Encry, breve storia dello Champagne “italiano”

Encry, breve storia dello Champagne “italiano”

di Clizia Zuin

Questa è la storia di Enrico Baldin e di Nadia Nicoli, insieme nella vita e nel lavoro e vi assicuro che la loro biografia personale merita un articolo.

Incontro i 2 eroi, e non esagero, a gennaio 2016 durante la prima presentazione italiana dei loro Champagne Encry-Veuve Blanche Estelle.

All’interno di una manifestazione di vini italiani, la presenza di Champagne sollecita sempre molta curiosità anche se sono le 9 del mattino, dunque il loro banco d’assaggio era pullulante di curiosi/ossequiosi in attesa di un ulteriore ed ulteriore assaggio. Lo provo, non sono convinta e non lo è neanche il mio coinquilino non ancora Ambassadeur du Champagne, ma che comunque se ne intendeva già parecchio. Le nostre smorfie e la totale mancanza di ossequi, non passano inosservate agli occhi di Enrico.

Passa un anno. Stesso posto, stessa ora, stesso evento, stesso banco d’assaggio. Io, avvocato delle cause perse, decido di riprovarci e di riassaggiare i loro Champagne partendo dal Brut Blanc de Blancs a Le Mesnil-sur-Oger (come diavolo è possibile fare uno Champagne poco buono in un posto così benedetto? Lo devo riprovare).

Incredibile, Mi piace!

E il coinquilino (che nel frattempo studiava per diventare Ambassadeur riuscendoci pochi mesi più tardi) ridendo con aria di scherno mi dice: “per forza ti piace! È così buono perché è lo stesso dell’anno scorso, ma con un anno in più di bottiglia!”. Enrico sorride e dice: “Bravo! Sei l’unico che se n’è accorto, mi ricordo di voi e delle vostre facce dell’anno scorso!”.

Touché.

Da quel giorno con Enrico, Nadia e le loro 4 diverse etichette di Champagne (Brut, Millésime, Dosage Zero, Rosé) è nato uno straordinario rapporto d’amicizia e di lavoro costruito tra una vicissitudine e l’altra che ora vi racconterò.

Enrico non è nato viticoltore, ma nella sua vita precedente era proprietario insieme al fratello di una ditta che si occupava di idrosemina, ripristino ambientale e ingegneria naturalistica. Per chi percorre l’autostrada A1 o il tratto dell’alta velocità tra Firenze e Bologna, avrà ben presente i muri erbosi che costeggiano queste vie di transito. Ebbene, sono opera sua.

A inizio anni duemila è chiamato a Le Mesnil-sur-Oger per un lavoro di inerbimento di una piccola vigna di 5 ettari, un lavoruccio per Enrico, ma il committente era particolarmente insistente.

Il proprietario della vigna è un piccolo vigneron che vende le sue uve alle grandi maison. Le poche bottiglie che il vigneron produce per sé stesso sono straordinarie, Enrico se ne innamora e, forte del suo incontenibile entusiasmo e voglia di fare, decide di investire in questo nuovo progetto e Nadia, che allora si occupava di cosmetici per le grandi case di moda francesi, annusa l’affare.

Nascono le prime bottiglie e i primi cosmetici con la scritta “Champagne” in etichetta.

Il CIVC, Comité Champagne, comitato molto serio con sedi nei maggiori stati importatori di Champagne che si occupa di tutelare e riconoscere la denominazione Champagne, si accorge dell’attività illecita e intima ai coniugi di non vendere il loro Champagne perché non iscritto al comitato e proibisce anche la produzione dei cosmetici perché la percentuale di Champagne tra gli ingredienti non è sufficiente a far comparire la scritta Champagne in etichetta. Non è riuscito Yves Saint Laurent a vincere la causa per proseguire la sua produzione di profumo chiamato Champagne, figuriamoci se ci potrebbero riuscire gli italiani!

Gli avvocati del CIVC sono noti per essere particolarmente bravi e zelanti.

Enrico pensa: che sarà mai? Ho aperto un’azienda in Italia, posso farlo anche in Francia, tanto siamo all’interno della Comunità Europea, no?

No, proprio per niente.

La Champagne è la casta dei notai del vino. Se non sei francese o cittadino della Champagne da generazioni non avrai mai accesso all’empireo delle bollicine.

Può sembrare l’ennesimo atto sciovinista di un Paese che vuole sfuggire alle dinamiche di un mondo sempre più globalizzato, in realtà è una forma di autoconservazione e valorizzazione di uno dei brand più esclusivi al mondo che lotta strenuamente per evitare quello che negli ultimi 30 anni è successo a Bordeaux.

Enrico non era ancora consapevole di tutto questo 20 anni fa.

Avete presente Asterix e Obelix che chiedono il lasciapassare A38? Ora capovolgete la situazione: l’italiano Enrico Baldin che deve vedersela con la burocrazia francese.

CIVC: Monsieur Baldin, non puoi aprire l’azienda

Enrico: Come faccio ad aprire un’azienda di Champagne?

CIVC: Devi essere Récoltant Manipulant!

Enrico: Come faccio ad essere Récoltant Manipulant?

CIVC: Devi avere un’azienda di Champagne!

Questo è uno dei tanti paradossi che Enrico e Nadia hanno dovuto affrontare all’inizio. Non è che la burocrazia francese sia cattiva, è solo che in Champagne il rispetto per le regole e le tradizioni hanno ancora un peso e lo straniero è ancora visto come uno “stravolgitore inutile” di queste tradizioni che in Champagne, ma anche secondo me, risultano essere tutt’oggi le regole più funzionali per la produzione di uve e vini di alta qualità.

Ma Enrico ha l’asso nella manica.

L’enologo-socio tuttofare, propone di istituire una società in cui lui avrà il ruolo di garante nei confronti del CIVC. Ovviamente il percorso non è facile, il CIVC si appella alla fondatezza della Maison (per fondatezza si intende la profondità storica aziendale) e per fortuna si trova in un marchio depositato dalla nonna nel 1917, appunto, il marchio Blanche Estelle.

Sembra la svolta.

CIVC: Monsieur Baldin, c’è un problema: un marchio francese non può essere venduto in Italia per poi essere ricomprato in Francia! Dovete essere francese, Monsieur Baldin! O avere un parente francese!

Nadia: Mia zia è francese! Può bastare?

CIVC: Bien sure! Ma perché non l’avete detto prima?

E fu così che la mitica Nadia Nicoli si è ritrovata proprietaria di una Maison di Champagne!

Proprio come Asterix e Obelix che confondono i burocrati romani con il loro stesso gioco degli sportelli e dei moduli, anche Nadia ed Enrico, con la loro comprovata discendenza francese e un tocco di intuito, fortuna e tanta pazienza, riescono ad ottenere fondatezza e il riconoscimento per poter proseguire con la loro produzione di Champagne.

Altri divertenti aneddoti con il CIVC hanno avuto luogo negli anni successivi, l’importante è che i nostri eroi italiani siano sempre riusciti a trovare la soluzione ad ogni intoppo.

CIVC: siccome ci sono stati dei passaggi di proprietà da nonna a nipote, come da tradizione, la Maison si chiamerà “VEUVE Blanche Estelle”!

Enrico: Fuck! Ma io non sono ancora morto! (Enrico è padovano, immagino gli improperi e i gesti apotropaici per scongiurare le sciagure invocate dal CIVC).

Oggi Encry è una Maison solida in via di ulteriore consolidamento con il progetto di una cantina con accoglienza, sala degustazione che mi auguro possa essere pronta e usufruibile a breve. I vicini di vigna hanno accolto la Maison Encry Veuve Blanche Estelle con fair play e in alcuni casi con amicizia.

Enrico e Nadia hanno fatto il miracolo. Sono produttori stranieri, ma soprattutto italiani, di Champagne in Champagne. Non fate come me quando li assaggerete per la prima volta, meditate su quel sorso volutamente freschissimo e tagliente e pensate che dietro ad ogni goccia di quello Champagne ci sono la volontà e la vita di 2 italiani che si stanno facendo strada all’interno del settore più sciovinista del mondo e che, gusti o non gusti, Nadia ed Enrico sono pionieri del Made in Italy nel cuore della nostra “cugina” Francia.

Encry Veuve Blanche Estelle, Grand Rosé Brut Grand Cru
Il colore rosé è dato da un 5% di uve di pinot noir provenienti da Bouzy Gran Cru.
Se c’è uno Champagne della linea Encry che più rappresenta Nadia, è proprio questo. Sarà la femminilità prorompente e l’intraprendenza efficace che la caratterizzano, ma questo Rosé sembra proprio la sua reincarnazione enoica. Dal colore rosa tea ai profumi che ricordano la ricchezza della pasta del rossetto, della cipria, passando per i fiori montani, tutto profuma di donna.

Il sorso scombina le carte in tavola grazie alla vena tagliente corredata dalla pungenza fruttata e acidula allo stesso tempo di un lampone alcolico e delicatamente effervescente. Se pensavate che avrei concluso dicendo che questo è un vino femminile, vi sbagliate. Questo è uno Champagne Rosé per chi ama le sfide perché sa già di poterle vincere. 91

Encry Veuve Blanche Estelle, Brut Grand Cru
Uno Champagne che ha lo straordinario potere di mettere d’accordo tutti: con quello spessore che piace ai winelovers e con la piacevolezza e quegli aromi agrumati che possono incontrare i gusti di chi si avvicina al genere per la prima volta. Oltre agli agrumi, sono le note salmastre e di biscotti al burro che caratterizzano questo Champagne. Sorso talmente elegante che merita la dovuta attenzione. 90

Encry Veuve Blanche Estelle, Dosage Zero
Per molti è questo lo champagne più rappresentativo della Maison, uno Champagne privo di orpelli, nudo e buonissimo. La perfetta maturità di frutto si percepisce attraverso le note di bergamotto e susine, ma compaiono anche una nota di bouquet floreale molto netta e pulita, pietra bagnata e panificazione leggera. In bocca è un vivace raggio laser: teso, ricco e sapido. Non è uno Champagne per l’aperitivo, ma da tutto pasto, che permette di osare anche con lavorazioni complesse e carni bianche. 92

Encry Veuve Blanche Estelle, Millésime 2012
A questa etichetta appartiene la bollicine più fine e cremosa. La liqueur d’expédition aggiunge maggiore complessità ad un millesimo che parte già con le migliori premesse. Alle note agrumate si aggiungono quelle di timo e pasticceria, di ciliegie selvatiche, carambola e lemon curd.

In bocca è talmente piacevole e ben fatto che è facile finire la bottiglia prima del previsto: le bollicine si sciolgono al contatto col palato e la piacevole freschezza unita ai numerosi aromi agrumati allungano il sorso e aumentano il desiderio di volerne di più. Uno Champagne da provare, oggi, con questo millesimo, anche se non è l’ultimo, in termini cronologici, prodotto. 94

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Clizia Zuin

Veneta di origine, toscana di adozione, cittadina del mondo nel cuore. Dopo la laurea in Lingue Orientali, scopre la complessità del mondo del vino e dopo tanti anni ancora non si annoia. Ha lo straordinario superpotere di trovarsi sempre nei paraggi mentre si sta stappando una bottiglia monumentale. Formazione mista AIS e WSET, con la convinzione che presto conquisterà il mondo; in attesa di diventare il Dottor Male, lavora come sommelier a Firenze.

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