Hermitage Paul Jaboulet Âiné: dal cavaliere Gaspard de Stérimberg al cavallo biodinamico

Hermitage Paul Jaboulet Âiné: dal cavaliere Gaspard de Stérimberg al cavallo biodinamico

di Andrea Gori

Quando Gaspard de Stérimberg, di ritorno nel 1224 dalla crociata, ricevette in dono dalla regina di Castiglia questo sperone di granito in cui piantare la sua spada per sempre e dedicarsi alla viticoltura, di certo non avrebbe immaginato cosa sarebbe successo nei secoli successivi su questa vista spettacolare sulla Valle del Rodano. Attorno alla sua spada e alla sua leggenda di eremita fu eretta la cappella in onore di San Cristoforo e la pratica della viticoltura, comunque presente sin dai tempi dei romani, ricevette nuovo impulso. Fu grazie alla forza del suo pentimento e alle sue preghiere o fu grazie alla barbatella di uva syrah (shiraz?) portata dall’Oriente? C’è molta leggenda e molto romanzo in questa versione dei fatti ma la realtà racconta di una collina che è un mosaico geologico intrigante e meraviglioso, croce e delizia di ogni appassionato di vino che può trovare qui la riprova del credo e della scientificità del terroir più profondo.

Sono solo 130 gli ettari del vero e proprio Hermitage (anche “Ermitage” senza l’H, che sarebbe la dizione corretta francese mentre quella con l’H era quella con cui il vino è diventato famoso in Russia) e la produzione tra rosso (100 ettari) e bianco (30) è molto limitata ma capace, con il riflesso del suo mito, di dar vita a migliaia di ettari attorno tra le AOC di St Joseph e Crozes Heritage. Questi ultimi sono due esempi di gestione scriteriata delle denominazioni perché vedono mescolati insieme (pochissimi) ettari straordinari di collina e terreni e microclimi adatti alla viticoltura di qualità, ad altre coltivazioni di pianura quasi insignificanti.
La fama e la spettacolarità dei vigneti di questa collina sono responsabili in pratica del boom del vino australiano basato sul syrah (non a caso il vino bandiera di Penfolds si chiamava Grange-Hermitage), sugli emuli della Rhone Vally in California e del tanto syrah piantato anche dalle nostre parti, Toscana (Cortona in primis) e Sicilia. Nel corso dei secoli la loro ricchezza e carattere hanno consentito di animare e rendere “eremitati” milioni di ettolitri di esangue vino bordolese contribuendo in maniera silenziosa alla crescita di Bordeaux. Solo dagli anni ’60 in poi, e con la scoperta da parte della critica negli anni ’80 e ’90 da parte di Robert Parker, si assiste ad una vera ribalta internazionale della zona e delle sue potenzialità.

La custodia della cappella dell’Hermitage (forse la location del vino mondiale più instagrammata), mito fondante del Rodano settentrionale, è oggi sulle spalle del domaine negociant e produttore Paul Jaboulet Âiné, casa fondata nel 1834 da Antoine, rinominata dal figlio Paul e oggi proprietaria di 115 ettari e produttrice dell’etichetta di culto dell’Hermitage rosso, “La Chapelle”. L’azienda è passata attraverso sei generazioni di Jaboulet con vari rami laterali fino al 2006, anno in cui, dopo un lungo periodo di gestione piuttosto disastrosa, si ebbe l’acquisto da parte del gruppo finanziario champenoise Frey.

Dal 1834 al 1995 sono anni in cui escono da questa cantina vini di culto come l’Hermitage “La Chapelle” 1961, un vino che non si può che definire leggendario e tra le bottiglie più care al mondo, ma anche altri millesimi impressi nella memoria degli appassionati. Il gruppo Frey porta capitali nuovi e anche un cambio di etichette e gamma radicale con relativo scompiglio di tutti i collezionisti in parte rientrato con l’anno 2016 con cui si torna alla grafica storica, quantomeno per l’etichetta simbolo, La Chapelle.

E’ Caroline Frey che oggi guida l’azienda del Rodano in prima persona e che ha portato innovazioni e un reboot non sempre riuscito dei vini: dal 2016 tutti i vigneti sono in regime biologico e dal 2010 ci sono le uova in cemento per la vinificazione dei bianchi ora molto più moderni e freschi, magri come impone la moda, con il legno delle barrique nuovo per il 20%, una nuova cantina che lavora per gravità e altri accorgimenti per fare le cose in grande.

I prossimi passi vedono l’avvicinarsi alla biodinamica (con tanto di cavalli e preparati steineriani) e pratiche di agricoltura sostenibile ancora più rispettosi della natura. Prima della degustazione ci arrampichiamo per una visita mozzafiato in cima alla collina della cappella che oggi è appunto di proprietà di Paul Jaboulet Ainé, comprensivi di qualche filare di vite attorno. La maggior parte degli ettari che circondano la cappella sono infatti proprietà di Chapoutier, che ne ricava il bianco Ermite e una parte del rosso che confluisce nell’Hermitage “Sizeranne”.

L’aria che si respira è straordinaria e la levità, la grazia e la forza di un terroir si impregnano in ogni fibra del nostro essere appassionati di vino come poche altre volte, suscitando emozioni pari se non superiori a quelle dei pellegrinaggi in Borgogna. Si torna giù a Tain e si entra nel bellissimo wine bar Vineum, luogo di assaggio degustazione e pranzo accogliente e professionale, con anche una cucina di buon livello.

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Hermitage Blanc Chevalier de Stérimberg 2015
L’etichetta, bellissima, pare un’ode alla tradizione di opulenza e ricchezza dei vini della AOC, ma ci troviamo di fronte ad un vino fresco con note floreali e fruttate di arancio, poi zenzero, piccante di pepe bianco e muschio, con bocca asciutta e lieve, acidità un po’ scissa e traccia calorica. Non molto tipico. 85

Condrieu Le Grands Amandier 2016
Dalle vigne a Limony la porta sud della AOC. Molto classiche le note di albicocca, arancio, resina di pino e mughetto. Vino sottile, elegante e fine, piccante e pepato. Sorso intrigante, manca un poco di centro bocca, ma ha tipicità e piacevolezza. 90

Crozes Hermitage Domaine de Thalabert blanc 2017
Marsanne e roussanne, floreale e agrumato di mandarino tardivo e pepe bianco, semplice e diretto. Il sorso ideale per aperitivo e crostacei. 87

Crozes Hermitage Domaine de Thalabert 2016
Etichetta storica e molto diffusa. Suoli argillosi calcarei, da 45 ettari, vino fresco e pimpante ma pure capace di allunghi. Lampone e fragole, confettura di agrumi, pompelmo rosa, affina in barrique per il 20% nuove. Ha bocca semplice e fruttata, piacevole e profondo, leggero ma affidabile. 88

Cornas 2012 Domaine de Saint Pierre
100% syrah, note di pasta di oliva nera, verde e piccante, poi rabarbaro e more di rovo. Bocca piacevole e succosa, bel ritmo e misura, tannino elegante e ben distribuito, non brillantissimo e con corpo lieve, ma a tavola ci si diverte. 87

Hermitage la Petite Chapelle 2014
Una sorta di second vin ottenuto da una selezione di vini meno importanti di quelli che finiscono ne La Chapelle. Naso intrigante, forte e deciso di cassis e ribes nero con note ferrose e mentolate. Bocca dal bel grip tannico che danza bene sul palato con rivoli iodati e sanguigni. Finale saporito e di carattere, non banale. 91 (dal 2015 diventerà “La Maison Blu”)

Côte Rôtie Le Pierelles 2016
100% syrah. Naso di violetta e olive, croccante e saporito di mirtillo e datteri. Bocca splendida e saporita con una dinamica acida/sapida netta e travolgente. Lunghezza e tripudio di frutto sempre elegante. 93

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Hermitage la Chapelle 2006
Dai vigneti di Méal, les Bessards, les Rocoules e altri sulla collina che combinano insieme diversi suoli. Note affumicate emergono in un bouquet fruttato, fine, delicato e appena selvatico, poi zenzero, tapenade, olive in salamoia, ferro e iodio, ginepro balsamico e sottobosco. Bocca piacevole con rimandi speziati e frutta scura fine, con tannino delicato e avvolgente di stato evolutivo comunque piuttosto avanzanto. Manca nerbo ma la bevuta è comunque affascinante. 93

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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