Dove mangiare a Parigi quando ti prende la voglia di Parigi (Inaki Aizpitarte inside)

Dove mangiare a Parigi quando ti prende la voglia di Parigi (Inaki Aizpitarte inside)

di Angela Mion

L’ultima fuga a Parigi la devo raccontare, troppo forte è la devozione che ho per questa capitale.

Non avevo organizzato tutto nei minimi dettagli, non ne avevo avuto il tempo. Ma che tempo, quali dettagli, mi chiedo, se hai deciso di partire ieri? Un biglietto aereo low cost con orari assurdi, una prenotazione nel solito albergo in Rue de Charonne, fuori dal giro del turismo nevrastenico, un bagaglio a mano semivuoto chiuso un’ora prima dell’imbarco: 5 a.m. E una volta si partiva leggeri perché si poteva tornare col formaggio, che quando decollavi dalle cappelliere usciva quell’odorino di capra – crosta non proprio fiorita che tutti facevano finta di niente: – non è il mio! – il mio?! Macché. Nascondevi anche una baguette nella borsetta, smettila.

Ogni tanto mi assale quella irrefrenabile voglia della Ville Lumière, quel prurito che è inutile tenersi addosso perché Parigi quando entra nelle tue corde è una malattia. Un’orticaria, una venere tentatrice, dove si può scegliere di cosa morire felici. Vuoi morire d’arte? Taac. Vuoi morire in un campo di fiori ai giardini di Lussemburgo? Taac. Vuoi morire nel girone dei golosi? Taac. Vuoi Morire bevendo? Taac. Ok sono giovane e gradirei tornarci ancora un paio di volte prima della dipartita però le mie fughe raccontano di tentati suicidi enogastronomici meravigliosi intrisi di quella poesia che solo lì riesco a trovare. I musei sono sempre belli come le scalinate che guardano a Montmartre, entrambe consentono di smaltire molte calorie e di guadagnarsi qualche bonus per l’ora di cena. Se proprio proprio i sensi di colpa dovessero essere ingestibili la Tour Eiffel a piedi vale il jolly.

Ed è proprio dei miei tentati suicidi che voglio raccontare in un personale vademecum dal quale trarre ispirazione se avete deciso di farla finita a Parigi.

I locali che cito sono alcuni noti, altri meno, tutti collaudati e ricollaudati, piuttosto francesi, tutti un po’ spostati verso una tendenza enoica poco barocca (se dico vino naturale mi arriva una sassata).

L’ordine è casuale perché la top ten mi mette agitazione, sono meteoropatica e non li ho contati prima di scrivere.

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Le Chateaubriand – chef Inaki Aizpitarte.
Parto da lui, l’unico stellato Michelin, così ci leviamo il pensiero delle stelle. Espressione della materia prima, purezza, immediatezza, freschezza. Il menù è fisso, non immaginatevi sontuose degustazioni da sposalizio o lucide nappature. I piselli potrebbero avere anche il baccello i fiori e le radici. La tovaglia non c’è, il locale è rumoroso e i tavoli piccoli e stretti. Lasciate che facciano tutto loro, anche coi vini, che poi non saranno solo vini ma sakè, distillati, birre acide. Tendenza naturale biodinamica a tuttotondo e non svergognata. Segnatevi in un foglietto la mètro per il ritorno. Nota dolente non è il prezzo ma la lunga lista d’attesa. Ma non stressatevi vi prego, siete in vacanza, potete aspettare l’ultimo girone dei golosi e sedervi al bancone verso le 22, magari capiterà di perdersi in discorsi molto seri, che l’indomani non ricorderete, con qualche produttore di vino e poi di trovare anche la mètro chiusa…

PS: penso che Inaki l’uovo di Colombo l’abbia trovato. Dalla mia prima visita del 2012 a quella recente di strada ne ha fatto, giusto per consolare le malelingue che non gli han dato una lira qualche anno fa.

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Avant-Comptoir de la Mer / Avant-Comptoir du Marché. 
La mente è una, Yves Camdeborde (chef de Le Comptoire), i locali due, ingiustamente capitolati come tapas bar (mi trema la palpebra). Geniali, piccoli, meravigliosi. Fatevi il segno della croce prima di entrare con le buone intenzioni, sarà difficile fermarsi ad un pallido aperitivo, niente stress neanche qua, ricordatevi che siete in vacanza. La selezione dei vini in entrambe i locali è francofona vasta e non estrema, fidatevi dei vini del giorno, non avrete strane sorprese sulfuree.

– Avant-Comptoir de la Mer – Carrefour de l’Odèon – è la perdizione di chi ama le ostriche. Ci sono quelle del giorno alla lavagna, produttori bretoni, normanni ma potresti trovare anche quelle del Delta del Po’. Il loro servizio ti spiazza, mani in alto o sparo: nel centro del piatto tra le ostriche che hai scelto trovi delle salsiccette calde. Già, non prendere paura, va tutto bene, benissimo mai andata meglio. Al bancone il burro ti chiama, in una cupola che non sarebbe fine definire tetta ma non c’è modo migliore per descriverla.

– Avant-Comptoir du Marché – un angolo del mercato di Saint-Germain-des-Prés – il fratello di terra, passa dalle ostriche al maiale che ne è protagonista. Già.. La tetta di burro salato c’è anche qua, ci sono pure i formaggi ed altro ben di Dio. Il pane è croccante pure se piove, vai a capirlo, perché con la messa in piega non funziona. Vado a confessarmi.

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Le Verre Volè, una cave a mànger nel 10° arrondissment.
Se non sei di quelli che bevono vini naturali salta il punto a piedi pari, qui puoi trovare tutte le nuove tendenze dei vignèrons. Locale piccolo vino alle pareti, servizio giovane, aria bohèmien. La cucina è minuscola, piatti della tradizione francese: dalla terrina alla salsiccia col purè, divina, formaggi, salumi..

Se ci vai dimenticati delle convenzioni, abbandonati al rischio di una bevuta estrema o di qualche macerazione carbonica che non ti aspettavi. Non è per menti deboli. Se non te la senti il quartiere è bello, affaccia sul Canal Saint-Martin le cui rive sono molto popolate d’estate da suonatori di chitarra, studenti ed amanti. Non dimenticarti di prenotare e ricordati che sei in vacanza e che stasera non serve il tacco a spillo.

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Le Baratin – Belleville.
Sicuramente non vi è nuovo, lo so, però non posso non metterlo, sarebbe come levare dieci Ave Maria dal rosario. Il minuscolo ristorante è molto famoso e accanto al tuo tavolo prenotato con largo anticipo potresti avere seduto qualche attore famoso in salopette o qualche giornalista incazzato. Ricapitoliamo: marito francese dietro al bancone scorbutico e lunatico, moglie argentina in cucina – chef Raquel Carena. Il vino segue forte la cucina, né scontato né banale, filone naturale ma aggiungo pragmatico così non allarmo nessuno. Ci mangi animelle, cervella, trippa, piccione, il piccione più buono mai sacrificato, verdure di stagione, ci mangi l’esperienza di una cuoca mai scesa a compromessi e mode.

Questa è morte sicura.

Siamo al quinto punto ed è da leggere da maggio a settembre se c’è il sole, una temperatura umana ed è sabato.

Si parte dai rumori e profumi di un mercato Parigino che lascerà senza fiato. Sabato, scendi alla fermata della mètro gialla Bastille e gira su te stesso un paio di volte, devi trovare un mercato, lo individuerai di sicuro, è una delle strade principali che portano a Place de la Bastille. Iniziamo dalla colazione, con le ostriche ovviamente. Il banchetto occhi aperti e lo trovate, arrivano da l’ile d’Oléron, mettiti in fila, calibri e qualità diverse, fattene aprire quante ne vuoi, costano meno di una cozza in Italia e sono divine. Il calice sarà di carta ma sei al mercato e per un euro il Colombard all’ora dal caffè andrà giù con le ostriche che è un piacere.

Dopo aver fatto colazione, light, l’obiettivo sarà decidere cosa mangiare a pranzo. Pic-nic parigino! Niente paura, fidatevi. Il mercato è meglio di quello che puoi trovare nella food hall dei magazzini Lafayette. Col bottino potrai andare lungo la Senna e passare un pomeriggio meraviglioso. Ci sono tavoli, sdraio, ombrelloni, acqua, ti sentirai parigino come non mai. Se sei allergico ai pollini potrai scegliere l’aria condizionata, ma un giro al mercato fallo.

Se ci stai quindici giorni o è inverno e il pic-nic non lo puoi fare, meritano una visita:

Clamato – 80 Rue de Charonne – giovanissimo, vini naturali, molluschi – versione informale dello stellato Septime della porta accanto (cosa truce: non ha l’aria condizionata…e sono seria);

Septime La Cave – 3 Rue Basfroi, stessa famiglia Septime – focus vino, acciughe formaggio e vedi l’aldilà;

Aux Deux Amis – 45 Rue Oberkampf, la zona è il calore parigino, il locale un po’ datato, l’oste David ti fa sentire a casa, la lista dei vini è un piccolo capolavoro.

P.s. 1: Ricordati di levare dal bagaglio a mano il cavatappi che in aeroporto te lo sequestrano e non lamentarti se i calici sono troppo piccoli, ah, per favore non portare a casa i macarons.

P.s. 2: Quando torni e sarà sicuramente lunedì, pieno di sensi di colpa, inizia la dieta sul divano e guarda 7 chili in 7 giorni con Pozzetto e Verdone – martedì cena ipnotica, credo si possa fare a meno di prenotare, c’è sempre posto dicono.

 

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Angela Mion

Veneta, classe 1981, studi giuridici e azienda di famiglia. La svolta cubista arriva quando ormai maggiorenne incontra il vino: Sommelier, Master Alma-Ais ed altre cose in pentola. “Vin, avec toi on fait le tour du monde sans bouger de la table”. Bucolica e un po' fuori schema con la passione per la penna, il vino, il mondo e la corsa. L’attimo migliore? Quello sospeso fra la sobrietà e l’ebbrezza.

2 Commenti

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Matteo G.

circa 5 anni fa - Link

Ottimi consigli e bellissimi posti

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massimo battisti

circa 5 anni fa - Link

Sembrava di poter gestire una bella serata parigina, e invece, finito l'articolo, sono ancora a Roma!! Un saluto

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