...Soldi in nero e spot occulti, la Finanza indaga sul racket dei food blogger: "Celebrità di internet" presto sul registro degli indagati di Giuseppe Scarpa Soldi in nero e spot occulti, la Finanza indaga sul racket dei food blogger: "Celebrità di internet" presto sul registro degli indagati Come raccontato in un'inchiesta di Repubblica le star del web possono arrivare anche a un pubblico di 200 mila seguaci, notevoli i tariffari dei guadagni. Ma lo Stato di questa "transazione" non vedrebbe nemmeno un euro, evasione fiscale...

Rispondi
avatar

Paolo

circa 1 anno fa - Link

Marco, vero che si può andare alla ricerca di somme evase tra i foodblogger, ma va ricordato che l'incassato rispetto agli accertamenti supera di poco il 10%. E che il meraviglioso mondo dei fuffaroli si basa ben poco su somme di denaro, quanto su un corposo giro di baratto degno dei nostri mercatini delle elementari "ti do' un paolorossi per tre bisvalide e un maldera, che mi amanca". NEl titolo, e corpo, dell'articolo, si usa poi il termine "racket" che fa riferimento ad un reato, tutt'altra cosa dalla questione "possibile elusione/evasione fiscale". Davvero vogliamo dare credito ad un articolo così mal congegnato?

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...ho riportato l'articolo perchè in tema , non perchè lo condivida nei contenuti. Io sono ben più estremo , nella considerazione dei food/eno bloggers , ma mi taccio per non ridurre i followers personali di cui mi nutro avidamente la cui maggior parte facente parte dei food/eno bloggers ...

Rispondi
avatar

Alessandra Biondi Bartolini

circa 1 anno fa - Link

Leggo solo ora e aggiungo il mio commento assolutamente fuori tempo. O forse sì visto che di vino (e salute) si sta parlando moltissimo e forse mai se ne è parlato in modo così confuso e dannoso per l'informazione, e per il vino stesso. Il problema sono i ruoli (non spoilero troppo perchè sto scrivendo qualcosa), nessuno ha mai voluto spiegare al pubblico il ruolo che ogni soggetto ha nel mondo dell'informazione. In quanti sanno tra quelli che leggono cos'è Coldiretti o Unione Italiana Vini o Assoenologi? Perchè in Italia spiegare cosa significa fare lobbing è visto come qualcosa da nascondere sotto il tappeto e si accetta invece che la visione di chi ha interessi molto espliciti diventi il cuore della notizia, senza nessun approfondimento o tentativo di trasparenza? Nessuno spiega mai chi sta parlando, dove finisce la notizia e dove comincia l'opinione o l'interesse, e quindi diventa normale che a un giornalista sia chiesto di, promuovere, "partecipare" ale crociate e fare sistema con i soggetti delle sue stesse storie. Tanto il lettore non lo sa. Niente, è un casino...

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.