Ho bevuto il vino dell’Ikea e non sono morto

Ho bevuto il vino dell’Ikea e non sono morto

di Redazione

Lui è Francesco Morresi e questo è il suo quarto post su Intravino. Che dite lo facciamo entrare in pianta stabile?

È domenica, piove e mi annoio. Vado da IKEA. È stupido, ma alle volte pensi che basti una scarpiera nuova per cambiare il verso ad una giornata insipida.

Mi capita più spesso di quanto non mi piaccia ammettere: compro cose per sentirmi meglio; forse serve per convincermi di non star perdendo tempo, forse. Se poi l’acquisto si può mettere nel campo semantico: “cose per la casa che di solito comprano le persone adulte e responsabili” il gioco è fatto, ecco un’autoassoluzione da quattro soldi; diciannove euro nel caso di questa scarpiera.

Insegnano che la prima cosa da tenere a mente quando si vuole scrivere una storia sia capire se ci sia qualcosa per cui valga la pena di scrivere una storia, ecco la notizia, insomma: ho trovato una bottiglia di vino nell’alimentari svedese da IKEA: faceva cagare. Mi scuso con tutti, ma una già bassa reputazione su Intravino non è facile da peggiorare e certe occasioni non vanno sprecate!

Ora, se da un lato la pessima qualità del contenuto di una bottiglia pagata meno di tre euro in una multinazionale che vende anche materassi e librerie non stupirà il pruriginoso frequentatore di questo blog, dall’altro che avrei imparato qualcosa di nuovo sul vino andando da IKEA proprio non me lo sarei aspettato.

Vintersaga, nemmeno troppe consonanti, “vino rosso da UE”. Una dicitura in etichetta recita: is a serene shelter from the winter cold.

È un vinglogg. Bevanda di cui ignoravo l’esistenza: il parente nordico del vinbrulè. Tu lo sapevi che gli scandinavi facevano il vinbrulè? Ecco, appunto.

Così mi son detto: alla fine è ancora freddo da batter i denti, la sera siam tutti a casa, ci sarà qualche curioso che vorrà assaggiare un glögg senza per forza perdersi prima tra scrivanie e mobili per il bagno.

Così ecco una bella ricetta per i più intraprendenti: è presa da “The Nordic Cookbook” di Magnus Nilsson, bellissima opera enciclopedica sulla cucina nordica edita da Phaidon, ahimè, soltanto in inglese.

L’autore racconta che il termine parrebbe derivare da Glödga (riscaldare), e che le radici del consumo di questa bevanda andrebbero imputate alla penetrazione di vecchi costumi di età romana in questa parte d’Europa. Ad ogni modo, per poter parlare di vera diffusione del prodotto occorrerà aspettare l’inizio del sedicesimo secolo.

Le dosi sono per 75cl di vino e serve almeno una settimana per la preparazione. Sia chiaro, niente di troppo complicato, ci sono spezie da lasciare in infusione e un pochetto di pazienza sarà sufficiente, promesso.

Il vino: l’autore consiglia un “not-too expensive Burgundy or another pinot noir of that style”, in buona sostanza dice di prendere un vino rosso giovane, non troppo tannico e che non sappia di legno.

Gli altri ingredienti da aggiungere al vino si possono trovare in qualsiasi supermercato e molti sono gli stessi dei vin brulè di mezza Italia:

  • un non meglio specificato, pezzo di zenzero, fate voi a gradimento
  • 1 baccello di vaniglia (incidetelo prima di metterlo in infusione)
  • 5 bacche di cardamomo
  • 20 chiodi di garofano
  • 2 stecche di cannella
  • 10 grani di pepe nero
  • 1 arancia a fette
  • 1 limone a fette
  • 100 ml di Madeira
  • un “goccio” di Cognac o di Calvados
  • 150 g di zucchero
  • miele a piacere
  • mandorle pelate (quelle bianche)

La preparazione è veramente semplice: prendi una bottiglia pulita, metti dentro tutto tranne il miele, tappi ben benino e agiti una volta ogni qualche giorno per almeno una settimana. Stop. Quando poi decidi che è il momento di gustare questa piccola gitarella a Göteborg basta che stappi la bottiglia e ne versi l’ormai amalgamatissimo contenuto, filtrandolo con un colino, in una pentola.

Accendi il fuoco, lasci scaldare adagio adagio e aggiungi, secondo il tuo gusto, il miele. Se questo glögg è venuto troppo speziato per il tuo palato da rompiscatole versa in pentola uno o due bicchieri di vino, e magari anche un po’ di zucchero in più. Riempito il bicchiere non ti resta che lasciar cadere qualche mandorla sul fondo, nel tempo della bevuta prenderanno sapore e diventeranno più morbide; saranno molto gustose.

Ecco, questo è il glögg, e qualche milione di persone lo usa per scaldarsi e fare festa. Si beve a Natale in famiglia, si beve dopo il lavoro tra colleghi; si beve quando fuori c’è la neve. Servono davvero grandi bottiglie per godersi una serata con le persone cui si tiene?

Davvero uno svedese  non ha nulla da insegnare ad un italiano sul vino? Beh, scegliete voi la risposta che preferite, io non sono qui per giudicare nessuno.

Una cosa però si. Una cosa ci tengo a dirla: vedeste che bella la mia nuova scarpiera, e chissà che non possa imparare qualcosa sulla pizza la prossima volta che vado a cercare una sedia più comoda dove poter scrivere sciocchezze come questa!

10 Commenti

avatar

vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...articolo "simpatico" , nella sua inutilità ... grazie per avermi rubato 5 minuti in relax e leggerezza ...

Rispondi
avatar

F

circa 3 anni fa - Link

Loved it!

Rispondi
avatar

Andrea VA

circa 3 anni fa - Link

Carino, scritto bene, divertente. Obietterei soltanto sulla definizione "vino" per il contenuto di quella bottiglia; credo che come il vin brulè o la sangria sia più corretto definirle bevande a base di vino, preparate col vino. Poi, sulla scelta personale di berlo o meno, "de gustibus".

Rispondi
avatar

M. Corsa

circa 3 anni fa - Link

Decisamente d'accordo con te Andrea

Rispondi
avatar

Roberto

circa 3 anni fa - Link

Ma il cavatappi va montato?

Rispondi
avatar

Angelo Cantù

circa 3 anni fa - Link

Questi "glogg" devono avere qualcosa in comune, anche come semantica, con i forse più famosi "Grog", bevande a base di Rum, acqua e spezie a piacere, inventate nel '700 dai marinai della Royal Navy (cosa non hanno inventato in materia di alcoolici: vini fortificati, varietà di birre, grog...).

Rispondi
avatar

SALVATORE AGUSTA

circa 3 anni fa - Link

Io ho dovuto comprare il tavolo della cucina da Ikea, ma col cavatappi che ci sono andato; sono venuti loro a portarmelo!

Rispondi
avatar

Giacomo

circa 3 anni fa - Link

Occhio Morresi, vatti a cercare Scavino vs Manti o Tessandri vs Gily e ringrazia che gli svedesi, anzi i svedesi, non leggono intra. Anche se poi alla fin fine tengo per te, e certi giudizi lapidari e brutali sarebbero meritati pure da certe nostre etichette...

Rispondi
avatar

Giacomo

circa 3 anni fa - Link

tessadri, ostia, non tessandri storia quella a lieto fine enpassant, ricordo qualche anno fa un brut prodotto dalle parti di Morichetti era talmente "croy" che pensai che potesse essere abbinato in vendita a coppia con una bottiglia di creme de cassis... una sorta di kir "cialapa"... mej che gnente...

Rispondi
avatar

josè pellegrini

circa 3 anni fa - Link

Immagino che oggigiorno usare il verbo c***** faccia molto figo. a me invece letto due volte , in due post ,dà fastidio. Se a voi pare corretto, liberi di usarlo, io di non leggervi. Amen!

Rispondi

Commenta

Rispondi a Roberto or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.