Il conto vendita dei vini è una cagata pazzesca (Buona Pasqua!)

Il conto vendita dei vini è una cagata pazzesca (Buona Pasqua!)

di Alessandro Morichetti

L’ipotesi di tenere vino in conto vendita al ristorante è uscita fuori dall’armadio dei teschi ammuffiti in una recente intervista su Repubblica Sapori di Eleonora Cozzella a Christian Costardi, noto ristoratore insieme al fratello Manuel in quel di Vercelli.

Già il titolo ha indisposto i più: “Il futuro? Menù più corti, vino in conto vendita e dilazioni nei pagamenti“.

Sorvolando per un attimo sui pagamenti a babbo morto, spesso più regola che eccezione, non vorrei spendere troppe righe per spiegare cosa non funzioni nemmeno lontanamente nell’ipotesi del conto vendita dei vini perché basterà un esempio a far capire che genere di minchiata sia quest’idea.

Ti porto il vino e vuoi pagarlo solo dopo la vendita? Bello, bellissimo.
Peccato che io debba pagare tutto – anzi, peccato che tutti debbano pagare tutto – nei termini regolari dei contratti di vendita, diciamo 60 giorni fine mese se non anticipatamente. Tappi, etichette, macchinari, vasche, scatole, eccetera, eccetera, eccetera.

E i dipendenti, prima di tutto. Però tu no, tu vuoi il vino e pagarlo dopo amen mentre fa la muffa a spese mie?
Ma mi faccia il piacere, ad essere gentili. Il contrario esatto di qualsiasi ragionamento che abbia la filiera – e non solo “li cazzi miei” – al centro del discorso.

Per non dire poi che, all’atto pratico, il conto vendita corre sul sottilissimo filo dell’illegalità, come potete leggere in questo articolo dello Studio Giuri: “CONTO VENDITA ED ART 62: CONTRATTO VALIDO O ELUSIONE DELLA NORMA?“. Di fatto, il conto vendita é impraticabile. Lo puoi fare una volta su un prodotto. Dopo un certo tempo dovresti fatturare il venduto e ritirare l’invenduto. Visto che nessuno fa così (sarebbe impossibile, a meno che non hai una persona solo a gestire scartoffie), finisce per essere illegale.

E mentre ragiono su questa questione e mi esce fuori questa sponsorizzazione su Facebook. E penso che c’è un corollario ancor più lungo da argomentare.

 

 

 

Condo-vendita

 

Vabbè dai, oggi è Pasqua e rovesciamo la questione.

Se c’è solo un commentatore – ne basta uno con nome, cognome e partita iva – capace di argomentare la tesi del conto vendita lo assumiamo al reparto delle cause perse sperando che ne vinca una.

Pagamento a causa vinta, ovviamente.

 

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

9 Commenti

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Gianpaolo

circa 4 anni fa - Link

non solo, poi c’e’ anche che un ristorante/enoteca avra’ sicuramente molti vini che ha pagato - perche’ gli servono e non glieli danno altrimenti. Secondo te quali saranno quelli che spinge a vendere, quelli che ha pagato o quelli che possono stare li’ a babbo morto?

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Alessandro

circa 4 anni fa - Link

Penso che il conto vendita possa essere utilizzato solamente una tantum e su prodotti molto particolari che magari un produttore ha voluto realizzare come esperimento. In questo caso potrebbe persino essere una soluzione positiva sia per proporre qualcosa di nuovo da parte del enotecaro/ristoratore, sia per il produttore che verrebbe spinto a proporre solamente prodotti in cui crede veramente. Di base comunque ci dovrebbe essere grande fiducia tra le parti.

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Roberto

circa 4 anni fa - Link

Alessandro gran bel articolo.......aggiungerei al tuo scritto che un 70% di ristoratori non paga a 60 gg ma paga quando vuole con le scuse più strane per cui il conto vendita se lo fanno da soli

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Michele A. Fino

circa 4 anni fa - Link

Ma poi. Perché Costardi si limita al vino? Perché non propone il conto vendita a Longino e Selecta? In fondo, hanno molta più regolarità di visite e forniture. Con loro un rapporto consegne/resi è agevolmente rappresentabile. E non è che carrè di agnello neozelandese o gamberi rossi di Mazara impattino poco sui costi del ristorante. Su ristoratori, la strada delle genialate al gusto panissa è stata appena imboccata, non limitatevi!

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Angelo D.

circa 4 anni fa - Link

E gli hai pure dedicato un post? Per dire... 👈

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Alessandro

circa 4 anni fa - Link

Buongiorno, da ristoratore mi sento di dire che il conto vendita alla fine di questa crisi non è molto utile, perché fa perdete la voglia di vendere un vino, allungherebbe ulteriormente le carte dei vini, una buona soluzione potrebbe essere abbassare l'ordine minimo, magari con una scontistica di fine anno in base all'acquisto, alla solvibilità!!! Il conto vendita creerebbe solo caos!!!

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Claudio

circa 4 anni fa - Link

Uno dei problemi legati al conto vendita credo sia legato al fatto che molti fantaimprenditori ormai facciano fantaimpresa, quindi lavorano solo coi soldi che incassano, pagano chi possono e poi ricominciano facendo ulteriori buffi. In questo giochino resistono solo i grandi gruppi che magari possono permettersi di avere capitali fuori perché magari a loro volta non pagano qualcun altro. Il piccolo imprenditore spesso si ritrova a dover accettare determinate situazioni per poter essere competitivo e non essere tagliato fuori in partenza. E cosi passerà il resto della sua esistenza a rincorrere gente per provare a farsi pagare. Se solo le persone facessero impresa per quello che realmente si possono permettere e non sulle spalle degli altri.

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Eric

circa 3 anni fa - Link

Io ho un'enoteca e vi assicuro che se potessi avere più scelta per i miei clienti probabilmente riuscirei a portare da me buona parte di coloro che consumano vino in città, in quanto troverebbero ciò che cercano. Purtroppo non è fattibile perchè costerebbe veramente troppo avere molte referenze, e comunque attualmente ne ho 42. Pensate se ogni produttore potesse esporre da me tutta la sua produzione e non solo quello che io richiedo in base alle mie finanze!? Credo che ne gioverebbe anche il produttore, forse non tanto chi fa cattivi prodotti. E per il pagamento non ci sarebbe problema perchè settimanalmente o mensilmente si farebbe il conto del venduto, fattura e pagamento immediato che è già stato incassato da me. Certo è una questione di buoni rapporti e di fiducia. A fine anno se si intende continuare la collaborazione, si fa una procedura di ritiro dell'invenduto, un nuovo contratto, la riconsegna della nuova fornitura e si ricomincia. Se non sbaglio il settore della carta stampata funziona così, e anche qualcosa nel settore dell'abbigliamento. Questo sistema però dovrebbe essere contrattato e gestito direttamente con e dai produttori in modo da non aumentare esageratamente i prezzi, in quanto se tra me e il produttore si inserisce un distributore ecco qua che i prezzi salgono. Sempre meglio che pagare uno scaffale in un supermercato. O no?!

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guido

circa 1 anno fa - Link

Purtroppo lei ragiona in buona fede e pensando ai Clienti. L'articolo al contrario lamenta le solite problematiche di chi invece di fare impresa dovrebbe fare altro, partendo dall'uso di un linguaggio molto più simile a quello di un ragazzino in discoteca che non di un professionista. Senza contare le inesattezze che cita sui costi, peraltro quasi i medesimi sostenuti dal venditore finale con l'eccezione che normalmente il produttore se non è uno scappato di casa qualche contributo specifico lo può anche ottenere. Detto questo il conto vendita è una formula che se usata bene è vincente. E ricordiamo al "guru" dell'articolo che vi sono tantissime aziende produttrici che falliscono con le cantine piene, per la serie se non vendo a tutti i costi le brucio.

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