Frutta, erbe e ginepro in 12 distillati da perdere la testa

Frutta, erbe e ginepro in 12 distillati da perdere la testa

di Thomas Pennazzi

Quando hai amici lontani può capitare che non ci si veda per un po’, ma un bel giorno tornano a trovarti. Ed invece di portare, come usanza vuole, un dolcetto oppure una bottiglia da assaggiare insieme, stavolta il tavolo all’ingresso di casa ti viene improvvisamente sommerso da cartoni, sacchetti, e astucci delle più diverse acquaviti. Quando l’amico si chiama Claudio Riva, succede. E potrebbe essere pericoloso farsi trascinare dove ha in mente.

Il giardino ci accoglie nella calda luce di una domenica settembrina facendo da quinta ad una degustazione di distillati di frutta, del tutto inattesa; praticamente un ripasso d’ogni ben di dio estivo in dodici bottiglie, che il nostro divulgatore, nonché instancabile girovago per alambicchi, ha raccolto durante la bella stagione peregrinando tra l’Alsazia, il Sudtirolo, ed il Grigioni Italiano.

Le acquaviti di frutta sono un mondo alcolico sconosciuto ai palati italiani, per non essere storicamente mai state prodotte se non nelle province già austro-ungariche. È facile da avvicinare per chi è poco avvezzo alle complessità dei distillati scuri, e si professa innamorato del gin, come vuole la moda di oggi; ed è un mondo che merita di essere approfondito pure da chi al solo pensiero inarca il sopracciglio con sufficienza. L’immediatezza, la sincerità, e la gioia che sprigionano le acquaviti di frutta di buona qualità le rendono delle bevute eminentemente estive, e tutt’altro che scontate.

Ma non fategli l’affronto del freddo, come talvolta viene suggerito: serve solo a mascherarne i difetti o la pochezza del contenuto. Un buon distillato di frutta non vi offenderà mai il palato, per quanto possa avere ben più di 40°, e nemmeno vi ubriacherà: ne sarete soddisfatti prima.

Inutile poi sottolineare la vocazione alla miscelazione di questi prodotti: gli artisti del bancone potranno trarre infinite sfumature ed esaltare le loro creazioni con un bicchierino di alcool che può prendere tutte le tinte dell’arcobaleno dopo un temporale estivo.

Dai delicati aromi dei distillati d’erbe alpine, passando per la potenza dei frutti a nocciolo, fino ai colori estremi già dentro l’autunno del ginepro e della castagna, sarà un cantare in crescendo, con qualche nota calante, più di un fortissimo, ed un colpo di grancassa finale. Andiamo.

Ausserloretzhof, Laas (Val Venosta) – Vinschger Marille, 39,4°
La rinomata distilleria contadina della famiglia Tappeiner, nel borgo dell’alta Venosta famoso per le albicocche e per il pregiatissimo marmo, produce un’ampia gamma di acquaviti tra classiche ed insolite. La loro Marille, albicocca in tirolese, riflette lo stile asciutto della Casa: profumo suggestivo del frutto, con leggera nota di ossidazione, e gusto secco, soddisfacente, seppure un po’ magro.

Casa Vinicola e Distilleria Misani, Brusio (Val Poschiavo) – Da Erbi, 42°
Antica Casa vinicola con distilleria attiva dal 1888, sita nella svizzera Val Poschiavo, una laterale della Valtellina da cui deriva lingua e tradizioni lombarde. Vi è perciò permessa la fabbricazione della grappa. L’assaggio è un distillato di erbe alpine macerate (chrütter in lingua svizzera), dai profumi verdi; difficile riconoscere una singola nota tra la complessa miscela aromatica; al palato è gradevolmente erbaceo e crea subito simpatia. Finale poco persistente. Nell’uso popolare si adoperava come medicina casalinga tuttofare, al tempo in cui medici e farmacie erano rari e lontani.

Weingut & Hofbrennerei Unterortl – Castel Juval, Kastelbell (Val Venosta) – Palabirnenbrand, 40°
Il maso Unterortl, arroccato sullo sperone roccioso di Castel Juval a guardia dell’imbocco della Val Senales è un gioiellino di viticoltura di montagna. La distilleria contadina condotta con maestria da Martin Aurich produce piccoli capolavori da frutti del maso e della vallata sottostante. La pera Pala, antica varietà locale pressoché non conservabile perché assai acquosa, sottoposta alle cure dell’alambicco rende profumi delicati e di una certa intensità, che non ci si aspetterebbe assaggiandola da fresca. Al palato si avverte l’alcool armonizzato dalla dolcezza del frutto: il risultato è gustoso seppure non profondo; ma è caratteristico dei frutti dagli aromi evanescenti, per esempio la mela. In questo tipo di distillati il naso vince sempre sulla bocca.

Casa Vinicola e Distilleria Misani, Brusio (Val Poschiavo) – Da Saresa, 42°
Ritorniamo alla distilleria precedente, con un Kirsch fait sü (prodotto) in Val Poschiavo da ciliegie locali. La sfida qui è tutta interna ai cantoni svizzeri, con l’Argovia e soprattutto Basilea Campagna, tradizionali grandi distillatori di Chriesiwässerli ossia Kirschwasser: insomma acquavite di ciliegie. Ci vuole fegato a cimentarsi con loro: la spunterà, il grigionese? Assaggiamo. Il naso ci offre la tipica nota di benzaldeide, prevalente sulla ciliegia. Il palato è onesto ed evoca giugno con i suoi frutti golosi. Ma solo per pochi istanti, quando si vorrebbe sognare un po’ di più. Si può fare meglio, ne sono sicuro. Magari un po’ più di riposo prima dell’imbottigliamento?

Distillerie Metté, Ribeauvillé (Alsazia) – Framboise Sauvage (réserve particuliére), 45°
In un salto ci lasciamo alle spalle tutte le Alpi per proiettarci in una delle terre più affascinanti d’Europa, l’Alsazia. Non a caso Francia e Germania se la sono disputata più volte nel corso dei secoli. Ora è una regione a cultura mista come il Sud Tirolo, ma l’anima sveva spira da ogni pietra che calpestate. Per esempio la trovate nei distillati di frutta, una tradizione vivissima anche appena al di là del Reno, con le decine di migliaia di distillerie della Foresta Nera. Metté è uno dei bei nomi dell’arte alsaziana, con un catalogo di ben 87 acquaviti diverse. Tra queste, il Lampone Selvatico evoca perfettamente il frutto col suo naso ricco e fine; all’assaggio è luminoso e pieno, senza dubbio un grande, maturo Himbeergeist.

Distillerie Miclo, Lapoutroie (Alsazia) – Framboise Sauvage Cœur de Chauffe, 45°
Una svolta di una ventina di chilometri ad ovest ci porta nei Vosgi: la distilleria artigianale Miclo, coeva della precedente, fabbrica una trentina di acquaviti, della vodka e perfino del whisky. Il loro Cœur de Chauffe è la linea di più alto pregio: solo il cuore della distillazione, ottenuto sacrificando il grosso della cotta. Il naso lo annuncia subito coi suoi profumi scuri e profondi: sarà un distillato possente. Il palato si unge di un lampone grasso e dolce, di notevole intensità e persistenza. Siamo davanti ad una vera quintessenza, a scapito dell’immediatezza del frutto. E che sa farci sognare ad occhi aperti.

Distillerie Metté, Ribeauvillé (Alsazia) – Eau-de-vie de Quetsch (hors d’âge), 45° [Bott. 36 di 44]
Torniamo da Metté, e lasciamo le note brillanti ed i vocalizzi di coloratura dei lamponi: che canti un tenore, ora. La Quetsch, parola dialettale regionale, indica un tipo di prugna comune in tutta la Germania, dove si chiama Zwetschge. Assomiglia alle nostre, ma il gusto è molto più fine. Dalle torte alle confetture fino ai distillati, si rivela eccellente in ogni preparazione. Ed in Alsazia è amatissima, specialmente se passata all’alambicco. In questa rara versione hors d’âge, il distillato è maturato ben 25 anni in damigiana. E rivela profumi pirotecnici, dalla ricchezza inesauribile. Oleoso in bocca, seppure non lungo, appaga per profondità di gusto. Una prugna trasfigurata che merita di coccolarvi, centellinandola per lo spazio di una sera. Grandiosa.

Distillerie Metté, Ribeauvillé (Alsazia) – Prunelle Sauvage, 45°
Ancora una prova per questa distilleria. Scendiamo di nuovo di tono: con la Prunelle Sauvage siamo nel registro grave degli aromi, sta cantando la voce di basso dei distillati di frutta. Il prugnolo selvatico da Metté viene distillato una volta sola dopo macerazione in alcool. Qui tutto è marzapane; il naso è inondato da grassezza e dolcezza, c’è potenza prorompente dal bicchiere. L’assaggio intenso potrà non piacere ad alcuni: il bel frutto scuro è ricco senza eccessi oleosi, dall’aromaticità volatile evocativa della mandorla e dell’aspra prugnetta: seppur immangiabile al naturale, è generosa nel bicchiere.

Weingut & Hofbrennerei Unterortl – Castel Juval, Kastelbell (Val Venosta) – Kornellkirsche, 40°
Il maso Unterortl è punteggiato di alberi di corniolo, ed i suoi frutti di un rosso vivo sono un piccolo vanto degli Aurich. Se ne ricava una curiosa composta, e naturalmente un distillato. Invero il più strano che possa capitarvi, perché, vallo a sapere, inizia con l’esprimere al naso una nota sulfurea e discretamente persistente di tartufo, che nessun altro frutto in Terra vi offrirà. Dopo un po’ di attesa ce ne liberiamo, per far emergere il suo vispo carattere fruttato, intenso: promette qualcosa di polputo, tra note dolci e di salamoia. Curiosissima, questa corniola. Al palato ricorda vagamente la visciola, e restituisce inoltre note legnose, con brio alcolico. Un distillato fuori dal coro, originale. Volete osare? Abbinateci due tagliolini e una grattata di trifola.

Distillerie Nusbaumer, Steige (Alsazia) – Très Vieille Mirabelle, 45°
Bisogna infilarsi tra i Vosgi per trovare questa distilleria di campagna, assai tradizionale e dalla tipica architettura alsaziana. Non a caso il villaggio si chiama Steige, salita. La mirabella, figlia del mirabolano, è una susina gialla particolarmente dolce e appetita; nella sua versione distillata ed invecchiata da questo artigiano si esprime meravigliosamente, anche grazie all’inizio di maturazione in cisterne semiaperte. Il naso è profondo, grasso, leggermente ossidato, e lascia il frutto in secondo piano; l’ingresso in  bocca rivela una straordinaria complessità per un’acquavite, dove tornano a ondate frutto, grassezza, ed ossidazione in un abbraccio inestricabile, notevolmente appagante. Il complesso blend viene assemblato con una serie di acquaviti fino a venticinque anni di maturazione. È il colpo di grancassa al vertice di questa formidabile degustazione. L’estate è finita.

Weingut & Hofbrennerei Unterortl – Castel Juval, Kastelbell (Val Venosta) – Castanea, 40°
Il distillato di castagna è un pezzo di bravura per il distillatore. Chiunque è dell’arte si mette le mani nei capelli al solo pensiero di questa difficile lavorazione. Perché la castagna prima di produrre un macerato fermentabile, deve essere sottoposta all’idrolisi dei suoi amidi, proprio come il whisky. Il risultato è una poltiglia densa che può incollarsi alle pareti dell’alambicco e bruciare come un purè di patate: un incubo. Se ne ricava un distillato dagli aromi labili, che migliora affinando in botte qualche tempo. Al naso ci regala tocchi vanigliati seguiti da un’idea di castagna lessa. La botte si impone sul frutto, e regala un senso di armonia. In bocca inizia rotondo ed equilibrato, poi l’alcool si fa protagonista. Difficile cogliervi l’idea di castagna, perché il frutto amidaceo ha pochi aromi da offrire al palato. Pensate alle braci, ad una padella di golose castagne e scaldatevi il cuore.

Ausserloretzhof, Laas (Val Venosta) – Wacholderbrand, 39,4°
Con questa distilleria venostana abbiamo cominciato la degustazione, e con la stessa chiudiamo, è fine stagione, gente. Vien l’autunno sospirando, sai tu dirmi che ti porta? Qualche bacca porporina, dice il poeta. Il ginepro si raccoglie ad ottobre, carico di aromi di tutta un’estate al sole. La distilleria tratta questa bacca come se fosse un frutto, per ottenere un distillato in purezza, di una nota sola. Niente a che vedere con gin e “botaniche” tanto di moda. Al naso si offre erbaceo, con cenni di conifera verde, e perfino di antitarmico, seppure molto gradevole. In bocca è simile: valorizza tutti gli aromi propri del ginepro, con leggerezza assai piacevole. Una sorpresa.

 

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto fatica a ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito (il cognac), e per qualche anno ne ha scritto in rete sotto pseudonimo.

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