Formaggio in Villa 2018, tre abbinamenti estivi per carpaccio, hamburger e tartare

Formaggio in Villa 2018, tre abbinamenti estivi per carpaccio, hamburger e tartare

di Andrea Gori

Cinque giorni di assaggi, degustazioni e un’affluenza sempre rilevante per un evento destinato ad un pubblico molto eterogeneo, quello di Formaggio in Villa 2018, ottava edizione della manifestazione ideata da Alberto Marcomini. Un’edizione sontuosa per numero di caseifici partecipanti e per la bellissima Villa Farsetti che ha ospitato la manifestazione, e con il vino sempre più protagonista. In una tensostruttura nel prato davanti la Villa, un palco per i cooking show e i laboratori, ci ha visti abbinare ai piatti del macellaio e tv chef Fabrizio Nonis (“El Beker”) alcuni prodotti dallo scaffale Despar Nord Est, che sul vino ha dimostrato di voler puntare in maniera decisa. Con piatti molto sfaccettati e con alternanza di note piccanti e dolci, la sfida era di quelle impegnative ma stimolanti.

franciacorta

Il primo piatto era il Macaron di Tartare dove Fabrizio Nonis ha usato un battuto di girello condito con sale maldon, capperi. e un filo d’olio. Il tutto inserito in un “macaron” di pane soffice appositamente realizzato dal fornaio Ezio Marinato (panettiere vicentino fornitore di Perbellini e per i Quadri a Venezia della famiglia Alajmo) insieme alla burrata “fuori zona” della Latteria di Aviano, che dopo alcuni incontri pugliesi ha deciso di proporre la loro versione della famosa specialità caseica. In abbinamento abbiamo scelto il Franciacorta Blanc de Blancs di Mario Gatta (la nostra bottiglia aveva sboccatura febbraio 2018). Il vino ha una bella dinamica, bollicina fine dopo più di 24 mesi di affinamento, e un’apertura aromatica molto intrigante da agrumi e note floreali, glicine, robinia e tiglio e belle note di nocciola e pane tostato. Bocca sapida e tesa con un dosaggio brut che lo rende sapido ma non tagliente, e con un finale di buona lunghezza. Pulisce il palato dalla cremosità della burrata e della carne, aiutando ad animare il morso del macaron che ha una consistenza decisa. Bello il duetto con l’aroma delicato della carne su cui le note citrine si sposano perfettamente, soprattutto funziona l’alternanza dolce-sapido che gioca una partita a scacchi con la stessa alternanza del piatto.

carpaccio

Secondo abbinamento, e altro tipo di impegno perché qui il nemico si chiama rucola, l’onnipresente ingrediente anni ’90 che ormai è diventato un elemento fisso, appunto, di carpacci e insalate ma grande avversario del vino per le sue note piccanti e amare che imbrigliano le scelte. Dopo aver ri-ascoltato la bellissima storia della nascita del carpaccio da Cipriani e Venezia, con le nobildonne in cerca di uno spuntino serale, Fabrizio ci ha presentato la sua versione semplice ma efficace con un velo di carne avvolta su rucola e il Collina Veneta Stravecchio del Caseificio San Rocco proposto in versione cruda e cotta. Il formaggio è una sorta di Grana/Parmigiano ma con una vena dolce più pronunciata, e una discreta elasticità. Scegliamo dallo scaffale la Schiava Grigia Grauvernatsch Alto Adige di Wilhelm Walch “Plattsteig” 2017 , una cantina storica (dal 1869) nata in un chiostro gesuita, poi cresciuta fino a diventare una delle realtà altoatesine più importanti con oltre 100 conferitori in quel di Termeno. La schiava si comporta da par suo, con un naso invitante e seducente di rose, lamponi, ribes rosso e fragole, e una vena di mandorla che prosegue anche al palato dove il tannino è lievissimo e l’acidità piuttosto sostenuta, ad incarnare un vino perfetto per i nostri tempi e per la stagione più calda. Con il carpaccio è perfetta per aromaticità, corpo lieve e sopratutto per non offrire alla rucola nessun appiglio all’amarezza e al piccante. Anzi, il vino riesce ad esaltare i pochi ma efficaci ingredienti del carpaccio in entrambe le versioni: determinante il formaggio con una bella sapidità a duettare con la dolcezza della schiava.

refosco

Gran finale con l’Hamburger-Bekér gourmet di Fabrizio Nonis con pane fatto ad hoc da Ezio Marinato con semi e aromi, sofficissimo, Pecorino Dolce dei Colli Bolognesi del caseificio Valsamoggia nella sua versione febbraio-maggio ovvero la più dolce e delicata, maionese con fiori di zafferano da Marrakech (città di residenza di Nonis), carne di pezzata rossa friulana e cavolo cappuccio saltato in olio e aceto. Compito in apparenza semplice ma vogliamo restare nel nord est italico, e peschiamo una varietà che proprio tra Veneto e Friuli ha trovato una grande numero di espressioni convincenti come il Refosco. Un vino complesso e complicato da vinificare, se si vogliono evitare difetti e sentori verdi e quel carattere rustico che troppo spesso viene fatto passare per “tipicità”. Invece su terreni magri, poveri e poco concimanti, più argilloso-arenari che marnosi e senza stress climatici da troppo caldo, vinificandolo senza soffocarlo troppo in acciaio, si ottengono risultati ottimi anche se siamo certamente lontani dall’aver trovato una quadra condivisa.

Per chi volesse approfondire, ecco un video.

Nel nostro caso, sempre sotto i 10 euro da scaffale, peschiamo il Refosco dal Peduncolo Rosso di Tenimenti Civa 2017 Friuli Colli Orientali DOC Biele Zôe 85-15, una gamma che indica la presenza di un 85% della varietà principale e un 15% di altre uve rosse da altri vigneti del vulcanico Valerio Civa. In effetti questo Refosco è suadente, speziato, ricco di rimandi a marasca, ciliegie, duroni, amarene e more selvatiche con tocchi speziati di chiodo di garofano e noce moscata, senza asperità e note verdi rilevanti. Gioca una partita molto interessante sulla carne marezzata al punto giusto, e con un grasso saporito e bisognoso di bella acidità, il tutto senza cozzare con il cavolo cappuccio e trovando nello zafferano una buona sponda, sottolineata anche dai semi di sesamo che costellano il “bun” di Ezio Marinato. Bevuta e mangiata di soddisfazione vera, molto meno cerebrale di quanto appaia descrivendola, a chiudere una giornata intensa ma capace di regalare momenti di vera goduria.

Disclaimer: Intravino è stato sponsorizzato per tenere questo laboratorio dal gruppo Despar Nord Est.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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