Il distillatore Marco Schiavo ha una (in)sana passione per i cocktail

Il distillatore Marco Schiavo ha una (in)sana passione per i cocktail

di Angela Mion

“Sim sala bim”. Quando penso a Marco Schiavo non chiedetemi perché ma mi viene in mente il mago Silvan. Sarà quel fare allegro e scanzonato, quell’abilità fuori dall’ordinario che lo contraddistingue.

Nella prossima vita forse farà il mago? Probabilmente riuscirebbe pure in quello. In questa lasciamolo mandare avanti l’azienda di famiglia, una delle più longeve della grappa italiana. Marco rappresenta la quinta generazione, manda avanti la distilleria in cui è nato e cresciuto e dopo la morte del padre pochi anni fa, con l’appoggio della mamma e del fratello Mauro, ha saputo fare quanto un buon imprenditore avveduto dovrebbe fare: crescere, affacciarsi a nuovi mercati, fare ricerca ma al contempo rimanere quella distilleria di un tempo, voce del verbo “qualità sempre e su tutto”.

La storia della famiglia Schiavo nasce nella seconda metà del 1600, e nell’attuale casa padronale accanto alla distilleria c’è pure un museo che racconta di questi secoli. Il presente, il passato e il futuro sono sicuramente le grappe ed il nuovo progetto – centratissimo – di Marco, dedicato alla creazione di amari, con prodotti di altissima qualità da utilizzare anche nelle ricette della miscelazione, sua grande passione.

Iniziamo dalla grappa, la vecchia signora come direbbe il Guccini della sua Bologna.

Scusa la domanda un po’ da manuale, dimmi che cos’è la tua grappa in poche lettere.
La risposta è stata asciutta e decisa.
“..noi creiamo dei distillati frutto di blend, andiamo a collaborare con le teste calde dei migliori produttori di vino, prendiamo le loro vinacce monovitigno, le distilliamo separatamente e le blendizziamo dopo almeno un anno e mezzo in modo da avere uno specchio aromatico sempre equilibrato. Sperimentiamo, siamo l’alambicco della facoltà di enologia di Verona.”

Il naso è il tuo? No perché se parliamo di blend parliamo di profumi, di annate, di naso insomma, di un certo savoir faire.
“Naso mio. Ho iniziato io a creare le grappe seguendo quello che mi chiedevano i clienti.
Grappa secca, morbida pasta gialla, morbida pasta rossa, invecchiata, acquavite d’uva morbidissima, super grappa (tipo la collaborazione con Quintarelli) e i liquori.”

Nel tuo settore chi è per te il più grande paese o produttore? Se c’è ovviamente.
“Guarderei più ai produttori di vino vedi Borgogna o Barolo. Max 40.000/45.000 bottiglie e stop. Li hai il top della qualità.”

Ora la classica domanda antidiluviana: con tuo fratello sei cresciuto in distilleria, nonni, famiglia, tutti del mestiere. Hai le mani in pasta da quando sei ragazzino insomma. Torna indietro.
“Guarda, sono cresciuto in distilleria dove mi davo sempre da fare e ho imparato quello che nessun corso ti può insegnare. In particolare, avevo due vecchie zie che hanno sempre lavorato in azienda fino a ottant’anni suonati e mi hanno insegnato molto di quello che oggi so. Mi hanno insegnato a riconoscere i profumi delle diverse tipologie di vinacce, la differenza di colore tra una vinaccia appena tolta dal mosto e una di qualche giorno, ho imparato anche a riconoscere le vinacce che venivano addizionate con acqua dai contadini per ingannare la distilleria sul peso durante la consegna. Difficile spiegare in poche parole che cos’è l’esperienza di una vita.”

Qual è la vostra ricetta quindi?
“Pazienza lentezza e qualità delle vinacce. Nessun eccesso, i profumi standard li lascio all’industria. Oggi come ieri di norma in un’ora e mezza distilliamo 700 Kg, una cotta, di vinacce – circa 30 litri di grappa a tutto grado (75%-80% vol.). Questo garantisce un prodotto al top. Le vinacce appena torchiate in cantina arrivano in distilleria su prenotazione, nell’arco di una giornata distilliamo quantitativi massimi di 8000 Kg.”

E la prugna? Oh, è buonissima. Hai presente che dalle mie parti si beveva nel caffè preferibilmente a colazione e diventavi biondo automaticamente?
“Ah ah. Qua la ricetta è del nonno Guido rivista da me in taglio moderno. Il naso resta quello dell’acquavite serba Slivovitz, in bocca però hai profumi ed equilibrio con note dolci di mandorla e amaretto. Hai mai bevuto un prugna tonic? ..non diventi bionda!” 

Quando parli con Marco Schiavo ti arrivano addosso una carica ed un entusiasmo che vanno ben più distante di uno che ti parla del suo mestiere. Con i suoi prodotti fa ciò che gli chef fanno da anni nei loro piatti. Li crea. Così, qualche anno fa, ha creato il nuovo capitolo della Distilleria Schiavo: la linea Gagliardo (come lui del resto).

Gagliardo Bitter Radicale – Gagliardo Fernet Radicale – Gagliardo Triple sec Radicale.

Gagliardo Bitter Radicale si è aggiudicato il World Best Bitter 2019 al Liquors Competition in Inghilterra (editoriale The Paragraph) –  il Fernet si è portato a casa il riconoscimento Gold.

Ma un americano col Bitter Radicale l’avete mai assaggiato?

Tutta un’altra musica. Ti spettina le papille gustative, il finale è amaro, balsamico e lungo come dev’essere, un ritorno alle origini con meno zucchero, non sa di “ciuccetti”: se la giocano erbe, radici e spezie lasciate in infusione per 18 giorni, rimescolate a mano con la tecnica del bâtonnage, le quantità di macerazione sono piccole per avere il giusto equilibrio di estrazione e la filtrazione è a metà per non levare i sapori.

Marco, quale E-duecentoqualcosa usi per vestire il bitter di questo bel rosso?
“Nein, coloranti artificiali. E…..costa otto euro al litro. La cocciniglia naturale che uso io ne costa 100. Ogni infusione è in botti da 250 litri e ne servono 800 grammi…fa due conti”
È stata una sua geniale intuizione quella di voler creare dei prodotti di alta gamma per la miscelazione, in particolare è nato tutto dall’idea di un Bitter all’altezza di un grande Americano, il suo cocktail preferito, un prodotto che potesse legare bene ai vermut italiani.

Non esiste la ricetta del bitter! Come hai fatto ad arrivare al tuo? (questa è la parte che preferisco)
“Quasi per scherzo, una sfida con l’amico Carlo di creare un prodotto top non industriale e da gdo da utilizzare nella mixologia. Ho quindi messo a punto i 4 primi bitter. Poi ho conosciuto Giacomo, un abile barman di Vicenza e siamo partiti: 4 Milano-Torino con 4 vermut diversi, ogni mattina alle 9:30 per 3 gg alla settimana, ad ogni prova venivano modificate intensità ed infusioni di erbe, spezie, agrumi e zucchero. 

Dopo 8 mesi, la messa a punto della ricetta uscita nel 2014. Il nome è arrivato grazie all’amico Vito, altro abile vicentino della ristorazione: Gagliardo.”

Schermata 2019-08-01 alle 11.16.40In realtà poi la versione del 2014 non è stata quella che ha spopolato perché il bitter era troppo bitter per la media delle papille abituate all’eco del Campari e ad una lancetta dello zucchero più alta e quindi nel 2015 è stata messa appunto una versione con meno genziana, rabarbaro, liquirizia, pepe che diventerà la versione classica. Nel 2017 è ritornata in produzione la prima versione del bitter: Gagliardo Bitter Radicale Extra, per quelle papille meno addomesticate che amano l’amaro buono.

Un successo senza precedenti anche il Fernet, nato da una vecchia ricetta del 1856 e il Triple sec la cui perfezione arriva con una seconda infusione con bucce candite di Mandarino Tardivo di Ciaculli, presidio Slow Food.

Il bello è che la Distilleria Schiavo resta sempre la piccola azienda di un tempo nella minuscola Costabissara. Il suo Bitter radicale però lo trovi nei migliori bar d’Europa e oltre oceano. Per aggiustare le sue ricette Marco fa appello ai suoi amici in tutta Europa: fa avere le sue bottiglie e poi raccoglie tutti i loro punti di vista ed impressioni e, di conseguenza, crea ed aggiusta.

Sapete vero che potreste trovarlo in qualche cocktail bar o locale alla moda o nella trattoria più trash a shakerare qualche drink? In tempo zero vi trovereste con un bicchiere in mano. Sim sala bim! Solo che lui non fa uscire colombe dal cappello ma Americani o Prugna tonic!

Mi è venuta sete.

Dose consigliata per il Milano-Torino o Americano:
30ml Gagliardo Bitter
45ml Vermouth rosso

Finire drink sempre con Twist di limone e d’arancio.

Prugna – Ginger Ale:
2/3 Prugna
1/3 ginger ale
una fetta d’arancia.

 

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Angela Mion

Veneta, classe 1981, studi giuridici e azienda di famiglia. La svolta cubista arriva quando ormai maggiorenne incontra il vino: Sommelier, Master Alma-Ais ed altre cose in pentola. “Vin, avec toi on fait le tour du monde sans bouger de la table”. Bucolica e un po' fuori schema con la passione per la penna, il vino, il mondo e la corsa. L’attimo migliore? Quello sospeso fra la sobrietà e l’ebbrezza.

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