I wine influencer spiegati bene (e la bolla prossima ventura)

I wine influencer spiegati bene (e la bolla prossima ventura)

di Tommaso Ciuffoletti

Io credo negli influencer. Non sto scherzando, l’ho verificato con mano. Ce ne sono alcuni davvero in grado – se scelti con attenzione, per un target mirato ed un’azione specifica – di spostare visualizzazioni e fare conversioni con un ritorno sull’investimento che può sorprendere.
Così, quando appare su Cronache di Gusto una news dal titolo “I migliori 10 influencer nel mondo del vino: in classifica ci sono anche quattro italiani”, me la vado a leggere.
E scopro subito che “La classifica, come ogni anno è stilata da worldinfluencer.gq, che cura le classifiche degli influencer nelle maggiori categorie di Instagram”. Purtroppo nel pezzo manca il link diretto al sito. Poco male, digito sul mio browser worldinfluencer.gq.

Il risultato è una pagina vuota. E non partiamo benissimo.

Dopo svariati tentativi di venirne a capo, recupero quello che immagino sia l’indirizzo di questo importante sito. Trattasi di worldinfluencer.wordpress.com. E se non s’era partiti benissimo, certo non si prosegue meglio. Anzi. Non solo non si tratta di un dominio di primo livello, ma è semplicemente una pagina wordpress, piuttosto scarna, che non riporta nemmeno un vago “chi siamo” e che in teoria chiunque con 10 minuti da perdere potrebbe creare.

A questo punto pare piuttosto superfluo leggere tale classifica, perché l’interesse verso la stessa è paragonabile a quello dello status di Facebook di mio cugino di terzo grado che elenca i suoi film preferiti (peraltro con una dovizia di note senza dubbio maggiore rispetto a quella del fantomatico sito che “come ogni anni cura le classifiche degli influencer nelle maggiori categorie di Instagram”).

Una prima riflessione che viene da fare è che, in generale, quella degli influencer – al netto della premessa sul fatto che in alcuni casi funzionino e bene – è in buona parte una bolla, come tante ce ne sono state, alimentata anche da un tamtam di notizie che a ben vedere poi non risultano tali.
Se poi penso al mondo del vino e al ruolo possibile degli influencer in questo specifico mercato, mi pongo altre domande che possono servire a chi si occupa di comunicazione e pr per le aziende vinicole.

Partendo da un primo importante discrimine: a cosa serve un influencer?

Ci sono casi in cui investire su un influencer è mirato ad avere conversioni. In altre parole: fare soldi. Lo si fa se si ha un business (totalmente o almeno parzialmente) online. Il ritorno sull’investimento è immediatamente verificabile. Si paga un influencer, gli si fornisce un link tracciato che l’influencer veicolerà attraverso i propri canali e in base a quello si verificano gli accessi sul sito portati da quel link e, in seconda e più importante battuta, si verifica se quegli accessi si trasformano in acquisti.
Se ci penso dal basso della mia scarsa esperienza, non mi vengono in mente aziende vinicole italiane che operino in tal senso. I motivi sono vari, a partire dalla difficoltà di sviluppare in proprio un e-commerce funzionale e redditizio a fronte di investimenti in promozione che difficilmente sarebbero giustificati.
Per cui immagino che ingaggiare un influencer che si occupa di vino, come quelli citati nella classifica di cui sopra, abbia soprattutto la finalità di fare brand awareness e brand reputation. In altre parole: dare notorietà (brand awareness) e lustro (brand reputation) al marchio che quell’influencer accosta a sé.

In questo senso il lavoro dell’influencer è meno verificabile rispetto al primo caso ed anche il ritorno sull’investimento non è facilmente misurabile. Certo, ogni influencer porta con sé numeri e dati che parlano per lui, ma – e il caso della classifica stilata da una pagina wordpress come quella da cui siamo partiti lo esemplifica bene – è meglio sempre cercare di leggere fra i numeri, prima di affidarvisi in buona fede.
Si consideri inoltre che, per investire in awareness e reputation, esistono tanti strumenti a disposizione di un’azienda. Ci sono quelli classici (acquistare una pagina su una rivista specializzata o su un quotidiano di larga lettura) o quelli un po’ più innovativi.

Se si gioca su questo campo un punto che diventa qualificante è anche il tipo di contenuto. Forse funziona anche la foto dell’influencer che fissa intensamente la vostra bottiglia in uno scatto su Instagram, ma non è da escludere che possa ingenerare anche un effetto involontariamente comico (starà mica facendo partire la malolattica?). Su questo ciascuno è libero di avere la propria opinione ed eventualmente anche la propria strategia di posizionamento.

Certo non tutti hanno la fortuna di un Sassicaia o di un Emidio Pepe che si vedono sparati sull’Instagram di LeBron James. In quel caso lì, se King James avesse voluto farsi pagare, temo sarebbero serviti tanti, tanti soldini.

Che tuttavia avrei giudicato ben spesi. In altri casi… non so.

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

23 Commenti

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stefano baldi

circa 5 anni fa - Link

Sono molto d'accordo con te. Forse per costruire qualcosa che non sia solo apparenza serve un lavoro meno "fragile" di quanto credono in molti. Non basta l'uso della tecnica che produce soprattutto referenzialità all'influencer (concedimi il gioco di parole) perché il risultato è quasi sempre poco utile a chi pensa di avvalersene per ottenere vantaggi. Speriamo che prima possibile i contenuti ritornino al centro dell'interesse generale e non solo la fuffa.

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claudio

circa 5 anni fa - Link

A mio modesto parere l'errore che fanno molti che scrivono di questo argomento è quello di credere che il lavoro dell'influencer vada a sostituire gli "investimenti classici" (termine usato nell'articolo). Io credo, che un'azienda intelligente invece decida di seguire TUTTE le strade possibili per aumentare la propria notorietà (brand awareness) e quindi anche quelle nuove date dai wine influencer. Soprattutto se si pensa che i nuovi consumatori sono sui social non sulle riviste di settore. Con un'immagine o un breve video si può entrare nella cantina e dare un'idea dei vini che vendono, poi ci saranno altri mezzi, utilizzati dalla cantina, per la vendita e la distribuzione. Certo è che con Instagram la piccola cantina che nel mondo farebbe fatica ad essere solo conosciuta, in pochi click potrà essere notata da migliaia (che poi magari saranno decine o anche meno) possibili acquirenti o semplici curiosi. La capacità del wine influencer sarà quella di creare curiosità e interesse , non apparenza. Porterà comunque dei contenuti che fanno riferimento alla cantina. Certo non saranno approfonditi e dettagliati come potrebbero essere leggendo un articolo su un giornale specializzato, ma a mio parere è solo un mezzo rapido per dare un po' di notorietà ad un'azienda. Un po' come fosse un cartello pubblicitario nel centro della città: lo vedi e capisci al volo di cosa si parla, poi se vuoi maggiori dettagli ti informi in altro modo o l'azienda troverà il modo per farlo per te. Spero di non aver annoiato nessuno con la mia opinione. :-)

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stefano baldi

circa 5 anni fa - Link

Corretto a mio parere quello che dici e che di fatto avvalora il criterio alla base del post di Ino. Ogni mezzo per comunicare da solo ha forza limitata ed è l'integrazione di tutti quanti insieme a fare la differenza. Se al contributo dell'influencer si da un valore assoluto, separandolo da tutto il resto, ovvero sopravvalutandone il ruolo, anche la sua attività diventa poco efficace. La sua opera non è un fine, ma un mezzo: uno dei tanti che hanno bisogno di elementi solidi su cui poggiare. Che poi ogni cosa sia meglio di nulla (a patto che il contenuto sia interessante o peggio, inopportuno), non si può discutere, per cui ben venga anche qualche foto su Instagram, ma non è da questo che può derivare la differenza tra una comunicazione di successo da una di scarsa efficacia.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Non hai annoiato nessuno! Anzi! Il punto di vista che avanzi è corretto, ma parziale. Perché un punto di premessa quando si parla di investimenti (e microeconomia in genere) è quello sintetizzato perfettamente dal noto economista Mick Jagger: "you can't always get what you want". Una cantina non ha risorse illimitate da spendere in promozione e deve quindi effettuare delle scelte. Queste scelte si tarano innanzitutto su risorse ed obiettivi. A loro volta gli obiettivi vanno inquadrati bene, perché riguardano non solo il target che si vuole raggiungere, ma anche l'identità dell'azienda. In generale, il consiglio che mi sento di dare è: . non spendere a caso . sapere bene chi si è prima di decidere chi si vuole diventare . costruire una strategia coerente con risorse e obiettivi . rimanervi coerenti nel tempo Se a fronte di tutto questo si decide di puntare su degli influencer, va benissimo. Ma anche qui la scelta non è banale e va tarata con criterio, dato che spesso si vedono numeri poco credibili e contenuti che lo sono ancor meno. Insomma, un'azienda "intelligente" non è quella che spende tanto, ma quella che spende con criterio.

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claudio

circa 5 anni fa - Link

Sono d'accordissimo su ciò che hai appena scritto. Come in ogni cosa ci vuole lungimiranza e buon senso (aka intelligenza). Io mi ero permesso di rispondere perchè nell'articolo chiedevi "a cosa serve un influencer?" e allora ho voluto solo dare un parere. Senza dubbio le spese che un'azienda deve sostenere per la comunicazione vanno ponderate bene anche perchè in ogni settore c'è chi gonfia un po' i numeri per titare l'acqua al proprio mulino. Infatti un'altra cosa su cui sono pienamente d'accordo con te è la difficoltà nel valutare i numeri che può fornire un influencer e quindi valutarne l'investimento; la cosa invece semplice è che basta seguirlo, guardare le sue stories e hai un biglietto da visita instantaneo per capire come lavora e se può essere utile alla tua azienda. Vista la situazione in casa degli ultimi giorni termino dicendo: meglio un influencer che l'influenza. :-D

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Eheheheh!!! Ultimamente anche qua con l'influenza abbiamo dato! E pure parecchio!! ;)

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Antonio

circa 5 anni fa - Link

Bisogna stare attenti all’importanza che si da agli influencer. Su instantgram ci sono tanti che provano a diventarlo,alcuni recensendo belle bottiglie di vino in maniera seria. Altri puntano sul contorno( culo e tette. Scusate il francesismo). Poi ci sono quelli che cercano di rubarsi i follower. Io ne seguo diversi, e qualcuno lo trovo anche interessante( tipo una italofrancese che parla di vini e di westie in maniera semplice e senza troppi artifici.

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

separare il grano dal loglio è fondamentale Antonio. Segnalateci profili che seguite con interesse e aggiorniamo volentieri le nostre liste! Ad esempio io seguo e spesso mi confronto tra gli italiani con Cantina Social https://www.instagram.com/cantinasocial/ , Stefano Quaglierini Italian_wines https://www.instagram.com/italian_wines/ ovviamente Francesco Saverio Russo https://www.instagram.com/italianwinelover , Emanuele Trono https://www.instagram.com/enoblogger/ e "WineryLovers (Simone Roveda)" winerylovers.club

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Davide Bruni

circa 5 anni fa - Link

Quest'inverno Influencer a 38 di febbre per una settimana 🙀

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Franco

circa 5 anni fa - Link

Però...anche voi usate wordpress... dái su!

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Tommaso Ino Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

ehm ... Franco ... il punto è il dominio, non Wordpress.

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Tommaso Ino Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Il punto è una pagina senza riferimenti. Continuo?

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Franco

circa 5 anni fa - Link

Si si, continua pure :) grazie, un abbraccio!

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Tommaso Ino Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

;) <3

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stefano baldi

circa 5 anni fa - Link

C'è Wordpress e Wordpress. E' un template tanto ampio e versatile che ci si può fare una semplice pagina, ma anche un portale con funzionalità molto complesse. Quindi se ci fai giusto una pagina, per giunta non raggiungibile, hai voglia a parlare di reputation, brand awareness, frizzi e lazzi...

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Tommaso Ino Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Ah! Ma c'era già chi aveva risposto! <3

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stefano baldi

circa 5 anni fa - Link

No, la mia risposta era incompleta, o comunque più generica. Le cose che hai citato tu, sono oggettivamente più puntuali dal punto di vista tecnico e dimostrano che la sai lunga in argomenti che spesso la media dei webmaster , pur facendosi pagare, nemmeno conosce.

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AR

circa 5 anni fa - Link

... Io seguo e leggo su Instagram thewinegarage... Si impegna molto...

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Alessandro

circa 5 anni fa - Link

... Io seguo su Instagram "thewinegarage" ... Si impegna molto nel trasmettere i vini che beve ..

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Franco

circa 5 anni fa - Link

eh non è malino... fosse un po' meno arrogantello :) scherzo, grande wineleaner, un saluto!

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Katarina Andersson

circa 5 anni fa - Link

La questione di influencer e comunicazione digitale é infatti una questione complessa. E hai ragione che usare un influencer creando un link per tracciare la vendita di un certo vino, effettivamente non funziona molto in Italia perché non ci sono molte aziende che hanno quel livello di marketing e comunicazione. ROI (retur on investment) su creare visibilitá, community, brand awareness, e arrivare ai fans/followers/consumatori/chi ama i vini di un produttore...di aiutare a comunicare e 'lift up' e 'support' l'azienda é un lavoro lungo e complesso. Ci vuole continuitá e coerenza per riuscirci...non un post ogni tanto. Tanti non sono interessati in un lavoro del genere perché ci vuole tempo, e bisogna mese per mese creare un seguito fedele, che non ha niente a che fare con i numeri. Solo perché hai 15 000 followers non vuol dire che vendi o che chi ti segue effettivamente sono interessati nel tuo vino. Spesso vuoi arrivarci velocemente, pensando di fare un pó di soldi velocemente. Oramai, gli influencer che contano spesso non sono chi ha +100 000 followers, ma piuttosto i micro-influencers perché sono per lo piú quelli che conoscono il settore/ loro zona/hanno un contatto 'vero' con i loro seguaci ecc. Poi secondo me, se hai un instagram account con non so 50 000 o 150 000 followers ma nient'altro. Non hai un sito, non hai un posto dove puoi validare la tua autoritá, dare piú valore a quello che fai...non so bene che senso ha. Una caccia ai numeri secondo me non ha molto senso. Con questo non dico che non ci sono influencers molto validi, competenti e con molti followers, e che fanno un buon lavoro...perché si, ci sono. Ma spesso comunque credo si, che sia una bolla, tanta fuffa... Sono una ex storica, quindi analizzare le cose fa parte del mio essere...non ho tanti followers, piuttosto un seguito fedele che mi conoscono e sanno cosa possono aspettare da me, e credo nel valore che posso dare a chi aiuto a capire come comunicare se stessi online. Quindi sono d'accordo con le tue osservazioni qua. :-)

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Katarina PERFETTA! ;)

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vinogodi

circa 5 anni fa - Link

...è strano il web : da strumento straordinario di autoformazione , a piffero magico per imbecilli . Quando leggo di "seguito fedele" , condizionamento popolare da parte di certuni con boria da oracoli , sbavamenti per seguire le gesta di Ferragni e Belen .... davvero sono convinto ci sia una massa informe ameboide di neuroni che pascolano e vagano per il web in maniera piuttosto disordinata ...

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