I vini laboratorio di Valdisole, per una nuova idea di Roero

I vini laboratorio di Valdisole, per una nuova idea di Roero

di Graziano Nani

Macchine emotive
Antonio Damasio, uno dei più noti neuroscienziati al mondo, dice che non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano. Il mio macchinario emotivo interiore in effetti ha decretato apprezzamento per i vini di Valdisole molto prima che riuscissi a capire perché mi siano piaciuti. È probabile che d’istinto sia riuscito immediatamente a captare – chissà come – quel senso di decostruzione e sperimentazione che sta dietro la cantina, ma procediamo con ordine. I nomi alle spalle di Valdisole sono quelli di Giuseppe Amato e Kyriaki Kalimeri, che nel 2015 decidono di iniziare questo progetto a Corneliano d’Alba. Mezzo ettaro di vigna abbandonata, e un foglio bianco su cui iniziare a disegnare qualcosa di completamente diverso da ciò che abbiamo sempre visto nel Roero.

Ponti in costruzione
Mariaelena Boggio de “La Seconda Adolescenza”, attraverso il suo profilo Instagram, ha realizzato una bella intervista a Giuseppe e Kyriaki, vi consiglio di darci un occhio. Proprio lì scopro che Giuseppe è biologo, e questo spiega tante cose. Come il metodo sperimentale, quasi “da laboratorio”, con cui i due produttori approcciano ogni singolo vino. Macerazioni e doppie macerazioni, slanci ossidativi e lavaggi dell’uva con acqua di mare. Un laboratorio jazz, mettiamola così: basi solide, tanto studio e un buon tasso di improvvisazione. Attenzione però, perché improvvisazione nel mondo del jazz non significa impreparazione. Proprio qualche giorno fa Stefano Bollani, durante una puntata del suo programma “Via dei Matti numero 0”, descriveva l’improvvisazione come “costruire un ponte e passarci sopra contemporaneamente”. Ecco, questo intendevo. E il ponte a cui Giuseppe e Kyriaki stanno lavorando porta dritto a un nuovo concetto di Roero.

Amos 2018
Amos 2018, a base nebbiolo, è la prima espressione di questo nuovo concetto. Amos in greco significa sabbia, il riferimento è ai suoli sabbiosi che caratterizzano queste vigne con piante di circa 15 anni. È proprio la composizione del suolo la principale spiegazione di un nebbiolo così diverso da quello che tutti abbiamo in mente. Così diverso che fino a pochi anni fa, mi racconta Giuseppe, nelle Langhe veniva considerato di serie B e chiamato “nebbiolino”. Stiamo parlando di un nebbiolo più rustico e schietto, per cui non è necessario attendere troppo. “Tu pensa che i vecchi contadini del Roero, se gli dai un nebbiolo che ha più di un anno, ti dicono che è vecchio!”, mi racconta divertito il produttore. Prosegue spiegando che nel caso di Amos, in realtà, la sperimentazione ha significato principalmente tornare alla semplicità delle vecchie vinificazioni, basate su lunghe macerazioni e interventi ridotti al minimo. Valdisole, infatti, lavora con zero prodotti di sintesi, quantità minime di solforosa e nessuna forzatura enologica in cantina. Il risultato è un nebbiolo semplice e immediato, che macera per 15-20 giorni ed evolve solo in acciaio inox prima di passare in bottiglia. Vinoso, schietto, graffiante, uno sbuffo di visciole e una sferzata rustica e terrosa.

Armonia 2018
Parliamo un po’ di arneis e del suo legame storico con il Roero. Andando indietro nel tempo, il vitigno veniva piantato in vigneti misti per occupare i filari meno indicati per il nebbiolo. Pochissimi avevano intere vigne di arneis, un’uva con poca acidità, corredo aromatico ridotto e il rischio di un risultato un po’ sottotono sempre dietro l’angolo. Giuseppe e Kyriaki hanno scelto di unirlo a un 20% di moscato per dare vita ad Armonia, con fermentazione e macerazione che durano intorno alle due settimane. L’affinamento è in acciaio, mentre l’imbottigliamento precede di poco la vendemmia successiva. Armonia è un orange wine garbato che porta nel nome la sua natura più profonda. C’è armonia tra le note aromatiche del moscato, che aprono al naso, e quelle delicatamente sapide dell’arneis che guidano un sorso gustoso e rinfrescante. Agile, facile da bere, ma non per questo privo di una persistenza interessante e una personalità in grado di attestarsi senza strepiti, ma con una propria forza gentile.

Anarchia Flor 2018
Lo dice il nome stesso, qui è dove la coppia di produttori ha sciolto le briglie liberando tutto l’istinto sperimentale che li contraddistingue. 100% arneis, trasfigurato da quella che si potrebbe definire una doppia macerazione. La prima, canonica, dura trenta giorni e avviene in grandi botti di rovere. La seconda invece è una sorta di ripasso su bucce diverse. Di arneis passito, come è stato per alcune annate, oppure di altre uve come il riesling. Ma non è finita. Nel 2018 i due, non convinti del risultato, hanno deciso di metterci il carico da novanta con un passaggio ossidativo donato dalla flor. Il risultato è un orange puntuto e muscolare, ma non per questo invadente. Acidità elettrica e pungente, la tipica “polpa” da vino macerativo e il tocco dell’ossidazione controllata che dona al tutto un coté elegante e raffinato.

Vini laboratorio
Anarchia è un cantiere aperto. Fra i tre degustati, forse quello che meglio rappresenta lo spirito esplorativo di Valdisole. Un progetto che ogni anno cambia le sue storie, ne racconta di nuove, lascia aperto il campo a nuove possibilità e non smette di considerare tutte le variabili per scoprire qualcosa di inedito. Forse è il Giuseppe biologo che con Kyriaki, in un altro tipo di laboratorio, continua a studiare la vita, semplicemente in una forma differente, e le sue etichette non possono che essere progetti in divenire. Vini laboratorio.

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Graziano Nani

Frank Zappa con il Brunello, Hulk Hogan con il Sassella: per lui tutto c’entra con tutto, infatti qualcuno lo chiama il Brezsny del vino. Divaga anche su Gutin.it, il suo blog. Sommelier AIS, lavora a Milano ma la sua terra è la Valtellina: i vini del cuore per lui sono lì.

8 Commenti

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Giacomo

circa 3 anni fa - Link

mah

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Sancho P

circa 3 anni fa - Link

Essendo l'Arneis un vino che non ha nell'acidita' il suo punto di forza, mi chiedo se la macerazione non vada a comprometterne la freschezza. Ma oggi perfino il povero Bellone viene macerato.

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Spontaneamente

circa 3 anni fa - Link

Molto interessante. Ogni tanto si da spazio all'unico vino di cui si dovrebbe parlare. Il vino naturale, il vino buono.

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Marco

circa 3 anni fa - Link

il vino buono, non necessariamente quello "naturale" che può essere buono o cattivo. Non è detto che peraltro queste sperimentazioni ricadano nella categoria vino buono....

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Spontaneamente

circa 3 anni fa - Link

I vini naturali possono essere buoni o cattivi. Ma un vino buono è necessariamente un vino naturale. Cit. Sangiorgi

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marcow

circa 3 anni fa - Link

È vero quello che dice Spontaneamente. Per Sangiorgi: 1 I vini naturali possono essere buoni o cattivi. 2 I vini convenzionali sono sempre cattivi. 3 Soltanto i vini naturali sono buoni(quando non sono cattivi) __ In quella intervista, e in altre, Sangiorgi è schierato, senza se e senza ma, con i vini cd. naturali e... contro... il convenzionale. Secondo me ci sono dei passaggi, nella sua APOLOGIA del cd. vino naturale, che dovrebbero far riflettere. Per esempio quando, in quella intervista, risponde sull'esigenza di avere dei disciplinari(e quindi, dei controlli) più rigorosi. E mi impressiona, sempre in quella intervista di Sangiorgi, l'accettazione acritica dei preparati usati in biodinamica(cornoletame ecc...) ______ Marco, nel suo commento, si chiede se le sperimentazioni e le relative tecniche usate nella cantina dell'articolo siano compatibili con il concetto di vino buono(che, come abbiamo visto, per Spontaneamente e Sangiorgi significa soltanto naturale: i convenzionali sono... sempre... cattivi) Ebbene, non sono un esperto di cantina per poter dire se Mario fa bene a dubitare oppure no. Perché non so se queste tecniche potrebbero essere compatibili con un disciplinare di vini cd. naturali. Mi viene, invece, spontaneo esprimere un pensiero che leggiamo spesso anche qui, sul blog. Che c'è poco di "naturale" nella produzione di un vino. E, infatti, il termine naturale è vietato, non si dovrebbe usare. Ed è impressionante come la TECNICA riesca a ricavare del vino buono(ma non nel senso di Sangiorgi) da uve che erano (e sono?) non ottime per fare grandi vini.

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Marcovena

circa 3 anni fa - Link

Chi sa dirmi qualcosa sul Pnoi?

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Elgaldil

circa 3 anni fa - Link

...a me interessa Però il riempimento delle bottiglie mi fa un po’ “troppo” improvvisato (honestly)

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