Diario americano: cosa bevono e dove mangiano i newyorkesi in tempi di epidemia

Diario americano: cosa bevono e dove mangiano i newyorkesi in tempi di epidemia

di Salvatore Agusta

Con il susseguirsi dei giorni, New York fronteggia come meglio può la crescente emergenza sanitaria dettata dalla diffusione del Covid-19. Diverse le iniziative che si susseguono, inclusa la costituzione di un ospedale da campo nella zona nord di Central Park. D’altro canto, è necessario ingegnarsi per fornire più posti letto possibili.

Parallelamente a tutto ciò, vi è una emergenza altrettanto importante che dilaga nella maggior parte degli Stati federali.

Mi riferisco alla disoccupazione dilagante, come effetto della chiusura forzata di tantissime attività commerciali, non necessariamente legale al settore del hospitality.

Ad oggi, in America i dati parlano di circa 26 milioni di soggetti che hanno formulato richiesta di unemployement ensurance, ossia un sussidio di disoccupazione che varia dal 50% al 70% del salario percepito in precedenza, per una durata massima di 39 settimane (a seguito di una estensione federale di 13 settimane, disposta per fronteggiare il virus).

I newyorkesi non hanno tardato ad adeguarsi alle attuali condizioni, e visto che il vino e i superalcolici sono stati definiti dall’ufficio del governatore beni essenziali, c’era da aspettarsi che i consumi non sarebbero del tutto crollati.

Ecco i primi tre dati importanti da segnalare:

1. Il valore di ogni singola transazione in tema di alcol è cresciuto esponenzialmente; in sintesi, si spende meno frequentemente ma si spende per acquistare più bottiglie, usufruendo di opportuni sconti su casse miste di 12 bottiglie e di consegne a domicilio totalmente gratuite, ovviamente salvo mancia.

2. Il costo medio della bottiglia acquistata si è ridotto sensibilmente; salta subito all’occhio la riduzione del costo medio per bottiglia. Esatto, si tende ad acquistare solo per fascia di prezzo, con particolare attenzione a tutto ciò che oscilla tra i $10.99 e $12.99.

Signori, come era logico immaginare, sono saltati gli schemi.

La frase che più sentireste ripetervi rispondendo oggi al telefono di una enoteca newyorkese sarebbe: “you know what we like, put together a case of wine for me and my wife, reds, whites and rosè, we want to spend around $150.”

È la chiamata di un cliente abituale che non fa molta attenzione a ciò che acquista ma sa bene che la sua enoteca di fiducia mantiene il suo profilo di precedenti acquisti nel proprio POS system.

Chiaramente, il nostro cliente di turno si vedrà recapitare una serie di bottiglie dalla Spagna, Portogallo, Sud Italia e Argentina che magari da solo non avrebbe mai considerato.

Il Covid lo aiuterà a scoprire che esiste solo il cabernet sauvignon come vino rosso e che, tutto sommato, se vuoi vini soffici, amichevoli quanto intensi e strutturati, puoi trovarli anche in Navarra (Vina Zorzal Garnacha 2019, Navarra Spagna, prezzo medio $12.99). Ma è indubbio che avendo a sua disposizione almeno 12 bottiglie a casa, il nostro ipotetico cliente berrà molto di più, poiché annoiato dallo stare in casa, oppure stressato dal lavoro, o ancora ansioso per le sorti del suo amato paese.

3. Le dimensioni degli articoli specie in tema di superalcolici superano sempre più spesso il litro; questa è una valutazione che si attiene principalmente al mondo degli spirits. Si evidenzia la tendenza all’acquisto di Vodka e Bourbon in formati molto grandi (tipo un gallone o quasi).

Dunque, ricapitolando, si beve di più, si compra di più ma con meno frequenza e si spende di meno.

Questa riflessione vale chiaramente per quella fascia di popolazione che di fatto ha perso il lavoro, ha subito una riduzione di stipendio oppure ha necessità di ammortizzare delle spese.

Per altro verso sembra che i consumi delle bottiglie di un certo calibro, a partire da 200$, siano in crescita.

Attenzione, con questo non si intende dire che adesso a New York si bevono GCCs come se non ci fosse un domani; soltanto che, complice la chiusura di tutte quelle attività appartenenti al fine dining, coloro che dispongono di un reddito oltre la media hanno deciso di farsi cullare a casa da qualche bottiglia pregiata. Come biasimarli!

Ci sarà da capire quanto questo possa poi riflettersi sui ristoranti più blasonati al momento della ripresa, specie adesso che ad occhio e croce i consumatori finali hanno fiutato la percentuale di rincaro per bottiglia servita al tavolo.

Io, infatti, ho elaborato la mia idea sul punto.

Immagino proprio che alla riapertura, i piccoli ristoranti di quartiere, quelli dove puoi andare a piedi senza prendere la metro, quelli che in passato erano la tua soluzione di scorta per passare la serata, avranno la meglio sui ristoranti più celebri ma più complicati da raggiungere in un clima di social distance.

Il che, se ci pensate bene, potrebbe portare ad un clamoroso rovescio della medaglia, poiché i valori delle locazioni nelle zone più importanti sono nettamente superiori rispetto a quelli nelle zone periferiche; date le circostanze, questo fattore potrà rappresentare un doppio svantaggio per quei ristoranti che non possono sopravvivere solo con i clienti del quartiere.

Infine, altra nota da sviscerare è certamente quella delle wine apps, argomento di cui mi sono occupato tanto in passato per lavoro e che oggi va nuovamente affrontato alla luce delle situazioni attuali. Ma di questo vi parlerò in un successivo articolo perché l’argomento merita una trattazione a parte.

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Salvatore Agusta

Giramondo, Francia, Lituania e poi Argentina per finire oggi a New York. Laureato in legge, sono una sorta di “avvocato per hobby”, rappresento uno studio di diritto internazionale negli Stati Uniti. Poi, quello che prima era il vero hobby, è diventato un lavoro. Inizio come export manager più di 7 anni fa a Palermo con un’azienda vitivinicola, Marchesi de Gregorio; frequento corsi ONAV, Accademia del Vino di Milano e l’International Wine Center di New York dove passo il terzo livello del WSET. Ho coperto per un po’ più di un anno la figura di Italian Wine Specialist presso Acker Merrall & Condit. Attualmente ricopro la posizione di Wine Consultant presso Metrowine, una azienda francese in quel di New York. Avevano bisogno di un italiano ed io passavo giusto di là. Comunque sono astemio.

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