Il Barolo gentile di Livia Fontana

Il Barolo gentile di Livia Fontana

di Denis Mazzucato

È fine gennaio, e le giornate nelle quali si può apprezzare il cielo azzurro non sono poi molte.

Sono partito da quasi un’ora, direzione Castiglione Falletto quando ad un tratto scorgo una macchia bianca tra il grigio asfalto e il verde della (poca) vegetazione. Quel terrapieno sporco di neve mi ricorda una delle prime lezioni AIS, nella quale ci spiegarono come una volta le vigne si comprassero in questa stagione, a pochi giorni da una nevicata. I migliori terreni erano quelli nei quali la neve si scioglieva per prima. Mi chiedo se sia un buon giorno per vederlo dal vivo.

Arrivati da Livia Fontana, a Castiglione Falletto, dopo la ormai consueta presentazione senza stretta di mano è la prima cosa che chiedo.

Mi mostrano una collina: a sinistra c’è Villero, senza neve, a destra Mariondino, ancora tutta imbiancata. Dalla mia angolazione non si percepisce una grande differenza di esposizione, ma la neve parla chiaro.

Schermata 2021-02-18 alle 17.11.57

 

Sorrido. Inizia la visita.

Le origini della famiglia Fontana risalgono al 1400, quando le cronache narrano di due fratelli, Girolamo e Giuseppe, proprietari di quattro ettari di terreno a Monprivato.

Uno dei due fratelli non si sposa, l’altro manda avanti l’albero genealogico e nel 1820 il censimento di Castiglione Falletto racconta di un Giovanni Fontana già viticoltore presso la cascina Fontanin, sede ancora oggi dell’azienda.

Oggi la guida della cantina è affidata a Livia Fontana, ago della bilancia sui cui piatti stanno i figli Michele (enologo), genuino e sognatore, e Lorenzo (commerciale), pragmatico e razionale: un trio ottimamente assortito!

Prima della degustazione Michele ci porta in cantina dove tra le file di botti (quasi tutte Stockinger) ci parla dei cambiamenti degli ultimi anni, quelli climatici, affrontati soprattutto con una maggior attenzione e cura in vigna (potature, diradamenti e selezione) e quelli produttivi: la fine della collaborazione con Donato Lanati, racconta, ci ha permesso di plasmare una nostra idea di vino, meno standardizzata e più aderente al nostro territorio e ai nostri gusti.

Nella sala degustazione con vetrata su Villero e Mariondino abbiamo assaggiato:

Roero Arneis DOCG, 2019: pressatura soffice da cui viene ricavato non più del 50% del mosto, è giallo paglierino piuttosto tenue ma vivo, profuma di pesca, mela, salvia, fiori di acacia e un leggero tocco agrumato, tutti profumi precisi ma leggeri. In bocca si conferma un vino giocato sulla finezza più che sulla potenza, fresco, sapido e molto lungo. Michele ci spiega che spremendo il meno possibile gli acini si evita di estrarre le componenti amarognole della buccia, che in genere sono mascherate da un residuo zuccherino piuttosto alto. Lasciato volutamente scaldare nel bicchiere non perde un pizzico di beva nemmeno quando sale la temperatura; provate a farlo con la maggior parte degli arneis. Ero partito per assaggiare nebbiolo e porto a casa un grande arneis. Serendipità.

Langhe DOC Nebbiolo, 2018: proviene dalle piante più giovani dei vigneti da cui si ricava anche il Barolo, con una parte delle uve dei Cru solo quando serve. Fermentazione in acciaio e affinamento in botti per 18 mesi. Rosso ancora piuttosto rubino sebbene il granato sia in divenire, ha un naso abbastanza intenso ed elegante di frutti rossi che vanno dall’amarena alla prugna, poi violetta, rosa e leggero sottobosco. Tannino molto fine che assieme alla mineralità equilibrano il frutto e la cremosità. Il buon giorno si vede dal mattino.

Barbera d’Alba DOC superiore, 2017: 29 mesi in botti tradizionali per questa barbera che conferma la mano delicata della vinificazione. Ciliegia, ribes, e una leggera speziatura al naso, 15 gradi assolutamente non percepiti in bocca, che però risulta in equilibrio con freschezza e un tannino accennato. Alba.

Langhe DOC Rosso, Insieme, 2016: blend di barbera e nebbiolo in genere al 50% e 30 mesi di botte grande per questo vino dal naso intenso, balsamico e di rosa (più da nebbiolo) e bocca polposa di mora dove invece spicca la fresca vivacità della barbera. Un bel mix per un vino piacevole di quelli che mettono d’accordo le tavolate più disomogenee, in Italia e all’estero. Passepartout.

Barolo Fontanin 2016: naso classico di sottobosco, violetta e piccoli frutti rossi, in bocca entra immediato ma sottile, pare non aver materia per reggere e lo fa eccome allungando su note di liquirizia e lasciando la bocca quasi burrosa. Nemmeno per un secondo si è dovuto fare lo sforzo di immaginare questo vino tra chissà quanti anni. Che l’annata offra barolo particolarmente pronti ormai non è più una notizia, e questo Fontanin non fa eccezione. Mano felice dell’enologo e pragmatismo commerciale in bottiglia. Voilà.

Barolo DOCG Villero, 2016: qualche sbuffo alcolico all’inizio, che poi svanisce lasciando spazio ad un naso più ricercato di ciliegia, prugna, rosa, erbe aromatiche e china, femminile. Grande scorrevolezza, fresco, minerale e sapido, con un tannino dolce che ancora denuncia la maturazione perfetta delle uve in annata di grazia e la prontezza del vino. Finale lungo nel quale tornano quei leggeri cenni di erbe aromatiche che già avevano sedotto in principio. Ci raccontano che lo chef stellato Enrico Bartolini a Castiglione della Pescaia abbini questo barolo al il caciucco. Chissà. The winner.

Barolo DOCG riserva Bussia, 2015: almeno 60 mesi di affinamento prima in botti tradizionali e poi in bottiglia. Granato più intenso e naso più profondo e scuro rispetto al Villero. Qui spiccano la balsamicità dell’amarena sotto spirito, la mora e la speziatura dolce del legno. In bocca c’è più struttura, più larghezza ma è anche un vino che va atteso ancora, unico tra quelli assaggiati del quale non riaprirei una bottiglia oggi stesso. Au revoir.

Sarà capitato a tutti almeno una volta di ascoltare una noiosissima lezione di un’ora concludersi con: “di tutto quel che ho detto dovete ricordarvi solo questa frase, che all’esame ve la chiedo.”.

Ecco, mi piacerebbe che di tutto quanto ho scritto restasse una cosa: i vini di Livia Fontana sono tutti, dal primo all’ultimo, vini delicati, gentili, con una persistenza inaspettata a dispetto delle apparenze. Buoni e che penso cresceranno ancora.

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Denis Mazzucato

Monferrino DOC, informatico da troppo tempo, sommelier da troppo poco, musicista per sempre. Passato da Mina, Battisti e Pink Floyd a Fiano, Grignolino e Chablis, cerco un modo per far convivere le due cose. Mi piacciono le canzoni che mi fanno piangere e i vini che mi fanno ridere.

3 Commenti

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marzia morganti

circa 3 anni fa - Link

Bravo Andrea! Bella storia raccontata con garbo e rispetto! bello la storia della neve nelle vigne! Sei un grande!

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Denis Mazzucato

circa 3 anni fa - Link

Grazie mille Marzia, ma mi chiamo Denis. 🙂

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Cascina Gilli

circa 3 anni fa - Link

Complimenti Denis. Speriamo prossimamente di ritrovarci a Cascina Gilli per assaggiare insieme la nostra Malvasia di Schierano, ritrovata dall'università, passione del nostro enologo Gianpiero Gerbi e raccontarti qualcosa in più della nostra filosofia produttiva e legame con il Monferrato!

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